Intervento e
poteri del giudice italiano
discendenti dal Regolamento UE n.
650/2012
in materia di successioni
(Traccia
per una relazione)
1. “Ottiche”
del Regolamento 2.
Punti qualificanti del Regolamento 3.
Materie del Regolamento 4.
Territorio e tempo di applicabilità del Regolamento 5.
Attenzione, però: il Regolamento, in alcune sue parti, ha carattere di
universalità 6. I
criteri di competenza giurisdizionale cambiano radicalmente rispetto alle
norme oggi in vigore. Considerazioni generali ·
6.1. Vediamo per il momento il principale (ultima
residenza abituale del de cujus) ·
6.2. Fori derogatori (rispetto a quello dell’ultima
residenza abituale) ·
6.3. Trasferimento della competenza (art. 6) ·
6.4. Esclusione convenzionale della competenza basata
sull’ultima residenza abituale (art. 5) ·
6.5. Attenzione: professio
juris, ma NON professio fori… 7.
Criteri ulteriori di competenza (“a cascata”): la competenza sussidiaria ex
art. 10 8.
Criteri ulteriori di competenza (“a cascata”): il forum necessitatis ex art. 11 9.
Regole generali applicabili ad ogni criterio di competenza 10.
Regole sul modo con il quale si risolvono le questioni attinenti alla
competenza giurisdizionale 11.
Definizione di “organo giurisdizionale” 12.
Riflessi della competenza giurisdizionale sul certificato successorio |
Strumento “ambizioso” e complesso, che si colloca
nelle tre ottiche della cooperazione giudiziaria in materia civile:
· ottica “Bruxelles”: strumento
per determinare la competenza
giurisdizionale, il riconoscimento
e l’esecuzione
delle decisioni in un certo settore (successioni, ovviamente);
· ottica “Roma”: strumento di d.i.p. uniforme, cioè si
vogliono dare regole uniformi in tutti gli Stati membri (in realtà 25 su 28)
per individuare quale legge applicare;
· ottica del diritto materiale uniforme
(certificato successorio
europeo).
2. Punti
qualificanti del Regolamento
[Bonomi, Univ. di Losanna]:
|
Sono definite,
· in maniera negativa, dall’art. 1 (con le relative esclusioni:
no la materia fiscale, doganale e amministrativa, cfr.
inoltre le esclusioni di cui al par. 2 dell’art. 1):
Art. 1 (…) 2. Sono esclusi dall’ambito di applicazione
del presente regolamento: a) lo status delle persone fisiche, i rapporti di famiglia e i rapporti
che secondo la legge applicabile a questi ultimi hanno effetti comparabili; b) la capacità delle persone fisiche,
fatto salvo quanto stabilito all’articolo 23, paragrafo 2, lettera c), e all’articolo
26; c) le questioni riguardanti la
scomparsa, l’assenza o la morte presunta di una persona fisica; d) le questioni riguardanti i regimi
patrimoniali tra coniugi e i regimi patrimoniali relativi a rapporti che
secondo la legge applicabile a questi ultimi hanno effetti comparabili al
matrimonio; e) le obbligazioni alimentari diverse da
quelle a causa di morte; f) la validità formale delle
disposizioni a causa di morte fatte oralmente; g) i diritti e i beni creati o
trasferiti con strumenti diversi dalla successione, quali le donazioni, la
comproprietà con reversibilità a favore del comproprietario superstite, i
piani pensione, i contratti di assicurazione e accordi analoghi, fatto salvo
l’articolo 23, paragrafo 2, lettera i); h) le questioni disciplinate dal diritto applicabile alle
società, alle associazioni e alle persone giuridiche, quali le clausole degli
atti costitutivi e degli statuti di società, associazioni e persone giuridiche
che stabiliscono la destinazione delle quote di partecipazione alla morte dei
loro membri; i) lo scioglimento, l’estinzione e la
fusione di società, associazioni e persone giuridiche; j) la costituzione, il funzionamento e
lo scioglimento di trust; k) la natura dei diritti reali; l) qualsiasi iscrizione in un registro di diritti su beni mobili
o immobili, compresi i requisiti legali relativi a tale iscrizione, e gli
effetti dell’iscrizione o della mancata iscrizione di tali diritti in un
registro. |
· ma anche (in maniera positiva)
dall’art. 3, par. 1, lett. a):
Art. 3 Definizioni 1.
Ai fini del presente regolamento si intende per: a)
«successione», la
successione a causa di morte, comprendente qualsiasi modalità di
trasferimento di beni, diritti e obbligazioni a causa di morte, che si tratti
di un trasferimento volontario per disposizione a causa di morte ovvero di un
trasferimento per effetto di successione legittima; (…) |
· e, per la legge applicabile (ma ritengo valga in generale a definire l’ambito di
applicazione), dall’art. 23:
Articolo
23 Ambito
di applicazione della legge applicabile 1.
La legge designata a norma dell’articolo 21 o dell’articolo 22 regola l’intera
successione. 2.
Tale legge regola in particolare: a)
le cause, il momento e il luogo dell’apertura della successione; b)
l’individuazione dei beneficiari,
delle loro quote
rispettive e degli eventuali oneri imposti loro dal defunto e la
determinazione degli altri diritti successori, compresi i diritti del coniuge
o del partner superstite; c)
la capacità di succedere;
d)
la diseredazione
e l’indegnità; e)
il trasferimento
agli eredi e, se del caso, ai legatari, dei beni, dei diritti e delle obbligazioni che fanno parte del patrimonio ereditario,
comprese le condizioni e gli effetti dell’accettazione dell’eredità o del legato ovvero
della rinuncia
all’eredità o al legato; f)
i poteri degli eredi, degli esecutori testamentari e degli altri
amministratori dell’eredità, in particolare per quanto riguarda la vendita
dei beni e il pagamento dei creditori, fatti salvi i poteri di cui all’articolo
29, paragrafi 2 e 3; g)
la responsabilità per i debiti
ereditari; h)
la quota disponibile,
le quote di legittima
e altre restrizioni alla libertà di disporre a causa di morte nonché gli eventuali diritti che
le persone vicine al
defunto possono vantare nei confronti dell’eredità o degli eredi; i)
la collazione e
la riduzione
delle liberalità ai fini del calcolo delle quote dei diversi beneficiari; j)
la divisione dell’eredità.
|
Diverse norme del Regolamento richiamano l’ “intera successione”. Vi è dunque un chiaro anelito ad avere
una unica legge applicabile ed unico giudice relativamente a tutti i profili
della successione senza che
vengano in rilievo, a tale riguardo, la natura e la localizzazione dei singoli beni ereditari. Si
vuole così evitare il morcellement dei vari aspetti di
una successione, con attribuzione degli stessi a giudici di paesi diversi.
Non solo.
Secondo quanto previsto dalle proposte di regolamento
presentate nel 2011 e relative alla competenza, alla legge applicabile, al
riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia di regimi patrimoniali tra coniugi e di effetti patrimoniali delle unioni registrate, le autorità
di uno Stato membro investite della successione di un coniuge o di un partner dovrebbero essere anche
competenti per pronunciarsi, rispettivamente, sul regime matrimoniale fra
coniugi o sugli effetti patrimoniali dell’unione registrata; tale soluzione è
chiaramente ispirata, oltre che a ragioni di economia processuale, all’opportunità che vi sia un
coordinamento fra l’assetto dato ai rapporti patrimoniali
della coppia e il
regime successorio.
Le due proposte prevedono, più precisamente, nei rispettivi
artt. 3, che «le autorità giurisdizionali di uno Stato membro investite di una
domanda riguardante la successione di un coniuge» o «di un partner» ai sensi dei regolamento in materia di successioni «sono
altresì competenti a decidere sulle questioni inerenti al regime patrimoniale
tra coniugi» o «agli effetti patrimoniali dell’unione registrata» correlate
alla domanda. Tuttavia, l’art. 3, par. 2, della proposta relativa agli effetti
patrimoniali delle unioni registrate consente alle autorità giurisdizionali di
uno Sato membro investite di una domanda riguardante la successione di un
partner di «dichiararsi incompetenti ove il loro diritto nazionale non
contempli l’istituto dell’unione registrata».
Tale intento (cioè
quello di evitare il morcellement) non è
però sempre perseguito e
(concretamente) conseguito. Si pensi, ad es., alla regola scolpita nell’art. 5 del Regolamento,
per cui, a determinate condizioni, “le parti interessate possono convenire che un
organo giurisdizionale o gli organi giurisdizionali di tale Stato membro hanno
competenza esclusiva a decidere su qualsiasi questione
legata alla successione”. Da tale dizione deriva che le parti possono
accordarsi anche solo su
taluni aspetti della successione, per cui per gli altri continuerà ad
essere dotato di competenza giurisdizionale il giudice designato dall’art. 4
del Regolamento.
4. Territorio
e tempo di
applicabilità del Regolamento
L’armonizzazione delle norme sulla competenza in
questo settore comporta il superamento delle legislazioni nazionali degli Stati
membri vincolati dal regolamento: tutti ad eccezione di Danimarca, Regno Unito e Irlanda (25 su 28).
Si applica ratione temporis alle
successioni mortis causa di carattere transfrontaliero aperte a partire
dal 17 agosto 2015.
Successioni aperte: il che vuol dire che si applicano le disposizioni del Regolamento, a
partire, sì, dal 17 agosto 2015, ma anche su testamenti redatti molto tempo prima e per atti
eventualmente lesivi di diritti di eredi e/o legittimari (es.: donazioni, vendite simulate, ecc.)
posti in essere anche prima.
5. Attenzione, però: il Regolamento, in alcune sue
parti, ha carattere di universalità
Il
carattere universale è espressamente
disposto per le norme sulla legge applicabile
all’art. 20 della
proposta. CAPO
III LEGGE
APPLICABILE Articolo
20 Applicazione
universale La legge designata dal presente
regolamento si applica anche ove non sia quella di uno Stato membro. |
Per quanto concerne la competenza
giurisdizionale, tale carattere si evince indirettamente dall’insieme
delle norme contenute nella proposta e in particolare dagli artt. 6, 10 e 11,
ma anche dal Considerando n. 30:
Articolo
6 Dichiarazione
di incompetenza in caso di scelta di legge Quando la legge scelta
dal defunto per regolare la sua successione conformemente all’articolo 22 è la legge di uno Stato membro,
… [ergo, a contrariis
si desume che il giudice
di uno Stato membro può aver a che fare con una controversia in cui il de cuius ha scelto la legge di uno
Stato non membro, perché cittadino di tale Stato, ex art. 22: in tal caso le parti e il giudice non potranno
avvalersi di quanto disposto dall’art. 6; cfr. inoltre gli artt. 10 e 11, che richiamano espressamente casi
in cui il giudice di uno
Stato membro deve decidere applicando una legge di uno Stato non membro,
sussistendo elementi di collegamento con l’ordinamento di uno Stato non
membro]. Considerando n. 30: Per
far sì che gli organi giurisdizionali di tutti gli Stati membri possano, in
base agli stessi motivi, esercitare la competenza in ordine alla successione
di persone non
abitualmente residenti in uno Stato membro al momento della morte, il
presente regolamento dovrebbe elencare tassativamente, in ordine gerarchico, i motivi
in base ai quali è possibile esercitare la competenza sussidiaria. |
Come gli altri regolamenti europei sul conflitto di
leggi, il regolamento UE n. 650/2012 è dunque dotato di una vocazione universale: la disciplina di conflitto in esso
contenuta risulta, infatti, applicabile, negli Stati membri vincolati, anche a situazioni connesse con
uno o più Stati terzi, incluse le situazioni che, in ragione di detta
connessione, siano ricondotte dai pertinenti criteri di collegamento sotto la
legge di uno Stato terzo: ivi
compresa quella degli Stati membri esclusi dal proprio ambito di applicazione.
Esempio: cittadino britannico abitualmente residente in Italia.
La legge applicabile, per regola generale è quella italiana (art. 21) e il
giudice italiano è quello dotato di competenza giurisdizionale ex art. 4. Cioè per risolvere la questione di
giurisdizione e quella del diritto applicabile NON devo rivolgermi più alla
l. n. 218/1995, ma al Regolamento, anche se l’unico elemento di estraneità
“punta” verso un Paese che dal Regolamento non è vincolato. |
Le norme di
diritto internazionale privato uniformi (e di giurisdizione) sono così
affrancate da qualsiasi condizione di reciprocità: a prescindere dalle caratteristiche di ordine personale e
territoriale della situazione da regolare, esse si applicano purché siano
soddisfatte le condizioni di applicabilità ratione materiae e ratione
temporis prescritte dallo strumento.
Lo stesso vale, come detto, anche per le norme sulla competenza giurisdizionale, concepite come un sistema completo di titoli di
giurisdizione, che sostituisce integralmente le norme interne degli Stati
membri. Qui le
nuove norme uniformi, pertanto, non mirano soltanto a ripartire, nella materia
successoria, la potestas judicandi tra le autorità degli Stati membri,
ma anche a individuarne la sussistenza nei rapporti tra i giudici di Stati
membri e i giudici di Stati terzi.
Il carattere erga omnes del regolamento vale,
naturalmente, per le sole norme di conflitto in esso contenute, per le norme
sulla competenza giurisdizionale e non anche per le disposizioni dettate in
materia di efficacia delle decisioni e
degli atti pubblici stranieri dallo stesso strumento, con l’effetto
che, rispetto a decisioni o atti pubblici provenienti da Stati terzi, dovranno
applicarsi le norme nazionali interne. Tale carattere universale non
vale neppure per le norme sulla litispendenza
e sulla continenza, come si dirà a suo tempo.
[Bonomi – Wautelet]:
|
[Mariottini]:
In virtú del carattere universale, la disciplina
uniforme prevarrà sulle corrispondenti norme nazionali e per l’Italia, segnatamente, sulle disposizioni di cui agli
artt. 46-50, l. n. 218/1995.
Ciò nondimeno, il regolamento fa salvi,
nei rapporti con gli Stati
terzi, gli impegni internazionali
sottoscritti dagli Stati membri e lascia impregiudicate le convenzioni internazionali di cui essi
siano parti.
Articolo
75 Relazioni
con le convenzioni internazionali in vigore 1.
Il presente regolamento non
pregiudica l’applicazione delle convenzioni internazionali di cui uno o più
Stati membri sono parte al momento dell’adozione del presente regolamento e
che riguardano materie disciplinate dal presente regolamento. In
particolare, gli Stati membri che sono parti contraenti della convenzione dell’Aia,
del 5 ottobre 1961,
sui conflitti di legge relativi alla forma delle disposizioni testamentarie,
continuano ad applicare le disposizioni di tale convenzione invece dell’articolo
27 del presente regolamento per quanto riguarda la validità formale dei
testamenti e dei testamenti congiuntivi. 2.
In deroga al paragrafo 1, il presente regolamento prevale, tra Stati membri,
sulle convenzioni concluse esclusivamente tra due o più di essi nella misura
in cui esse riguardano materie disciplinate dal presente regolamento. 3.
Il presente regolamento non osta all’applicazione della convenzione, del 19
novembre 1934, tra la Danimarca, la Finlandia, l’Islanda, la Norvegia e la
Svezia comprendente disposizioni di diritto internazionale privato in materia
di successioni, testamenti e amministrazione di eredità, riveduta dall’accordo
intergovernativo tra tali Stati del 1 o giugno 2012, da parte degli Stati
membri che ne sono parte, nella misura in cui essa preveda: a)
norme sugli aspetti procedurali dell’amministrazione dell’eredità secondo la
definizione della convenzione e sulla relativa assistenza da parte delle
autorità degli Stati parti contraenti della convenzione; e b)
procedure semplificate e accelerate per il riconoscimento e l’esecuzione
delle decisioni in materia di successioni. |
Si pensi alla Convenzione consolare stipulata dall’Italia con la Svizzera il 22.7.1868 la quale, all’art. 17, co. 3, stabilisce che le
controversie relative alla successione di un cittadino italiano o svizzero
siano da assegnarsi al giudice dell’ultimo domicilio che il de cuius possedeva nel suo Stato di
origine, seppure la
successione si sia aperta nell’altro Stato contraente.
[Carpaneto]:
Il foro della residenza abituale del de cuius al
momento della morte è competente a decidere in relazione a tutti i beni successori,
mobili ed immobili, anche se situati in uno Stato
non membro dell’Unione europea o non parte del Regolamento (quindi, ad esempio nel Regno Unito,
in Irlanda o in Danimarca). Potrà accadere che negli ordinamenti, quale quello inglese, ispirati al metodo scissionista, i
giudici esercitino comunque la propria competenza in relazione ai beni immobili presenti
sul loro territorio,
con la conseguenza che le decisioni assunte dal giudice competente ai sensi del
Regolamento resteranno prive di effetti.
6. I criteri di competenza giurisdizionale cambiano radicalmente
rispetto alle norme oggi in vigore (e, come si è visto, non solo per le successioni
“endo-europee”). Considerazioni generali
Il Regolamento introduce criteri di competenza
giurisdizionale internazionale.
· Esso non vale quindi a determinare i criteri di competenza interna, che
continuerà ad essere individuata dalle norme nazionali, come confermato dall’art. 2 (Articolo 2-Competenza in materia di successione all’interno
degli Stati membri. Il presente regolamento lascia impregiudicata la
competenza delle autorità degli Stati membri a trattare questioni di
successione).
· Dunque si continuerà ad applicare l’art. 22 c.p.c.: luogo di apertura della successione
(456 c.c.): ultimo domicilio
(e non residenza):
Art.
22. (Foro
per le cause ereditarie) E’ competente il giudice del luogo dell’aperta
successione per le cause: 1)
relative a petizione o divisione di eredità e per qualunque altra tra coeredi
fino alla divisione; 2)
relative alla rescissione della divisione e alla garanzia delle quote, purché
proposte entro un biennio dalla divisione; 3)
relative a crediti verso il defunto o a legati dovuti dall’erede, purché
proposte prima della divisione e in ogni caso entro un biennio dall’apertura
della successione; 4)
contro l’esecutore testamentario, purché proposte entro i termini indicati
nel numero precedente. Se
la successione si è aperta fuori della Repubblica, le cause suindicate sono
di competenza del giudice del luogo in cui è posta la maggior parte dei beni
situati nella Repubblica, o, in mancanza di questi, del luogo di residenza
del convenuto o di alcuno dei convenuti. |
· Ci potrebbe essere divergenza tra ultimo domicilio ed ultima residenza. In tal caso,
o
se l’ultima residenza abituale è
all’estero, ovviamente si applicheranno le norme del Regolamento, anche se l’ultimo domicilio
dovesse risultare in Italia. Il giudice italiano adito si dovrà
dichiarare carente di compentenza giurisdizionale, a meno che il de cujus non abbia avuto l’ultima res.
ab. in uno stato non membro e l’Italia venga in considerazione in base agli
artt. 10 o 11: es. il defunto aveva la sua ultima res. ab. negli U.S.A., ma era
cittadino italiano e vi sono beni ereditari in Italia: in tal caso sarà dotato
di competenza giurisdizionale il giudice italiano e di competenza interna il
giudice del luogo dell’ultimo suo domicilio (in Italia), al momento dell’apertura
della successione (si è fatto, appunto, il caso che, al momento della morte,
egli fosse abitualmente residente in America, ma domiciliato in Italia).
o
Viceversa, se l’ultima residenza abituale è in
Italia (ma l’ultimo
domicilio all’estero), sarà dotato di competenza giurisdizionale il
giudice italiano, la cui competenza interna sarà determinata dall’art. 22 secondo comma c.p.c. La successione si è aperta
fuori della Repubblica, perché l’ultimo domicilio era all’estero, ma è
competente il giudice italiano del luogo in cui è posta la maggior parte dei
beni, ecc. perché in base al Regolamento la causa va radicata in Italia. Se
nessun criterio ex art. 22 c.p.c.
fosse individuabile nella specie, non rimarrebbe che fare applicazione
analogica dell’art. 4 del Regolamento (ufficio giudiziario del luogo dell’ultima
residenza abituale in Italia del de cujus),
secondo quanto già prospettato in dottrina.
Ed infatti alcuni Autori si sono chiesti quale sia la
soluzione nel caso in cui la legge
del Paese in questione non consente di determinare la competenza interna, perché presuppone situazioni che non hanno
ivi luogo? In dottrina si propone l’estensione analogica del criterio dell’ultima residenza abituale, anche ai fini
della determinazione della competenza interna.
[Bonomi e Wautelet] |
|
Da notare che, per la precisione, un caso in cui le norme
del Regolamento possono
interferire con la competenza interna c’è: è
l’ipotesi dell’art. 5, di cui si dirà in seguito; qui si prevede che, a
determinate condizioni, le parti possano convenire “che un organo
giurisdizionale o gli organi giurisdizionali di tale Stato membro
hanno competenza esclusiva a decidere su qualsiasi questione legata alla
successione”. Dunque l’accordo può avere ad oggetto anche un Tribunale ben
determinato (es.: il Tribunale di Torino, e non solo la competenza
giurisdizionale dei giudici italiani).
6.1. Vediamo per il momento il principale (ultima residenza abituale del de cujus)
Regolamento UE n. 650/2012 |
Legge
31 maggio 1995,
n. 218 |
CAPO II COMPETENZA Articolo
4 Competenza
generale Sono
competenti a decidere sull’intera
successione gli organi giurisdizionali dello Stato membro in cui il
defunto aveva la residenza
abituale al momento
della morte. Articolo 5 Accordi di scelta del
foro 1. Se la legge scelta dal defunto per regolare
la sua successione conformemente all’articolo 22 è la legge di uno Stato membro, le parti interessate possono
convenire che un organo giurisdizionale o gli organi giurisdizionali
di tale Stato membro
hanno competenza esclusiva a decidere su qualsiasi questione legata alla
successione. 2.
L’accordo relativo
alla scelta del foro è concluso per iscritto, datato e firmato dalle parti interessate. Si
considera equivalente alla forma scritta qualsiasi comunicazione elettronica
che consenta una registrazione durevole dell’accordo. |
Art.
50. Giurisdizione in materia successoria. 1.
In materia successoria la giurisdizione italiana sussiste: --a) se il defunto
era cittadino italiano
al momento della morte; --b) se la successione si è aperta in Italia; --c) se la parte dei beni ereditari di
maggiore consistenza economica è situata in Italia; --d) se il convenuto è domiciliato o residente in Italia o ha accettato
la giurisdizione italiana, salvo che la domanda sia relativa a beni immobili
situati all’estero; --e) se la domanda concerne beni situati in Italia. |
Secondo il principio di unità della successione
accolto dal regolamento, i giudici di tale Stato sono competenti a statuire
sull’intera successione
senza che vengano
in rilievo, a tale riguardo, la
natura e la localizzazione dei singoli beni ereditari.
L’ultima residenza abituale del de
cuius svolge un ruolo fondamentale nella struttura del regolamento (UE) n.
650/2012, dal momento che esso rappresenta, a un tempo, il criterio principale:
· sia per l’individuazione della legge applicabile
(art. 21, par. 1),
· sia per la determinazione del giudice
competente (art. 4),
· sia (mercé il richiamo agli artt. 4, 7, 10 e 11) per
la determinazione dell’autorità competente al rilascio del certificato successorio europeo,
a norma dell’art. 64 del Regolamento (“Il certificato è rilasciato nello Stato
membro i cui organi giurisdizionali sono competenti a norma dell’articolo 4,
dell’articolo 7, dell’articolo 10 o dell’articolo 11”),
ciò che favorisce, in generale, la coincidenza tra forum e jus e, quindi, l’unità della disciplina delle
successioni transfrontaliere sul piano della competenza giurisdizionale e della
legge applicabile, eliminando il rischio del forum shopping.
Aspetti positivi del criterio della residenza abituale:
·
[Nota del Parlamento Europeo] As stated at recital 27,
the rules of this Regulation are devised so as to endure that the authority dealing with the
succession will, in most situations, be applying
its own law. Accordingly, at Articles 4-12; 5-22; 6-22 the
Regulation facilitates, by way of principle, the synchronisation of the competent court and the applicable law. Advantage: judicial efficiency. Proceedings are easier
to conduct, less time-consuming and less expensive when a court applies its own law. In fact,
trying to scrutinize the content of a foreign law delays proceedings and
increases costs. Moreover, by facilitating, in as much as possible, the coincidence between forum and
ius, the Regulation also reduces the potential recourse to the
public policy clause
under Article 35 which protects the forum’s fundamental values.
· si pone in linea con i più recenti
strumenti di diritto internazionale privato europeo, a partire, in particolare,
dal regolamento (CE) n. 2201/2003 sulla
competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in
materia matrimoniale e responsabilità parentale;
· diversamente dalla cittadinanza, che esprime un
collegamento diretto con la sovranità degli Stati, essa costituisce un criterio di prossimità che coincide tendenzialmente con il centro degli interessi del
defunto e spesso
con il luogo di situazione
della maggior parte dei suoi beni;
· tiene inoltre conto della crescente mobilità
dei cittadini europei e favorisce
l’integrazione nello Stato
membro di riferimento;
· evita le
discriminazioni nei confronti di coloro che
risiedono in un Paese senza
averne la cittadinanza;
· il collegamento della residenza abituale dovrebbe,
infine, consentire
di assoggettare a
una medesima legge
la successione e la
liquidazione del regime
patrimoniali tra coniugi, ai sensi dell’art. 17 della proposta presentata dalla Commissione (cfr. la proposta
di regolamento del Consiglio relativo alla competenza, alla legge applicabile,
al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia di regimi
patrimoniali tra coniugi, COM(2011) 126 del 16.3.2011), laddove i coniugi
abbiano omesso di designare la legge applicabile ai loro rapporti patrimoniali.
Inconvenienti (legati alla sua connaturata flessibilità):
· la sua natura intrinsecamente fattuale determina un contenuto vago e variabile, rimesso,
di volta in volta, al prudente apprezzamento dell’autorità giurisdizionale
adita;
· un tale luogo è suscettibile di mutare facilmente e velocemente nel tempo e
di dare luogo ad incertezze
applicative;
· la sua determinazione richiede di valutare
molteplici elementi di fatto, i quali, a loro volta, possono variare, da
situazione a situazione, a seconda anche dell’età e delle condizioni personali
della persona deceduta;
· la sua indeterminatezza dipende anche dalla
circostanza che il Regolamento,
come gli altri strumenti uniformi di diritto internazionale privato dell’Unione,
non contiene una definizione autonoma
del concetto di «residenza abituale».
A rimediare
all’incertezza sulla determinazione della residenza abituale soccorrono due consideranda:
· Cons. 23: (…) Al fine di determinare la residenza abituale, l’autorità
che si occupa della successione dovrebbe procedere a una valutazione globale delle
circostanze della vita del defunto negli anni precedenti la morte e al momento
della morte, che tenga conto di tutti gli elementi fattuali pertinenti, in particolare la durata e la regolarità del soggiorno del defunto nello Stato interessato
nonché le condizioni
e le ragioni dello
stesso. La residenza abituale così determinata dovrebbe rivelare un
collegamento stretto e stabile con lo Stato interessato tenendo conto degli
obiettivi specifici del presente regolamento.
· Cons. 24: In taluni casi può risultare complesso determinare la residenza abituale
del defunto. Un caso di questo genere può presentarsi, in particolare, qualora
per motivi professionali o economici il defunto
fosse andato a vivere all’estero per lavoro, anche per un lungo periodo, ma avesse mantenuto un collegamento stretto e
stabile con lo Stato di origine. In un siffatto caso si potrebbe ritenere che
il defunto, alla luce delle circostanze della fattispecie, avesse ancora la propria residenza abituale
nello Stato di origine in cui è situato il centro degli interessi della
sua famiglia e della sua vita sociale. Altri casi complessi possono presentarsi
qualora il defunto fosse vissuto alternativamente in più Stati o si fosse
trasferito da uno Stato all’altro senza essersi stabilito in modo permanente in
alcuno di essi. Se il defunto era cittadino di uno di tali Stati o vi possedeva
tutti i suoi beni principali, la sua cittadinanza o il luogo in cui sono
situati tali beni potrebbero costituire un elemento speciale per la valutazione
generale di tutte le circostanze fattuali.
[Bonomi, Univ. Losanna]:
|
[Davì e Zanobetti]
Emerge con chiarezza dal testo dell’art. 4 che le
norme sulla competenza
sono destinate ad operare
dopo l’apertura della successione, poiché
la disposizione si riferisce alla residenza abituale del defunto «al momento della morte». Esse non si applicano quindi ad eventuali controversie
relative alla materia
successoria che dovessero sorgere durante la vita del de
cujus, quali, ad esempio, contestazioni sulla validità di un patto successorio,
oppure di un atto di rinuncia anticipata all’eredità. Sembra infatti da
escludersi che possa ricomprendere anche queste ipotesi un criterio
giurisdizionale che fa espresso riferimento al momento della morte della
persona della cui eredità si tratta; inoltre il criterio dell’ultima residenza
abituale del de cujus, qualora
dovesse essere utilizzato in via analogica, potrebbe anche apparire poco
appropriato se la controversia vertesse, ad esempio, su un patto successorio
fra due futuri eredi benché stipulato con la partecipazione dello stesso de cujus.
Il Max-Planck-Institut
(Comments, p. 568, 570 s.), aveva
proposto di aggiungere una disposizione che avesse specificamente ad oggetto le
questioni relative alla successione futura di una persona, individuando come
competenti al riguardo le autorità del paese di residenza abituale della
persona stessa onde evitare di lasciare aperta una lacuna nel costruendo
diritto internazionale privato dell’Unione, dato che le controversie in
questione non rientrano né nell’ambito di applicazione del regolamento sulle
successioni, né in quello del Regolamento 44/2001, che non disciplina la
materia successoria. La proposta non è però stata accolta.
La competenza
giurisdizionale nell’ipotesi di procedimenti instaurati prima dell’apertura
della successione rimarrà dunque soggetta alle norme nazionali degli Stati membri.
Le decisioni così adottate dovranno peraltro applicare
le norme del regolamento sulla determinazione della legge applicabile e
potranno comunque beneficiare del riconoscimento automatico negli altri Stati
membri previsto dal capo IV, il cui operare non è limitato che dalla
provenienza della pronuncia dalle autorità di uno Stato membro e dalla materia
che essa ha ad oggetto come determinata dagli articoli 1, 3 e 23 del
regolamento.
Quanto, dunque, alle norme nazionali applicabili per la determinazione della
competenza giurisdizionale in materie di cause sui patti successori, va in
primo luogo considerato che la dottrina italiana reputa che i patti successori,
in sede di qualificazione, vadano ascritti alle successioni, anziché ai contratti.
[Calò, Le successioni nel diritto internazionale
privato, Milano, 2007, p. 76]
|
Quanto sopra è confermato dal fatto che il Regolamento tratta dei
patti successori,
sebbene non presenti norme sulla giurisdizione in relazione alle relative
controversie. Ne consegue che, per tale limitato aspetto (cioè per l’individuazione
della competenza giurisdizionale a decidere sulla validità di un patto
successorio, allorchè la causa sia proposta prima del decesso del de cujus), dovrà applicarsi l’art. 50, l. n. 218/1995 (v.
sopra).
Questo giudice (italiano, nella specie) dovrà però
fare applicazione, per la decisione della causa sul patto, concluso allorquando
il de cujus era vivo, della legge determinata dall’art. 25
del Regolamento: “1. Un patto successorio avente a oggetto la
successione di una sola persona è disciplinato, per quanto riguarda l’ammissibilità,
la validità sostanziale e gli effetti vincolanti tra le parti, comprese le
condizioni di scioglimento, dalla legge che, in forza del presente regolamento,
sarebbe stata applicabile alla successione di tale persona se questa fosse
deceduta il giorno della conclusione del patto”.
Si deve poi ancora considerare che l’opzione
normativa per il criterio della residenza abituale porrà inevitabili problemi di rapporti con i
sistemi di common law, basati sul
diverso concetto di domicile.
[Bonomi e Wautelet] |
|
6.2. Fori derogatori (rispetto a quello dell’ultima residenza abituale)
Malgrado il generale intento del regolamento di
favorire la certezza del diritto nell’Unione europea, attraverso l’elaborazione
di un sistema fondato su un titolo generale di giurisdizione, lo strumento
contiene numerosi fori derogatori, variamente ispirati,
che minano, di fatto, la prevedibilità delle soluzioni.
Oltre alle incertezze legate alla determinazione della
nozione di residenza abituale, ulteriori difficoltà possono derivare dalla facoltà di trasferire la competenza in favore del giudice
più adatto a conoscere la fattispecie (art. 6).
Valorizzazione
della volontà delle parti (art.
5): è presente, ma asimmetrica rispetto
all’autonomia privata rilevante sul piano della legge applicabile:
infatti il de cuius:
· può scegliere
la leggere applicabile (ovviamente non
senza limiti! cfr. art. 22),
MA
· non può
scegliere in modo alcuno la competenza giurisdizionale
(se non “indirettamente”,
o
fissando la
propria residenza abituale in un certo luogo, oppure,
o
sempre
indirettamente, scegliendo la legge applicabile ex art. 22, ma solo alle condizioni precise e restrittive descritte
dall’art. 7), mentre
· la scelta
del foro competente
è concessa alle sole
«parti interessate» della controversia successoria (art. 5) ed è, invece, preclusa al de cujus.
Disposizioni sulla giurisdizione collegate alla professio juris di cui all’art. 22 (cioè la scelta del
diritto applicabile, come prius,
determina conseguenze sulla competenza giurisdizionale, quale posterius). |
Articolo 5
Accordi di
scelta del foro 1. Se la legge scelta dal defunto
per regolare la sua successione conformemente all’articolo 22 è la legge di uno Stato membro, le parti interessate
possono convenire
che un organo giurisdizionale o gli organi giurisdizionali di tale Stato
membro hanno competenza
esclusiva a decidere su qualsiasi questione legata alla successione. 2. L’accordo
relativo alla scelta del foro è concluso per iscritto, datato e firmato dalle
parti interessate. Si considera equivalente alla forma scritta qualsiasi
comunicazione elettronica che consenta una registrazione durevole dell’accordo.
Articolo 6
Dichiarazione
di incompetenza in caso di scelta di legge Quando la legge scelta dal defunto per regolare la sua successione
conformemente all’articolo 22
è la legge di uno Stato
membro, l’organo giurisdizionale
adito ai sensi dell’articolo 4 o dell’articolo 10: a) può, su richiesta di una
delle parti del procedimento, dichiarare la propria incompetenza se ritiene che gli organi
giurisdizionali dello Stato membro della legge scelta siano più adatti a decidere sulla
successione tenuto conto delle circostanze pratiche di quest’ultima, quali la residenza
abituale delle parti e il luogo in cui sono situati i beni; oppure b) dichiara la propria
incompetenza se le parti del procedimento hanno convenuto, ai sensi dell’articolo 5, di conferire la
competenza a un organo giurisdizionale o agli organi giurisdizionali dello
Stato membro della legge scelta. Articolo 7
Competenza
in caso di scelta di legge Gli organi giurisdizionali dello Stato membro la cui legge sia stata scelta dal defunto conformemente all’articolo
22 sono competenti
a decidere sulla successione: a) se un organo giurisdizionale
preventivamente adito ha dichiarato la propria incompetenza nella stessa causa ai sensi dell’articolo
6; b) se le parti del procedimento
hanno convenuto,
ai sensi dell’articolo 5, di conferire la competenza a un organo
giurisdizionale o agli organi giurisdizionali di tale Stato membro; oppure c) se le parti del procedimento
hanno espressamente
accettato la
competenza dell’organo giurisdizionale adito. Articolo 8
Chiusura
del procedimento aperto d’ufficio in caso di scelta di legge L’organo
giurisdizionale che ha aperto d’ufficio un procedimento in materia di
successioni ai sensi dell’articolo 4 o dell’articolo 10 chiude il
procedimento se le parti del procedimento hanno convenuto di regolare la
successione amichevolmente in sede stragiudiziale nello Stato membro la cui
legge sia stata scelta dal defunto conformemente all’articolo 22. Articolo 9
Competenza
fondata sulla comparizione 1. Se, nel
corso del procedimento davanti a un organo giurisdizionale di uno Stato
membro che esercita la competenza ai sensi dell’articolo 7, risulta che non
tutte le parti del procedimento sono parte dell’accordo relativo alla scelta
del foro, l’organo giurisdizionale continua a esercitare la competenza quando
le parti che non sono parte dell’accordo compaiono senza contestare la
competenza dell’organo giurisdizionale. 2. Se la
competenza dell’organo giurisdizionale di cui al paragrafo 1 è contestata
dalle parti del procedimento che non sono parte dell’accordo in questione, l’organo
giurisdizionale dichiara la propria incompetenza. In tal caso,
la competenza a decidere sulla successione spetta agli organi giurisdizionali
competenti ai sensi dell’articolo 4 o dell’articolo 10. |
6.3. Trasferimento della competenza (art. 6)
Art. 6,
lett. a), ma anche art. 10.
Questa disposizione NON presuppone necessariamente l’accordo tra le parti in
causa (a differenza dell’art. 5 e dell’art. 6, lett. b), che parla di un
accordo preventivo, o in corso di causa, per escludere la competenza ex art. 4).
Attenzione all’inciso dell’art. 6: “Se la legge scelta
dal defunto per regolare la sua successione conformemente all’articolo 22”.
Ciò comporta un grave inconveniente:
· Ove il
defunto non abbia scelto la propria legge di cittadinanza, ma tutte le persone interessate alla
successione siano
domiciliate nello Stato membro di cittadinanza, ad esempio, perché, poco
prima della morte, il de cuius si era trasferito in un diverso Stato
membro dove era scomparso qualche tempo dopo il suo arrivo, le parti
interessate sono costrette
ad avviare la causa dinanzi al giudice del luogo di ultima residenza abituale del defunto, dove
questi si era trasferito, sebbene tutti gli altri collegamenti della fattispecie
siano ancora collegati con lo Stato di cittadinanza. E se il giudice ritiene
che il foro del luogo di cittadinanza sarebbe conveniens NON può disporre il trasferimento della causa, neppure
su istanza (o su accordo) delle parti.
È una vera assurdità, ma è l’unica soluzione possibile, alla luce del
Regolamento: eppure bastava togliere l’inciso iniziale…
L’unico vantaggio è che il giudice applica la sua legge (cioè si
conserva la coincidenza tra forum e jus).
Ulteriori
“inconvenienti”, ma
meno gravi, a mio
avviso:
· Il trasferimento opera solo su istanza di parte, non potendo i giudici
del foro generale o del foro sussidiario rilevare d’ufficio la loro
incompetenza.
· In ogni caso, anche in presenza di una domanda di parte, l’autorità adita conserva il potere discrezionale di decidere diversamente e, quindi,
di giudicarsi più competente a decidere sulla controversia rispetto ai giudici
dello Stato della legge scelta, in ragione delle diverse circostanze del caso
di specie. Non vi è quindi un obbligo per i giudici aditi di dichiarare la
propria incompetenza in casi di questo genere.
Il criterio per la decisione del giudice è:
“se ritiene che gli organi giurisdizionali
dello Stato membro della legge scelta siano più adatti a decidere sulla successione
tenuto conto delle circostanze pratiche di quest’ultima, quali la residenza
abituale delle parti e il luogo in cui sono situati i beni”.
Evidente il richiamo al concetto del forum non conveniens:
La possibilità di trasferire la competenza
giurisdizionale in favore del giudice dello Stato di cittadinanza del de
cuius, se più adatto a conoscere la fattispecie, costituisce una
trasposizione nel campo delle successioni mortis causa del foro previsto
dall’art. 15 del
regolamento (CE) n. 2201/2003 in materia di responsabilità parentale, il
quale, sul modello dell’art. 8 della Convenzione dell’Aja del 19 ottobre 1996
concernente la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione
e la cooperazione in materia di potestà genitoriale e di misure di protezione
dei minori, prevede che, in via eccezionale, le autorità competenti in virtù di
una delle norme del regolamento (CE) n. 2201/2003 possano rinunciare ad
esercitare tale competenza, trasferendola all’autorità straniera che, a loro
giudizio, sia più adatta a trattare il caso o una sua parte specifica. Tale
possibilità è familiare alla tradizione giuridica di common law e, in
particolare, alla dottrina del forum non conveniens. Nonostante le
affinità funzionali, molte sono, tuttavia, le differenze tra le due
disposizioni: l’operatività dell’art. 15 del regolamento (CE) n. 2201/2003 è
subordinata, infatti, a condizioni che non trovano riscontro nell’art. 6 del
regolamento (UE) n. 650/2012. Del resto, se il trasferimento di una causa da un
giudice di uno Stato membro ad un altro è comprensibile nella materia della
protezione dei minori, perché l’unico interesse da prendere in considerazione è
quello del figlio, in materia successoria, invece, ciò può suscitare
perplessità poiché in tali situazioni si tratta di comporre interessi diversi,
spesso tra loro confliggenti, quali quelli degli eredi, dei legatari e dei
creditori del defunto.
Ci si chiede se, tra le “circostanze pratiche” di cui all’art. 6, lett. a), può rientrare anche la
maggiore o minore facilità
d’accesso al diritto straniero scelto dal de
cujus. Probabilmente sì, visto il carattere
non tassativo delle due
circostanze indicate dal Regolamento.
[Nota del Parlamento
Europeo] 2.1.3 Declining of
jurisdiction in the event of a choice of law At Article 6 (1), the
Regulation provides that where the law chosen by the deceased to govern his succession is the law of a Member State,
the court seised may, at the request of one
of the parties to the proceedings, decline jurisdiction
if it considers that the courts of the Member State of the chosen law are “better placed” to rule
on the succession. In considering whether to decline jurisdiction, the court
shall take into account the practical circumstances of the succession, such
as the habitual residence of the parties and the location of the assets. In
granting discretion to decline jurisdiction upon the seised court, this
provision makes use of forum non
conveniens, a legal mechanism which originates in the common law system and
which is employed in the Regulation by the European Union legislator to
facilitate the parallelism between forum
and ius: The provision, in fact, allows the court seised under the general criterion of
habitual residence or the court seised under the provision on
subsidiary jurisdiction (see infra) to decline jurisdiction
in favour of the court of the
Member State whose law has been chosen by the testator to govern his
succession.5 Interestingly, under Article
6 (1) lit a) discretion
to decline jurisdiction is afforded to the court on request of just one of
the parties to the proceedings, unlike the exclusive choice-of-court
agreement at Article 5 (1) of the Regulation, which requires that all parties
agree to establish the competence of the Member State whose law the testator
devised to govern his succession. It is deemed that such a solution has been drafted to allow the
court to find a judicially efficient
solution where the deceased only lived for a short while in a Member State
other than that of his nationality, he chose his national law to govern his
succession, his heirs and legatees remained in his Member State of origin but
they have not entered in a choice-of-court agreement under Article 5 of the
Regulation. This balanced
provision must be welcomed.
However, the European legislator did
not address the situation where the deceased did not
choose his law of origin, but all interested parties (his children) are
domiciled in this Member State. Just imagine a case where, just prior to his death, the
deceased relocates from
Finland to Spain and dies a few months after his arrival. If the deceased has
not selected the succession law of his origin, the interested parties must
initiate the succession proceedings in Spain although they are all domiciled
in Finland. This solution does not seem to be appropriate for a smooth and unburdensome processing and distribution of
the estate.6 From a procedural
perspective, it should be noted that the judicial cooperation among the
courts of the habitual residence and the origin of the deceased has not been
addressed by the Regulation. Despite considerable development in this area of
law, the instrument
does not provide for direct communications among judges, although there
is a compelling need for an improved coordination in the context of Articles
6 to 8 of the Regulation7. Furthermore, with regard to parallel
proceedings, Articles 17 and 18 of the Regulation simply copy the mechanism
of the Brussels I Regulation, although the recast provides for a more
balanced solution – especially in the context of choice of court agreements.8 5 It should be noted that this mechanism is not
entirely new in the European law of civil procedure – a similar mechanism is
found in Article 15 of the Regulation Brussels IIbis see Hess,
Europäisches Zivilprozessrecht (2010), § 7 paras 69 et seq. On forum non
conveniens in the EU judicial area cf. Mariottini, in:
Pocar/Viarengo/Villata (eds), Recasting Brussels I (2012), p. 285 et seq. 6 Hess/Jayme/Pfeiffer, Opinion on the proposal for a
European regulation on succession law – Version 2009/157 (COD) of 16 January
2012, p. 22. 7 Hess/Jayme/Pfeiffer, Opinion on the proposal for a
European regulation on succession law – Version 2009/157 (COD) of 16 January
2012, p. 23. 8 Dickinson, YbPIL 2011, p. 266 et seq. |
Il trasferimento
della competenza ha luogo solo in relazione ad un altro Stato membro.
La soluzione è stata criticata
in dottrina.
[Bonomi e Wautelet] |
|
6.4. Esclusione convenzionale della competenza basata sull’ultima
residenza abituale (art. 5)
Come si è visto, l’art. 5 dispone come segue:
Articolo 5
Accordi di
scelta del foro 1. Se la legge scelta dal defunto
per regolare la sua successione conformemente all’articolo 22 è la legge di uno Stato membro, le parti interessate
possono convenire
che un organo giurisdizionale o gli organi giurisdizionali di tale Stato
membro hanno competenza
esclusiva a decidere su qualsiasi questione legata alla successione. 2. L’accordo
relativo alla scelta del foro è concluso per iscritto, datato e firmato dalle
parti interessate. Si considera equivalente alla forma scritta qualsiasi
comunicazione elettronica che consenta una registrazione durevole dell’accordo.
|
Laddove le parti della controversia successoria abbiano raggiunto un tale
accordo, ai sensi dell’art. 6, lett. b), i giudici eventualmente
aditi sulla base del titolo di giurisdizione generale dell’art. 4 o del foro
sussidiario dell’art. 10, dovranno
dichiarare immediatamente la loro incompetenza in favore delle autorità
dello Stato selezionato dalle parti ai sensi dell’art. 5 del regolamento. In
tale ipotesi, la dichiarazione
d’incompetenza deve avvenire d’ufficio senza che i giudici aditi
possano disporre di alcuna
discrezionalità al
riguardo, nemmeno sulla maggiore idoneità degli stessi a giudicare sulla
controversia.
Si può
discutere se tra le “parti interessate”
rientrino anche i creditori del de cujus. Ora, secondo un primo commento di due Autrici tedesche, essi
sarebbero esclusi dalla facoltà di concludere un siffatto accordo, riferibile
solo ai potenziali eredi e legittimari (tra l’altro: chissà perché solo
“potenziali” e non anche, come apparirebbe più logico, attuali: ben può sorgere
una controversia tra eredi e/o legittimari certi, in cui si discute solo delle
quote e non della qualità di erede e/o legittimario!).
[Lurger e Perscha]
|
L’osservazione fa il pari con un precedente della nostra Cassazione, in una
situazione analoga, ancorchè “rovesciata” e “speculare” rispetto alla presente:
· in quel
caso si discuteva di una causa di adempimento di obbligazioni di cui era soggetto attivo il de cujus;
· nel caso qui in questione, si discute di obbligazioni
di cui era soggetto passivo
il de cujus,
ma il ragionamento dovrebbe valere anche qui e cioè: la successione gioca solo sul
piano della legittimazione
attiva/passiva dei soggetti e non per la qualificazione del rapporto
(sebbene argomenti
in senso contrario
potrebbero trarsi, invece, dall’art. 22, n. 3, c.p.c., per lo meno per i debiti del de cujus).
Sez. U, Sentenza n. 27182 del 20/12/2006 (Rv. 594113) Qualora l’attore,facendo valere la qualità di erede dell’intestatario di un conto corrente bancario intercorso con Istituto di credito con sede nel territorio di uno Stato aderente alla Convenzione di Lugano del 16 settembre 1988 (resa esecutiva in Italia con la legge n. 198 del 1992), chieda l’adempimento delle prestazioni derivanti dal contratto nel quale assuma di essere subentrato al de cuius, la controversia è devoluta alla giurisdizione del giudice del luogo in cui l’obbligazione deve essere eseguita; infatti, la causa non ha natura successoria, tale essendo, ai sensi dell’art. 50 della legge 218 del 1995 e dell’art. 22 cod. proc. civ., soltanto quella tra successori (veri o presunti) a titolo universale o particolare, atteso che la qualità di erede fatta valere dall’attore, integrando esclusivamente il titolo della sua legittimazione e non l’oggetto principale del giudizio, può essere accertata incidentalmente dal giudice avente giurisdizione sulle cause relative ad obbligazioni contrattuali. |
Art.
22. (Foro
per le cause ereditarie) E’
competente il giudice del
luogo dell’aperta successione per le cause: (…) 3) relative a crediti verso il defunto o a legati dovuti dall’erede,
purché proposte prima della divisione e in ogni caso entro un biennio dall’apertura
della successione; (…) |
Qualche dubbio, relativamente alla soluzione negativa
per i creditori, peraltro, potrebbe sorgere, con riguardo al Regolamento, per effetto
di quanto stabilito dall’art.
23 sulla legge applicabile.
Articolo 23 Ambito di applicazione della legge applicabile 1. La legge designata a norma dell’articolo 21 o
dell’articolo 22 regola l’intera successione. 2. Tale legge regola in particolare: (…) g) la responsabilità per i debiti ereditari; |
Ma anche sul punto i primi commenti paiono in senso
contrario rispetto alla possibilità di riferire l’art. 23 cit. anche alle
azioni dei creditori del de cujus: si
veda ad es. quanto affermano Bonomi e Wautelet, sebbene tali Autori rimarchino
che l’enumerazione di cui all’art. 23, par. 2, non è tassativa:
|
E’ peraltro vero che il riferimento della norma citata
alla “responsabilità per i debiti ereditari” può essere inteso come relativo
alla natura della
responsabilità (ad es.:
solidale/parziaria) e non già all’individuazione del carattere successorio o meno della
controversia. Rimane il
fatto che la natura
della responsabilità
influisce
inevitabilmente sulla legittimazione
passiva rispetto
alle azioni esperite dai creditori!
Non solo.
I riferimenti
del Regolamento alla necessità
di tutelare gli interessi del creditori dell’eredità
sono numerosi (cfr.
ad es. il Cosiderando n. 7,
o il n. 80, o l’art. 33 del Regolamento): ne deriva che, a mio avviso, anche le loro azioni, in
quanto fondate su crediti verso il de
cujus, vanno
considerate come “successorie” non solo ai sensi dell’art. 21, ma anche ai sensi degli artt. 4 ss. Ergo, ben sarà possibile
· un accordo di elezione di foro ex art. 5, o
· uno “spostamento” ex
art. 6 della competenza
in relazione a procedimenti per il recupero di crediti
proposti o proponendi da creditori dell’eredità verso uno o più eredi.
Le parti che abbiano concluso fra loro un accordo del
suddetto tipo possono
anche rivolgersi direttamente all’autorità
del paese la cui legge sia stata oggetto di scelta; eventuali altre
parti del procedimento che non abbiano partecipato all’accordo possono
contestare la competenza del giudice designato, il quale in questo caso dovrà,
secondo quanto dispone il par. 2 dell’art. 6, declinare la propria competenza,
oppure possono comparire senza sollevare eccezioni e sanare così la loro
mancata partecipazione all’accordo, come prevede l’art. 9, par. 1.
Quanto al termine entro il quale deve essere
compiuta la scelta, tale momento non
è precisato: nel
silenzio della disposizione pare ragionevole ritenere che essa possa essere
effettuata dopo l’apertura della successione anche in pendenza di un giudizio avviato presso i
giudici stabiliti dalla norma di competenza generale, stante la possibilità del
trasferimento della competenza ai sensi dell’art. 6, lett. b).
Ovviamente tale facoltà sarà in ogni caso vincolata dalle prescrizioni delle norme processuali nazionali di
volta in volta rilevanti e potrà incontrare difficoltà rispetto a casi in cui
queste ultime non prescrivano alcunché al riguardo.
L. 218/1995 ART.
11. (Rilevabilità del difetto di giurisdizione) Il
difetto di giurisdizione può essere rilevato, in qualunque stato e grado del processo, soltanto dal convenuto costituito
che non abbia espressamente o tacitamente accettato la giurisdizione
italiana. È rilevato dal giudice d’ufficio, sempre in qualunque stato e grado del processo, se
il convenuto è contumace,
se ricorre l’ipotesi di cui all’articolo 5, ovvero se la giurisdizione
italiana è esclusa per effetto di una norma internazionale. Cass.,
Sez. U, Sentenza n. 22035 del 17/10/2014 (Rv. 633017) Il
principio sancito dall’art. 11 della legge 31 maggio 1995, n. 218, per il
quale il difetto di giurisdizione del giudice italiano è rilevabile d’ufficio,
in qualsiasi stato e grado del processo, fino alla costituzione del
convenuto, implica che il convenuto
contumace può
eccepire il
difetto di giurisdizione del giudice adito dall’attore anche nel corso del giudizio,
purché ciò faccia nella
prima difesa e sempre che sulla
questione di giurisdizione non
si sia formato il giudicato. |
La disposizione di cui sopra sembra
peraltro superata dall’art. 15
del Regolamento, secondo cui “L’organo giurisdizionale di uno Stato membro
investito di una causa in materia di successione per la quale non è competente
in base al presente regolamento dichiara d’ufficio la
propria incompetenza”. La declaratoria d’ufficio, senza ulteriori
restrizioni, sembra
implicare la possibilità che la stessa avvenga in ogni stato e grado. Dunque sembra
potersi affermare (in difetto di norme del Regolamento, o anche di norme
interne che lo impediscano) che le parti possano accordarsi in
qualsiasi momento, in ogni stato e grado, fin tanto che la controversia non
è definita con sentenza passata in giudicato. In tal caso il giudice
adito dovrebbe dichiararsi carente di competenza giurisdizionale, ai sensi dell’art.
6, lett. b), del Regolamento.
Più complessa e discutibile sarebbe invece la
possibilità di concludere un accordo sul foro prima dell’insorgere della
controversia e prima addirittura dell’apertura della successione:
ammettere una tale facoltà, in certi Stati, rischierebbe, infatti, di essere
qualificata come patto
successorio, come
tale proibito o sottoposto a regole stringenti in materia di forma.
[Davì e Zanobetti]
Il Regolamento non precisa in base a quale legge debba essere valutata la validità
sostanziale dell’accordo. Trattandosi di accordo processuale, si
dovrebbe, a rigore, ritenere applicabile la lex fori, vale a dire
la legge del paese di ultima
residenza abituale, i cui tribunali sono competenti ai sensi dell’art.
4, oppure la legge designata, in applicazione dell’art. 7, lett. b), a seconda
del giudice dal quale la validità dell’accordo debba venire valutata. L’accordo
dovrebbe quindi in pratica rispettare i requisiti stabiliti da entrambe le
leggi. E stato però suggerito che la validità sostanziale dell’accordo di
scelta del foro sia invece da considerare sottoposta alla stessa legge che
regola la successione (v. in tal senso A. Dutta,
Das neue internationale Erbrecht,
cit., p. 6). La soluzione offrirebbe certamente il vantaggio di consentire la
sottoposizione dell’accordo ad un’unica legge. Tuttavia, in assenza di precise
indicazioni nel testo del regolamento, essa dovrebbe basarsi sull’interpretazione
analogica delle norme riguardanti la validità sostanziale delle disposizioni
per causa di morte, che non sembrano poter essere ritenute con certezza
estensibili alla disciplina di un’ipotesi così diversa. Lo stesso è a dirsi per
l’opinione espressa da A. Bonomi, Article 5, in A. Bonomi - P. Wautelet,
Le droit européen des successions,
cit., p. 186, il quale si pronuncia, al contrario, a favore dell’applicazione
della legge del giudice designato, basandosi, a quanto sembra, su un’interpretazione
analogica della disciplina dettata ora dall’art. 25, par. 1, del regolamento
1215/2012 (cd. regolamento Bruxelles I-bis)
riguardo alla proroga di competenza da esso prevista, che ugualmente
rappresenta un’ipotesi non assimilabile a quella dell’accordo qui in esame.
Chi decide sulla validità dell’accordo di elezione del foro? In difetto di una autorità giudiziaria “superiore”
verrebbe da dire: entrambi i giudici (che potrebbero anche pervenire a
decisioni incompatibili). Sul punto potrebbero trarsi spunti dal Regolamento
“Bruxelles I” e dalla sua recente modifica.
[Bonomi e Wautelet] |
|
In realtà l’art. 7, lett. a), investe della causa direttamente ed automaticamente il giudice ad
quem, che non può
più mettere in discussione la sua competenza. Ergo è solo al giudice a quo che
compete la decisione sulla validità
ed operatività dell’accordo di elezione del foro.
Articolo 7 Competenza in caso di scelta di
legge Gli
organi giurisdizionali dello Stato membro la cui legge sia stata scelta dal defunto
conformemente all’articolo 22 sono competenti a decidere sulla successione: a) se un organo giurisdizionale
preventivamente adito ha
dichiarato la propria incompetenza nella stessa causa ai sensi dell’articolo
6; b) se le parti del procedimento
hanno convenuto, ai sensi dell’articolo 5, di conferire la competenza a un
organo giurisdizionale o agli organi giurisdizionali di tale Stato membro;
oppure c) se
le parti del procedimento hanno espressamente accettato la competenza dell’organo
giurisdizionale adito. |
[Bonomi e Wautelet] |
|
6.5. Attenzione: professio juris,
ma NON professio fori…
Anche l’art. 5 contiene l’inciso iniziale seguente: “Se la legge scelta dal defunto per regolare
la sua successione conformemente all’articolo 22…”.
Ciò comporta un grave inconveniente:
Ove il
defunto non abbia scelto la propria legge
di cittadinanza, ma
tutte le persone interessate alla
successione siano domiciliate
nello Stato membro di
cittadinanza, ad esempio, perché, poco prima della morte, il de cuius
si era trasferito in un diverso Stato membro dove era scomparso qualche
tempo dopo il suo arrivo, le parti interessate sono costrette ad avviare la causa dinanzi al giudice del luogo di ultima residenza abituale
del defunto, dove questi si era trasferito, sebbene tutti gli altri
collegamenti della fattispecie siano ancora collegati con lo Stato di
cittadinanza, e nonostante
il loro accordo
sulla scelta di un giudice diverso!
Anche questa è una vera assurdità, ma è l’unica soluzione possibile, alla
luce del Regolamento: eppure bastava
togliere l’inciso iniziale…
[Faraci]:
È curioso
che il regolamento (UE) n. 650/2012, nel valorizzare l’autonomia privata ai fini della determinazione
della competenza giurisdizionale in materia successoria, non abbia introdotto la
possibilità di una scelta
unilaterale del foro
in favore del defunto, da effettuarsi attraverso disposizione testamentaria
espressa.
Una tale eventualità era stata in effetti proposta dagli studiosi del Max
Planck Institut di Amburgo nel commentario alla proposta di regolamento del
2009. Questi ultimi, infatti, nel criticare l’aporia
della proposta sulla proroga di giurisdizione, avevano suggerito di introdurre due forme espresse di
scelta del foro, quella del testatore
e quella delle parti
del procedimento contenzioso, nonché una forma tacita di scelta del foro, legata alla comparizione in giudizio
del convenuto.
Del resto, la possibilità di una scelta unilaterale espressa del
foro è contemplata anche dal regolamento (CE) n. 44/2001 rispetto ai trusts inter vivos:
secondo l’art. 23, par. 4,
dello stesso, infatti, il settlor può designare il giudice competente
per le controversie legate al trust nello strumento costitutivo dello
stesso.
La stessa facoltà è ammessa
anche dall’art.
25, par. 3, del regolamento (UE) n. 1215/2012 (cd. «Bruxelles I-bis»),
che ha sostituito
il regolamento (CE) n. 44/2001 a partire dal 10 gennaio 2015. Più in generale,
il riconoscimento di una tale possibilità avrebbe realizzato, anche sul piano della
competenza giurisdizionale, la
libertà testamentaria, completando così la libertà di scelta della legge
applicabile prevista dal regolamento in favore del testatore all’art. 22. In effetti, quando quest’ultimo
sceglie la legge di uno Stato membro diverso da quello di residenza abituale
può essere interessato anche al fatto che i giudici di tale Stato siano dotati
di giurisdizione sul merito: questi ultimi, infatti, avendo familiarità con il
contenuto della legge applicabile scelta, sono di solito più adatti a conoscere
della controversia.
Si tenga presente, però, che la Cassazione italiana
sembra non valutare
con grande favore
tale possibilità: nel primo caso in cui la stessa si è espressa in tema di art.
23, par. 4 del Regolamento Bruxelles I (sulla facoltà di designare la
giurisdizione per il trust), la
scelta è stata chiaramente quella di venire incontro al soggetto contro gli
interessi del quale il trust era
stato costituito. La Corte ha così ritenuto inefficace la clausola nei riguardi
di tale soggetto:
Cass.,
Sez. Un., ordinanza 20 giugno 2014, n. 14041 La
clausola di proroga della giurisdizione inserita nell’atto costitutivo di un trust vincola, oltre al costituente, i
gestori e i beneficiari del trust,
pur non firmatari della clausola, ove vengano in rilievo diritti e obblighi
inerenti al trust, mentre non
vincola i soggetti che rispetto al trust
sono in posizione di terzietà, come l’erede del fondatore, qualora si assuma
leso nei diritti di legittimario. |
(…) |
Tornando alla soluzione concretamente adottata dal
Regolamento n. 650/2012, va detto che anche qui l’unico vantaggio è che il giudice applica la sua
legge (cioè si conserva la coincidenza tra forum
e jus).
Ovviamente lo stesso risultato lo si sarebbe potuto raggiungere
lasciando al de cujus la possibilità di determinare la giurisdizione e poi
prevedere l’automatica
applicazione della lex fori.
Nello stesso senso critico rispetto a quanto sopra
illustrato sono orientati
una nota del Parlamento Europeo ed uno
studio sulla
proposta che ha dato luogo al Regolamento effettuato da tre cattedratici tedeschi, tutti estremamente critici sul
fatto che sia stata negata al de cujus
la possibilità di predeterminare la giurisdizione.
[Nota del
Parlamento Europeo] The second head of jurisdiction provided for by the
Regulation is based on
consent: According to Article 5 all parties concerned may conclude a choice-of-court
agreement. The prorogation of the competent court is limited, however, to the case where the deceased had chosen
the law of the Member State of his origin (nationality) to govern his
succession (Article 22). In this case, the parties concerned can agree that
the proceedings shall not take place at the last habitual residence of the
defunct, but in the Member State of his nationality instead. However, the
heir [sic! Recte: deceased;
l’equivoco nasce dalla confusione del traduttore dal testo originale tedesco
tra Erblasser (de cuius) ed Erbe
(erede)] cannot
designate unilaterally the competent court for the succession of his assets.4
It seems to be doubtful whether
this complicated mechanism will
operate efficiently. On the
one hand, it requires an explicit agreement of all interested parties which might be difficult to reach when the succession is
disputed. In addition, getting the consensus of all interested parties may be a difficult task as these persons are not always known at
the beginning of succession proceedings. All in all, it is expected that the practical importance of
Article 5 will be limited. 4 This solution is based on the
idea that the heir [sic! Recte: deceased] shall not be
empowered to designate the competent court against the will of the parties of
(a future) litigation. The
main objective is to protect the family of the deceased in case of
disinheritance, see Hess/Jayme/Pfeiffer, Opinion on the
proposal for a European regulation on succession law – Version 2009/157 (COD)
of 16 January 2012, p. 20 et seq. |
|
Alla luce delle critiche
di cui sopra vi è già in dottrina chi afferma la possibilità di utilizzare gli
spunti desumibili dall’art.
21, paragrafo 2, del Regolamento. Disposizione, questa, riferita solo
alla legge applicabile, ma che potrebbe in qualche modo condurre ad un’estensione
analogica anche alle situazioni descritte dagli artt. 5-8 e dunque anche in
relazione alla competenza giurisdizionale.
Articolo
21 Criterio
generale 1.
Salvo quanto diversamente previsto dal presente regolamento, la legge
applicabile all’intera successione è quella dello Stato in cui il defunto
aveva la propria residenza abituale al momento della morte. 2.
Se, in via eccezionale,
dal complesso delle circostanze del caso concreto risulta chiaramente che, al
momento della morte, il defunto aveva collegamenti manifestamente più stretti con uno
Stato diverso da quello la cui legge sarebbe applicabile ai sensi del
paragrafo 1, la legge applicabile alla successione è la legge di tale altro
Stato. |
L’esempio più ricorrente (specie per i
Tedeschi, per evidenti ragioni!) è quello dei c.d. Mallorca-Fälle,
cioè dei pensionati (o anche di semplici benestanti nullafacenti) germanici,
che passano buona parte dell’anno in Spagna, peraltro mantenendo ogni altro
tipo di rapporto (economico, affettivo, finanziario, lavorativo, ecc.) con la
madrepatria.
[Lurger e Perscha]
|
La soluzione proposta sembra peraltro tecnicamente
inaccettabile: il sistema disegnato dagli artt. 5-9 del Regolamento ha
carattere sicuramente eccezionale, rispetto alla regola generale di cui all’art.
4.
7. Criteri ulteriori di competenza (“a cascata”): la competenza sussidiaria ex art. 10
Criteri ulteriori di competenza (a
cascata) |
Articolo
10 Competenza
sussidiaria 1.
Se, al momento della morte, il defunto non risiedeva abitualmente in uno Stato membro, gli
organi giurisdizionali di uno Stato membro in cui si trovano beni ereditari sono comunque competenti a decidere
sull’intera successione, nella misura in cui: a)
il defunto possedeva la cittadinanza
di quello Stato membro al momento della morte; o, in mancanza, b)
la precedente residenza abituale
del defunto era stabilita in quello Stato membro, purché nel momento in cui l’organo
giurisdizionale è adito non sia trascorso un periodo superiore a cinque anni dal
cambiamento di tale residenza abituale. 2.
Se nessun organo
giurisdizionale di uno
Stato membro è competente
ai sensi del paragrafo 1, gli organi giurisdizionali dello Stato membro in
cui si trovano beni ereditari sono comunque competenti a decidere
su tali beni. Articolo
11 Forum necessitatis Qualora
nessun organo
giurisdizionale di uno Stato membro sia competente in forza di altre
disposizioni del presente regolamento, in casi eccezionali, gli organi giurisdizionali
di uno Stato membro possono
decidere sulla successione se un procedimento non può ragionevolmente
essere intentato o svolto o si rivela impossibile in uno Stato terzo con il
quale la causa ha uno stretto collegamento. La
causa deve presentare un collegamento
sufficiente con lo Stato membro dell’organo giurisdizionale adito. |
Competenza sussidiaria ex art. 10:
I criteri della nazionalità e della residenza abituale sono posti tra loro in concorso successivo e precludono la possibilità
di un libero apprezzamento discrezionale
da parte del giudice sulla base di collegamenti (soggettivi o oggettivi)
diversi da quelli indicati espressamente dalla norma.
Tale foro garantisce così agli eredi e ai creditori
del de cuius l’accesso alla giustizia in situazioni nelle quali la
situazione successoria presenti stretti legami con uno Stato membro a causa
della presenza in tale luogo di alcuni beni ereditari.
Inconvenienti a livello pratico:
· Il foro sussidiario moltiplica le ipotesi di dissociazione tra competenza e legge applicabile, a danno dell’intento generale
del regolamento di sincronizzare il più possibile legge applicabile e foro
competente.
· La disposizione favorisce l’insorgenza di conflitti positivi di competenza tra gli
Stati membri, nonché tra questi e gli Stati terzi, atteso che la condizione da
esso contemplata può essere realizzata allo stesso tempo in più luoghi, ad
esempio, qualora il de cuius possegga più cittadinanze, ipotesi quest’ultima
nella quale la coesistenza dei due giudizi paralleli dovrà essere risolta sulla
base delle norme sulla litispendenza (art. 17 del regolamento). In terzo luogo,
· Vi è il rischio che il foro sussidiario dia luogo a decisioni inconciliabili
e al fenomeno del forum
shopping nelle relazioni con gli Stati terzi, dove il defunto risiedeva abitualmente o si trovano beni ereditari. In tali
casi, peraltro, a differenza di quanto previsto dal nuovo regolamento (UE) n.
1215/2012 (Bruxelles I-bis), non potranno applicarsi
le norme sulla litispendenza
dettate dal regolamento, essendo quest’ultime indirizzate alle relazioni tra le
autorità dei soli Stati
membri.
· Il foro sussidiario non esclude, infine, il rischio di un conflitto negativo di giurisdizioni, qualora, ad
esempio, nessun bene ereditario sia
situato nel territorio degli Stati
membri.
[Nota del Parlamento
Europeo] 2.1.4 Subsidiary
jurisdiction At Article 10 (1), the
Regulation holds that where the habitual residence of the deceased at the
time of death is not located in a Member State, the courts of a Member State
in which assets of the estate are situated shall nonetheless have
jurisdiction to rule on the succession as a whole so far as the deceased was
a national of that Member State at the time he died or, failing that, he had
his previous habitual residence in that Member State, provided that no more
than five years have elapsed from the time the habitual residence changed and
the court is seised. Thus, this provision establishes a subsidiary jurisdiction,
which is meant to step in when the deceased’s habitual residence was located
in a third State,
but assets of the estate
are situated in a
Member State’s
territory. Moreover, where no Member State court has jurisdiction under
Article 10 (1), Article 10 (2) of the Regulation provides that the courts of
the Member State in which assets are located shall nevertheless have
jurisdiction to rule on those assets, as opposed to the succession as a
whole. This provision
introduces a concession from the unitary approach to the succession,
which is however justified by the weaker connection that ties the succession
to the Member State: In the case at issue, in fact, the only relevant
connection between the succession and the court is the presence of the
deceased’s assets in the Member Statès territory. Overall, subsidiary jurisdiction
clearly strengthens
Member States’
jurisdiction, by avoiding a potential gap in the jurisdiction of the
EU Member States where the deceased’s assets are situated: In the hypothesis
where the last habitual residence of the deceased is in a third country,
Article 10 of the Regulation ensures to heirs, legatees and creditors access
to justice before the courts of such Member States. |
Un problema è posto dall’art.
10, lett. b), nel
caso in cui, nel corso degli ultimi cinque anni, il de cujus abbia avuto più di una residenza, prima dell’ultima. In tal caso sembra
preferibile la tesi restrittiva, che limita le giurisdizioni ad una sola
alternativa (la penultima), rispetto a quella dell’ultima residenza abituale.
[Bonomi e Wautelet] |
|
Del resto si tenga presente che l’art. 10, lett. b) così si
esprime: “la precedente residenza abituale” e NON “una precedente residenza abituale”…
Da notare, poi, che, salva la professio juris, il giudice della penultima residenza abituale dovrà applicare
la legge dello Stato dell’ultima residenza abituale. Peraltro la regola
conosce un’eccezione nel caso in cui tale legge di uno Stato terzo rinvii a quella della
penultima residenza abituale.
[Bonomi e Wautelet] |
|
8. Criteri ulteriori di competenza (“a cascata”): il forum
necessitatis ex art. 11
Forum
necessitatis ex art. 11:
La regola si pone come norma di chiusura
del sistema giurisdizionale, per sua natura completo, del regolamento e mira a compensare la soppressione delle
competenze nazionali
residue. Esso risponde, in generale, ad un problema pratico, rappresentato dal sorgere di
conflitti negativi di giurisdizione ed evita (o rimedia a) possibili situazioni di diniego di giustizia.
A titolo esemplificativo, il considerando n. 31 del regolamento si limita a prospettare
l’ipotesi di una guerra
civile o il caso in cui non ci si possa ragionevolmente aspettare che il
beneficiario intenti o prosegua un procedimento in tale Stato o perché le
circostanze lo impediscono o per i caratteri del sistema giurisdizionale al
quale il giudice in questione appartiene (quali il costo eccessivo del procedimento, la lunghezza dello stesso e,
in generale, il mancato
rispetto, nello Stato in questione, delle garanzie dell’equo processo).
[Nota
del Parlamento Europeo] 2.1.5
Forum necessitatis Another potential gap in the
jurisdiction of Member States as a result of the deceased’s last habitual
residence in a third State is filled at Article 11 of the Regulation whereby,
where no court of a Member State has jurisdiction pursuant to other
provisions of the Regulation, the courts of a Member State may, on an
exceptional basis, rule on the succession if proceedings cannot reasonably be
brought or conducted or, again, they would be impossible in a third State
with which the case is closely connected. The case, however, must have a sufficient connection
with the Member State of the court seised, in order to establish jurisdiction
in that Member State. In order to avoid the denial of justice
in situations that have a sufficient connection with the court seised, the
discretionary exercise of jurisdiction provided at Article 11 aims at
ensuring an available forum when a dispute does not fit within the other
rules of jurisdiction pursuant to the Regulation. This provision introduces,
in the interests of justice, a new ground of jurisdiction for EU plaintiffs who would
otherwise be deprived of an adequate forum outside the European Union in
which to litigate their disputes. The provisions on subsidiary
jurisdiction and on forum necessitatis are interesting from a
legal-political perspective: These provisions openly address third-State situations9
and confer to the European Union, according to the case-law of the ECJ,
the exclusive competence in this area of law.10 Recently, the
Commission proposed similar provisions with regard to the recast of the
Regulation Brussels I.11 However, the national governments in the
Council strongly opposed to that proposal which – unfortunately – failed in
the legislative process. The Succession Regulation demonstrates that there is
a need for including third-State situations not only at the level of private
international law, but also with regard to jurisdiction. Against this
backdrop, it must be regretted that the proposal of the EU-Commission for the
reform of the Insolvency Regulation does not address third-State situations.12 9 In this respect, the United Kingdom which
finally opted out after lengthy and delaying negotiations is to be considered
as a third State. 10 ECJ, opinion 1/2003, 2/7/2006,
Lugano-Convention, ECR 2006 I-1145, paras 139 et seq. 11 On the proposal for a recast of the Brussels
I Regulation cf. esp. Pocar/Viarengo/Villata (eds), Recasting Brussels
I (2012); Lein (ed.), The Brussels I Review Proposal Uncovered (2012). 12 COM (2012) XXX of 12/13/2012. |
[Davì e Zanobetti]
Si possono però immaginare altre ipotesi [di casi eccezionali] che
potrebbero essere invece di più difficile apprezzamento, in particolare qualora
sussistano elementi di natura sostanziale idonei ad incidere sulla valutazione
della «ragionevolezza» dello svolgimento di una causa in un determinato paese
terzo. Si potrebbe ad esempio pensare al caso di un figlio nato fuori del matrimonio che non
abbia la possibilità di avanzare pretese sull’eredità paterna in un paese
islamico i cui giudici siano competenti secondo le sue leggi interne ad
occuparsi di quella successione, dato che questi paesi non riconoscono alcun
rilievo giuridico alla filiazione naturale; in un caso del genere l’attore non
avrebbe quindi modo di vedersi riconoscere un diritto di carattere sostanziale
che potrebbe invece essergli accordato in uno degli Stati membri con cui la
questione presenti un
sufficiente contatto [es.: il figlio era emigrato in Italia o in
Francia; il genitore naturale invece era sempre rimasto residente nel suo Paese
d’origine]. Il giudice di quest’ultimo paese [membro] potrebbe dunque essere
chiamato a valutare se, in una siffatta ipotesi, tenuto conto dell’insieme
delle circostanze, sussistano i presupposti per l’esercizio della
giurisdizione.
La guida interpretativa offerta in proposito dal
regolamento non è però
chiarissima: infatti, mentre il presupposto della «ragionevolezza»
indicato dall’art, 11 appare piuttosto ampio e sembra conferire al giudice
dello Stato membro un significativo margine di discrezionalità, d’altra parte
la norma precisa — come ribadito anche dal considerando 31 — che l’esercizio
della giurisdizione in casi di questo tipo deve pur sempre rimanere eccezionale. Un limite
alla discrezionalità del giudice è comunque costituito dalla possibile difficoltà
del riconoscimento nei paesi non membri interessati della decisione che egli
dovrebbe rendere, specie in considerazione del fatto che il legame su cui si
fonda l’esercizio della sua competenza potrebbe esservi ritenuto insufficiente.
Per evitare, per quanto possibile, conflitti positivi di competenza,
Bonomi (Article 11, in A. Bonomi - P. Wautelet, Le droit
européen des successions, cit., p. 229), segnala la possibilità che la
competenza fondata sul forum necessitatis,
anziché estendersi all’intera successione, venga limitata ai soli beni per i quali l’azione
nel paese terzo si riveli concretamente impossibile. Almeno nell’ipotesi
in cui la domanda riguardi altresì i beni situati all’estero, il suggerimento
sembra tuttavia presupporre il potere dell’autorità adita di restringere il petitum di propria iniziativa,
malgrado l’assenza di una disposizione in tal senso nel regolamento. Anche l’art.
12 il quale consente al giudice di non pronunciarsi su alcuni beni facenti
parte dell’asse ereditario, prevede come requisito l’istanza di parte.
Alcuni
esempi pratici
[Me. Wautelet, notaio belga]: |
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[Lurger
e Perscha] |
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9. Regole
generali applicabili ad ogni criterio di competenza
Regole generali applicabili ad ogni
criterio di competenza |
Articolo
12 Limitazione
del procedimento 1.
Se l’eredità comprende beni
situati in uno
Stato terzo, l’organo giurisdizionale adito per decidere sulla
successione può, su richiesta
di una delle parti, astenersi
dal decidere su
uno o più di tali beni qualora si possa supporre che la sua decisione sui beni in
questione non sarà
riconosciuta né, se del caso, dichiarata esecutiva in tale Stato
terzo. 2.
Il paragrafo 1 non pregiudica il diritto delle parti di limitare l’oggetto
del procedimento ai sensi della legge dello Stato membro dell’organo
giurisdizionale adito. Articolo
13 Accettazione
o rinuncia dell’eredità, di un legato o di una quota di legittima Oltre
all’organo giurisdizionale competente a decidere sulla successione ai sensi
del presente regolamento, gli organi giurisdizionali dello Stato membro di residenza abituale di qualsiasi persona che,
in base alla legge applicabile alla successione, può rendere dinanzi a un
organo giurisdizionale una dichiarazione di accettazione dell’eredità, di un legato o di una
quota, oppure una dichiarazione diretta a limitare la responsabilità della
persona interessata in relazione alle passività ereditarie, sono competenti a ricevere tali dichiarazioni
quando, in base alla legge di tale Stato membro, dette dichiarazioni possono
essere rese dinanzi ad un organo giurisdizionale. |
[Davì e Zanobetti]
Le norme sulla competenza
stabilite dal regolamento si applicano — con l’eccezione prevista dal par. 2
dell’art. 10 — «all’intera successione» e quindi riguardano tutti i beni facenti parte
dell’asse ereditario, ovunque essi si trovino. Il legislatore europeo ha
tuttavia voluto tener conto del fatto che alcuni Stati
rivendicano la competenza esclusiva delle loro
autorità giurisdizionali per l’adozione di provvedimenti concernenti beni situati sul loro territorio,
in particolare quando si tratta di immobili, e non
sono pertanto disposti
a riconoscere le decisioni emanate in
merito a detti beni dai giudici di altri paesi.
L’art.
12 ammette pertanto che, quando la successione riguardi anche beni
situati in Stati terzi, una delle parti possa chiedere al giudice di non
pronunciare su uno o più di quei beni «qualora si possa supporre che la sua decisione sui beni in
questione non sarà
riconosciuta né, se del caso, dichiarata esecutiva in tale Stato terzo».
La norma, dettata da esigenze di economia processuale, reintroduce però quella pluralità di fori competenti a
conoscere della successione che
si era voluto evitare, in considerazione dei ben noti inconvenienti
legati al morcellement delle
successioni; se, infatti, può sembrare inutile ottenere una pronuncia che non
potrebbe poi essere eseguita nel luogo di situazione del bene, è altresì
possibile che il giudice valuti che, nel caso di specie, sia comunque
essenziale ad una corretta amministrazione della giustizia che la successione
riceva una regolamentazione unitaria e non ritenga quindi opportuno accogliere
la richiesta di parte di limitare l’oggetto della causa, anche se alcuni capi
della sua decisione dovessero risultare insuscettibili di riconoscimento.
10. Regole sul modo con il quale si risolvono le questioni attinenti alla competenza giurisdizionale
Regole sul modo con il quale si
risolvono le questioni attinenti alla competenza giurisdizionale |
Articolo
14 Adizione dell’organo giurisdizionale Ai
fini del presente capo, un organo giurisdizionale è considerato adito: a)
alla data in cui la domanda giudiziale o un atto equivalente è depositato presso l’organo
giurisdizionale, a condizione
che il richiedente non abbia in seguito omesso di prendere le misure che era
tenuto a prendere affinché l’atto fosse notificato o comunicato al convenuto;
b)
se l’atto deve essere
notificato o comunicato prima di essere depositato presso l’organo
giurisdizionale, alla data della sua ricezione da parte dell’autorità incaricata della notificazione o
comunicazione, a condizione che il richiedente non abbia in seguito omesso di
prendere le misure che era tenuto a prendere affinché l’atto fosse depositato
presso l’organo giurisdizionale; o c)
se i procedimenti sono aperti d’ufficio, alla data in cui l’autorità
giurisdizionale decide di aprire il procedimento o, ove tale decisione non
sia richiesta, alla data in cui la causa è registrata dall’autorità
giurisdizionale. Articolo
15 Verifica
della competenza L’organo
giurisdizionale di uno Stato membro investito di una causa in materia di
successione per la quale non è competente in base al presente regolamento dichiara d’ufficio la propria
incompetenza. Articolo
16 Verifica
della ricevibilità 1.
Se il convenuto che ha la residenza
abituale nel territorio di uno Stato diverso dallo Stato membro in cui l’azione
è stata proposta non
compare, l’organo giurisdizionale competente sospende il procedimento fino a quando sia accertato che il
convenuto è stato messo nelle condizioni di ricevere la domanda giudiziale o un atto
equivalente in tempo utile a consentirgli di presentare le proprie difese o,
che sono stati effettuati tutti gli adempimenti in tal senso. 2.
In luogo del paragrafo 1 del presente articolo, si applica l’articolo 19 del
regolamento (CE) n. 1393/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13
novembre 2007, relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati
membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o
commerciale («notificazione o comunicazione degli atti») ( 1 ), qualora sia
stato necessario trasmettere da uno Stato membro a un altro la domanda
giudiziale o un atto equivalente a norma di tale regolamento.IT 27.7.2012
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea L 201/119 3.
Ove non sia applicabile il regolamento (CE) n. 1393/2007, si applica l’articolo
15 della convenzione dell’Aia del 15 novembre 1965 relativa alla
notificazione e alla comunicazione all’estero degli atti giudiziari ed
extragiudiziari in materia civile o commerciale, qualora sia stato necessario
trasmettere all’estero la domanda giudiziale o un atto equivalente a norma di
tale convenzione. Articolo
17 Litispendenza 1.
Qualora davanti a organi giurisdizionali di Stati membri differenti
e tra le stesse parti siano state proposte domande aventi il medesimo oggetto e il medesimo titolo, l’organo giurisdizionale
successivamente adito
sospende d’ufficio il
procedimento fino a quando sia stata accertata la competenza dell’organo
giurisdizionale preventivamente adito. 2.
Ove sia accertata
la competenza
dell’organo giurisdizionale preventivamente adito, l’organo giurisdizionale
successivamente adito dichiara
la propria incompetenza a favore del primo. Articolo
18 Connessione 1.
Ove più cause connesse
siano pendenti davanti agli organi giurisdizionali di Stati membri differenti, l’organo giurisdizionale
successivamente adito può
sospendere il
procedimento. 2.
Se tali cause sono pendenti in primo grado, l’organo giurisdizionale
successivamente adito può parimenti dichiarare la propria incompetenza su
richiesta di una delle parti a condizione che l’organo giurisdizionale
preventivamente adito sia competente a conoscere delle domande proposte e la
sua legge consenta la riunione dei procedimenti. 3.
Agli effetti del presente articolo sono connesse le cause aventi tra di loro
un collegamento così stretto da rendere opportune una trattazione e una
decisione uniche per evitare decisioni tra loro incompatibili ove le cause
fossero trattate separatamente. Articolo
19 Provvedimenti
provvisori e cautelari I
provvedimenti provvisori
o cautelari
previsti dalla legge di uno Stato membro possono essere richiesti agli organi
giurisdizionali di tale Stato anche se, in forza del presente regolamento, la competenza a conoscere nel merito è riconosciuta agli
organi giurisdizionali di
un altro Stato membro. |
L’art. 15 del Regolamento dispone, in via generale, che l’organo
giurisdizionale di uno Stato membro adito in materia di successione per una causa
per la quale non è competente in base al regolamento deve dichiarare d’ufficio
la propria incompetenza.
Vi sono, tuttavia, casi in cui il giudice designato da una norma
sulla competenza del regolamento può dichiararsi
incompetente, ma solo su
richiesta di una delle parti del procedimento: è ciò che avviene in base
all’art. 6, lett. a) del
regolamento in relazione al trasferimento
della competenza in favore dei giudici più adatti a conoscere il caso.
Per ciò che attiene alla litispendenza,
va detto che le disposizioni dell’art. 17 corrispondono perfettamente al regime della litispendenza del regolamento (CE) n. 44/2001:
l’art. 17, infatti, prevede che il giudice successivamente adito deve
sospendere d’ufficio il procedimento fino all’accertamento della competenza del
giudice preventivamente adito e solo successivamente deve dichiarare la propria
incompetenza. Come l’art. 30 del regolamento (CE) n. 44/2001, tali norme
contengono, inoltre, una definizione autonoma del momento
di adizione dell’autorità giudiziaria (da ancorare alla data del
deposito della domanda oppure, se l’atto deve essere notificato prima di essere
depositato, alla data in cui l’atto viene ricevuto dall’autorità competente per
la notifica).
Quanto alla definizione del concetto di litispendenza, come il regolamento (CE) n.
44/2001, l’art. 17 del regolamento (UE) n. 650/2012 richiede l’identità soggettiva e oggettiva delle cause pendenti, ossia che esse siano state
proposte «tra le stesse
parti» e le domande abbiano «il medesimo oggetto e il medesimo titolo».
Non è chiaro,
tuttavia, se nella materia successoria possano essere trasposte le
interpretazioni formulate in proposito dalla Corte di giustizia nella materia
civile e commerciale, e se, quindi, possano ritenersi in litispendenza
· due procedimenti avviati dinanzi ad organi
giurisdizionali diversi che vertano sulla medesima controversia successoria ma rispetto a profili ereditari distinti o, ancora,
· due cause nelle quali la medesima pretesa successoria sia stata azionata
davanti a due autorità da parte di attori diversi che vantino la medesima qualifica di erede, legatario o creditore del de
cuius.
In attesa dei futuri chiarimenti della Corte di
giustizia, in sede di rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE, sembra,
tuttavia, ragionevole
ammettere un’interpretazione estensiva dei due
criteri, a motivo della
complessità delle questioni successorie e dell’esigenza di mantenere la coerenza nella disciplina
della fattispecie.
[Davì e Zanobetti]
Stabilire se due (o eventualmente più) procedimenti
rientranti nel campo di applicazione del regolamento determinino una situazione
di litispendenza può d’altronde risultare complesso, perché una stessa successione può dare
luogo a controversie aventi oggetto o parti non coincidenti o che non lo sono interamente. Infatti è
ovviamente ben possibile che più procedimenti riguardino aspetti distinti della
successione, ad esempio, attribuzione
di diversi legati; inoltre, come si
è visto, le parti possono
accordarsi per conferire competenza esclusiva relativamente
anche ad un solo aspetto di una successione ai giudici
dello Stato membro la cui legge sia stata designata dal de cujus mediante professio
juris, cosicché
non dovrebbe essere considerata un’ipotesi
di litispendenza l’eventuale sottoposizione di altri aspetti della successione
al giudice del paese dell’ultima residenza abituale. E però necessario
sottolineare che la Corte
di giustizia ha accolto nella sua giurisprudenza una concezione non formale dell’identità
di oggetto, in base alla quale l’eccezione di litispendenza può essere
sollevata ogni volta in cui possano aversi decisioni contrastanti, da
intendersi come decisioni il cui contenuto sia idoneo a impedire o limitare il
riconoscimento nello Stato richiesto della decisione resa successivamente.
Da notare che le norme su litispendenza e connessione
operano solo in relazione
agli Stati membri.
[Bonomi,
Univ. Losanna]
|
All’ultima domanda risponderei negativamente.
Le regole nazionali sulla litispendenza e
connessione presuppongono
la pendenza dinanzi
a due giudici nazionali.
Il giudice italiano
dovrà invece applicare l’art. 7 della legge n. 218/1995:
Art. 7. Pendenza di un processo straniero. 1.
Quando, nel corso del giudizio, sia eccepita la previa pendenza tra le stesse parti di domanda
avente il medesimo oggetto e il medesimo titolo dinanzi a un giudice
straniero, il giudice italiano, se ritiene che il provvedimento straniero
possa produrre effetto per l’ordinamento italiano, sospende il giudizio. Se il giudice
straniero declina la propria giurisdizione o se il provvedimento straniero
non è riconosciuto nell’ordinamento italiano, il giudizio in Italia prosegue,
previa riassunzione ad istanza della parte interessata. 2.
La pendenza della causa innanzi al giudice straniero si determina secondo la
legge dello Stato in cui il processo si svolge. 3.
Nel caso di pregiudizialità di una causa straniera, il giudice italiano può sospendere il
processo se ritiene che il provvedimento straniero possa produrre effetti per
l’ordinamento italiano. |
Su
tale norma v. la giurisprudenza di legittimità,
che ne fornisce una lettura
piuttosto ampia:
Sez.
U, Sentenza n. 21108 del 28/11/2012 (Rv. 624041) La
litispendenza internazionale può essere dichiarata d’ufficio, atteso che la ratio dell’art. 7, comma 1, della
legge n. 218 del 1995, diretta a favorire l’economia dei giudizi e ad evitare conflitti tra giudicati, non consente
di subordinare all’eccezione di parte l’intervento sospensivo del giudice. Ne
consegue che la formulazione letterale della menzionata norma (“quando, nel
corso del giudizio, sia eccepita la previa pendenza”) va intesa nel senso che
la litispendenza deve essere
dichiarata dal giudice
quando l’esistenza dei relativi presupposti emerga
dagli elementi offerti
dalle parti. Sez.
U, Sentenza n. 21108 del 28/11/2012 (Rv. 624040) La
litispendenza internazionale presuppone, oltre all’identità delle parti, l’identità
dei risultati pratici perseguiti dalle domande, a prescindere dall’identità del loro petitum immediato e del titolo
specifico che esse fanno valere, atteso che l’art. 7 della legge n.
218 del 1995, interpretato alla luce del successivo art. 64, lett. e), mira ad evitare inutili
duplicazioni di attività giudiziaria e ad eliminare il rischio di conflitto tra giudicati, obiettivi
che sarebbero frustrati ove il giudizio nazionale e quello straniero
potessero determinare risultati pratici fra loro incompatibili. (Nella
specie, in applicazione del principio, la S.C. ha respinto il ricorso avverso
il decreto di sospensione del giudizio interno sulla decadenza dalla potestà
genitoriale, provvedimento motivato dall’anteriore pendenza in Brasile di un
giudizio tra i genitori sull’affidamento del minore). Sez.
U, Sentenza n. 21108 del 28/11/2012 (Rv. 624042) La
sospensione del
processo per litispendenza
internazionale è obbligatoria,
ai sensi del comma 1 dell’art. 7 della legge n. 218 del 1995, a differenza della sospensione
per pregiudizialità della causa straniera, che è facoltativa, ai sensi
del successivo comma terzo. Ne consegue che, nell’ipotesi di litispendenza
internazionale, non è
necessaria una motivazione specifica in ordine alle ragioni della disposta
sospensione, essendo sufficiente che il giudice dia conto dell’esistenza
delle condizioni per essa normativamente previste. Sez.
3, Ordinanza n. 11185 del 15/05/2007 (Rv. 597774) Affinché
si verifichi una situazione di litispendenza internazionale, l’art. 7 della
legge n. 218 del 1995, secondo il quale, ai fini della sospensione, occorre
che le domande abbiano identità
dell’oggetto e del
titolo, va interpretato nel senso che devono ritenersi fondate sullo stesso titolo
ed hanno il medesimo
oggetto le domande che riguardano il medesimo rapporto giuridico. (Nella fattispecie,
la Suprema Corte ha ravvisato l’identità di titolo ed oggetto tra la domanda
di risarcimento danni per perdita di merce trasportata via mare proposta in
Italia contro due convenuti che avevano chiamato in garanzia il subvettore e
il giudizio già pendente innanzi all’Alta Corte del Sudafrica tra le stesse
parti, ancorché in un giudizio fosse stata fatta valere la responsabilità contrattuale e nell’altro
quella extracontrattuale). Sez.
3, Ordinanza n. 11185 del 15/05/2007 (Rv. 597773) L’accertamento
di una situazione di litispendenza
internazionale non
configura una questione di giurisdizione
e non può quindi
costituire oggetto di regolamento
di giurisdizione, concretando invece un’ ipotesi di sospensione necessaria del
processo, soggetta al rimedio del regolamento necessario di
competenza. |
Sull’inapplicabilità dell’art. 39 c.p.c. cfr. comunque la giurisprudenza di
legittimità:
Sez.
U, Sentenza n. 2022 del 23/03/1983 (Rv. 426877) L’art.
12 della convenzione italo-austriaca del 16 novembre 1971 per il
riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni giudiziarie in materia civile e
commerciale, resa esecutiva con legge 12 febbraio 1974 n. 71, il quale impone
al giudice di uno degli stati contraenti di spogliarsi della causa qualora
avanti ad un giudice dell’altro stato sia pendente un giudizio fra le stesse
parti e sul medesimo oggetto, regola, in deroga al principio fissato dall’art.
3 cod. proc. civ., esclusivamente il caso della litispendenza, cioè di
contemporanea pendenza di cause con identità di soggetti, oggetto e titolo,
mentre non può essere invocato nella diversa ipotesi di continenza o di
connessione di cause. Pertanto, con riguardo alla controversia promossa
davanti al giudice italiano, per l’accertamento di un rapporto di lavoro e la
condanna del datore di lavoro al pagamento di determinate spettanze, la
circostanza che sia stato preventivamente adito il giudice austriaco, con domanda
limitata all’accertamento del rapporto, non può valere ad interferire sulla
giurisdizione del giudice italiano, nemmeno sotto il profilo di un obbligo di
sospensione del processo in attesa della pronuncia straniera sulla questione
comune ad entrambe le cause (sussistenza del rapporto). Sez.
1, Sentenza n. 1870 del 05/07/1973 (Rv. 364906) Le
norme (in particolare gli artt 24 e 52 della legge fallimentare) intese a far
inderogabilmente convergere nella procedura concorsuale le azioni relative a
crediti verso il fallito, attribuendone la cognizione al tribunale
fallimentare e correlativamente sottraendola a un diverso giudice altrimenti
competente, debbono pur sempre considerarsi norme sulla Competenza cosiddetta
‘internà, siccome dirette a distribuire la cognizione delle liti fra gli
organi giudiziari dello stato; non mai come norme sulla Competenza cosiddetta
‘internazionalè o ‘giurisdizionalè, mediante le quali lo stato invece limita
l’ambito della propria giurisdizione determinando le liti rispetto alle quali
essa puo esercitarsi. Di conseguenza, poiche in forza del principio della
territorialita della legge processuale (sancito, segnatamente con riguardo
alla competenza, dall’art 27 delle preleggi), allo scopo di accertare la
sussistenza dei presupposti di una propria incompetenza, come effetto
processuale di un atto parimenti processuale, l’ autorita giudiziaria
italiana deve aver riguardo unicamente ad Atti ed effetti compiuti e
disciplinati dalla legge processuale italiana, il giudice italiano, innanzi
al quale un credito sia stato fatto valere in via ordinaria, non puo
ritenersi incompetente sul riflesso che del medesimo credito sia stata gia
chiesta l’insinuazione in una procedura fallimentare straniera; ne, quindi si
pone in tale ipotesi il problema degli effetti da riconoscersi o meno alla
sentenza straniera dichiarativa del fallimento. |
[Davì e Zanobetti]
Quando il giudice adito declina la propria competenza, l’eventuale riassunzione della causa è rimessa all’iniziativa
delle parti, che potrebbero ovviamente anche abbandonarla, dato che
non sono previsti né trasferimento degli atti da un giudice all’altro, né alcun altro sistema di
coordinamento fra le giurisdizioni.
La proposta
originaria della Commissione prevedeva che le parti avessero a disposizione un termine entro il quale
riassumere la causa innanzi al giudice a favore del quale era stata pronunciata
la declinatoria di competenza, trascorso inutilmente il quale il giudice
preventivamente adito avrebbe riacquistato la propria competenza. Questa disciplina, modellata
sull’art. 15 del regolamento 2201/2003 (a sua volta ispirato agli artt. 8 e 9
della Convenzione dell’Aja del 1996 sulla protezione dei minori), non è stata
però recepita nel testo finale del regolamento, perché il legislatore europeo
ha voluto introdurre una semplice possibilità di spostamento della competenza.
Il regolamento peraltro non precisa quale sia in questi casi la sorte dei provvedimenti già adottati, come, ad
esempio, la nomina di un curatore dell’eredità; sembra comunque logico ritenere
che essi mantengano la propria validità e che anzi possano, se ne ricorrono i
presupposti, formare oggetto di riconoscimento e di esecuzione anche negli
altri Stati membri.
Non concordo. In assenza di una norma che stabilisca l’ultrattività di tali misure non
si vede proprio in base a quale criterio le stesse, in quanto adottate da
giudice radicalmente carente di competenza giurisdizionale, dovrebbero
“sopravvivere”.
Altro rilievo critico: la c.d. “riassunzione”
della causa dinanzi al giudice dotato di competenza giurisdizionale NON può
essere ritenuta riassunzione ai sensi e per gli effetti di cui alle
disposizioni italiane sulla riassunzione delle cause civili (es.: art. 50
c.p.c.: “il processo continua…”). La c.d. “riassunzione” in tal caso indica
semplicemente l’inizio di una nuova e distinta controversia, mentre nessuno
degli effetti (sostanziali e processuali) dell’atto introduttivo del precedente
giudizio (si pensi all’interruzione della prescrizione) potrà ritenersi
perdurante di fronte al nuovo giudice.
11. Definizione
di “organo giurisdizionale”
Art.
3, paragrafo 2: 2.
Ai fini del presente regolamento il termine «organo giurisdizionale» indica qualsiasi autorità giudiziaria
e tutte le altre autorità e i professionisti legali competenti in materia di
successioni che esercitano funzioni giudiziarie o agiscono su delega di un’autorità
giudiziaria o sotto il controllo di un’autorità giudiziaria, purché tali altre
autorità e professionisti legali offrano garanzie circa l’imparzialità e il diritto di audizione delle parti e purché le decisioni che prendono
ai sensi della legge dello Stato membro in cui operano: a)
possano formare oggetto di ricorso
o riesame davanti
a un’autorità giudiziaria; e b)
abbiano forza ed effetto equivalenti a
quelli di una decisione
dell’autorità
giudiziaria nella stessa materia. Gli
Stati membri notificano
alla Commissione,
conformemente all’articolo 79, le altre autorità e i professionisti legali di
cui al primo comma. |
Il regolamento (UE) n.
650/2012 ha optato in favore di una nozione ampia di
«organo giurisdizionale» con l’intento di estendere la portata delle norme
uniformi agli organi giurisdizionali lato sensu intesi, ivi comprese le autorità di natura non giudiziaria che esercitino la funzione
giurisdizionale in situazioni successorie, in particolare per delega.
L’ampiezza della nozione di organo giurisdizionale è tuttavia ridimensionata dai due ulteriori requisiti enunciati dallo
stesso art. 3, par. 2: ossia
· il rispetto del principio del contraddittorio e
· la possibilità che la decisione resa dall’autorità non
giurisdizionale sia sottoposta
ad un controllo successivo da parte del giudice e abbia la stessa forza
e la stessa efficacia di un’analoga decisione resa da un giudice nazionale.
12. Riflessi
della competenza giurisdizionale sul certificato successorio
L’individuazione della competenza
giurisdizionale determina
anche l’individuazione dell’autorità
nazionale abilitata
a rilasciare il certificato successorio europeo.
Articolo
64 Competenza
a rilasciare il certificato Il
certificato è rilasciato nello Stato membro i cui organi giurisdizionali sono competenti a
norma dell’articolo 4, dell’articolo 7, dell’articolo 10 o dell’articolo 11. L’autorità
di rilascio è: a)
un organo giurisdizionale quale definito all’articolo 3, paragrafo 2; o b)
un’altra autorità
che in forza del diritto nazionale è competente in materia di successione. |
Per evitare inconvenienti o complicazioni legate al
tenore delle diverse normative nazionali, l’art. 64 del regolamento precisa,
infatti, che l’autorità di rilascio del certificato può essere sia un organo giurisdizionale
quale definito dall’articolo 3, par. 2, sia «un’altra autorità che, in forza del diritto nazionale applicabile, è competente in materia successoria», prospettando così l’ipotesi in cui l’autorità
competente per il rilascio del certificato sia un notaio che non eserciti alcuna attività giurisdizionale
né svolga il proprio operato su delega o sotto il controllo di un’autorità
giurisdizionale in senso stretto, come richiesto, invece, dalla nozione di
«organo giurisdizionale» definita dall’art. 3, par. 2, del regolamento.
[Me. Trémosa, Notaio francese] |
|
Da notare, però, che l’art. 64 cit., non richiama l’art. 5, per cui l’applicazione al secondo
esempio potrebbe essere discutibile. E’ peraltro vero che il considerando n. 70
stabilisce che “Il certificato dovrebbe essere rilasciato nello Stato membro i cui organi
giurisdizionali sono competenti
ai sensi del presente regolamento”.
Dunque: “ai sensi del presente regolamento”, dice il considerando, senza porre
distinzioni o limitazioni di sorta; sembra quindi che si voglia perseguire un perfetto parallelismo tra
competenza del notaio a rilasciare il certificato e competenza del giudice ai
sensi di tutte le norme relative (artt. 4 ss.).
Il principio vale, invece, sicuramente per le regole
di competenza sussidiaria
dell’art. 10 o dell’art. 11.
[Me. Trémosa, Notaio francese] |
|
L’individuazione dell’autorità nazionale
competente per il rilascio del certificato rileva anche (e conseguentemente)
per la designazione
dell’autorità giurisdizionale competente per il ricorso descritto dall’art. 72 del Regolamento.
Regolamento
n. 650/2012 |
Articolo
72 Procedure
di ricorso 1.
Le decisioni adottate dall’autorità di rilascio ai sensi dell’articolo 67 possono essere
impugnate da chiunque
abbia il diritto di richiedere
un certificato. Le
decisioni adottate dall’autorità di rilascio a norma dell’articolo 71 e dell’articolo 73, paragrafo 1,
lettera a), possono essere impugnate da chiunque dimostri di avervi interesse. Il
ricorso è proposto davanti a un’autorità giudiziaria dello Stato membro dell’autorità di rilascio
conformemente alla legge di tale Stato. 2.
Se, a seguito del ricorso di cui al paragrafo 1, è accertato che il
certificato rilasciato non
corrisponde al vero,
l’autorità giudiziaria
competente rettifica,
modifica o revoca il certificato ovvero assicura che il
certificato sia
rettificato, modificato o revocato dall’autorità di rilascio. Se,
a seguito del ricorso di cui al paragrafo 1, è accertato che il diniego di emettere il
certificato rilasciato non
era motivato, l’autorità giudiziaria competente rilascia il certificato
ovvero assicura che l’autorità
di rilascio riesamini il
caso e adotti una nuova decisione. Articolo
73 Sospensione
degli effetti del certificato 1.
Gli effetti del certificato possono essere sospesi: a)
dall’autorità di rilascio, su richiesta di chiunque dimostri di avervi
interesse, nelle more di una modifica o revoca del certificato ai sensi dell’articolo
71; o b)
dall’autorità giudiziaria, su richiesta
di chiunque abbia diritto di impugnare una decisione adottata dall’autorità
di rilascio in virtù dell’articolo 72, in pendenza di tale impugnazione. 2.
L’autorità di rilascio o, a seconda dei casi, l’autorità giudiziaria informa
senza indugio tutte le persone cui sono state rilasciate copie autentiche ai
sensi dell’articolo 70, paragrafo 1, dell’eventuale sospensione degli effetti
del certificato. Durante
la sospensione degli effetti del certificato non possono essere rilasciate
ulteriori copie autentiche del certificato stesso. |
LEGGE 30 ottobre 2014, n. 161 Disposizioni
per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione
europea - Legge europea
2013-bis. (14G00174) (GU
Serie Generale n.261 del 10-11-2014 - Suppl. Ordinario n. 83) note:
Entrata in vigore del
provvedimento: 25/11/2014
|
Art. 32 Disposizioni in materia di certificato
successorio europeo 1.
Il certificato successorio europeo di cui agli articoli 62 e seguenti del
regolamento (UE) n. 650/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4
luglio 2012, è rilasciato,
su richiesta di una delle persone di cui all’articolo 63, paragrafo 1, del
regolamento stesso, da un notaio,
in osservanza delle disposizioni di cui agli articoli da 62 a 73 del citato
regolamento. 2.
Avverso le decisioni adottate dall’autorità
di rilascio ai sensi dell’articolo 67 del regolamento (UE) n. 650/2012 è
ammesso reclamo
davanti al tribunale,
in composizione
collegiale, del luogo
in cui è residente il
notaio che ha adottato la decisione impugnata.
Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 739 del codice di procedura civile. 3.
Nei territori in cui vige il sistema del libro fondiario continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al titolo II
del regio decreto 28 marzo 1929, n. 499, in materia di rilascio del certificato di
eredità e di legato.
Note
all’art. 32: Il Regolamento UE 650 del 2012 del
Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla competenza, alla
legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione
delle decisioni e all’accettazione e all’esecuzione
degli atti pubblici in materia di successioni e alla
creazione di un certificato successorio europeo è pubblicato
nella G.U.U.E. 27 luglio 2012, n. L 201. Il testo dell’articolo 739 del Codice di
procedure civile così recita: "Art. 739. Reclami delle parti. Contro i decreti del giudice tutelare si può
proporre reclamo con ricorso al tribunale che
pronuncia in camera di consiglio. Contro i decreti pronunciati dal tribunale in camera di consiglio in primo grado si può
proporre reclamo con ricorso alla corte d’appello, che pronuncia anch’essa in camera di consiglio. Il reclamo deve essere proposto nel termine
perentorio di dieci giorni dalla comunicazione del decreto, se
è dato in confronto di una sola parte, o dalla
notificazione se è dato in confronto di più parti. Salvo che la legge disponga altrimenti, non è ammesso reclamo contro
i decreti della corte d’appello e contro quelli del tribunale pronunciati in sede di
reclamo.". Il titolo II del regio decreto 28 marzo
1929, n. 499 così recita: "TITOLO II Disposizioni sul rilascio del certificato di
eredità e di legato 13. Chiunque vanti diritti ereditari può,
mediante ricorso con sottoscrizione autenticata,
chiedere al tribunale in composizione monocratica del
luogo in cui si è aperta la successione un certificato dal
quale risultino la sua qualità di erede e la quota
ereditaria, ovvero i beni che la compongono, in caso di
assegnazione concreta fatta dal testatore Se la successione si è aperta fuori dei
territori indicati nell’art. 1 il certificato di
eredità deve chiedersi al tribunale in composizione
monocratica del luogo dove si trova la maggior parte dei
beni immobili del defunto esistenti nei territori medesimi Ove nell’eredità siano compresi beni
immobili, la richiesta del certificato è obbligatoria. Sono applicabili alle richieste dei
certificati di eredità e di legato le disposizioni dell’art.
49, primo comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637 13-bis. Se il chiamato ha accettato l’eredità,
il certificato di cui all’articolo precedente
può essere chiesto anche dai terzi che vi abbiano
interesse 14. Se la domanda è proposta in base a un
titolo testamentario, il richiedente deve allegare
al ricorso il certificato di morte del testatore e una
copia autentica del testamento. Il richiedente deve fornire tutte le
indicazioni necessarie per dimostrare il buon fondamento
del suo diritto. Deve inoltre indicare, ove
possibile, le persone che sarebbero chiamate a succedere per legge
in difetto di testamento valido e, in ogni caso, quelle
che abbiano diritto ad una quota di riserva. Il richiedente deve dichiarare se sia o no
pendente una lite sul diritto a succedere 15. Se il certificato è chiesto in base a un
titolo di successione legittima, il richiedente deve
allegare al ricorso il certificato di morte della
persona della cui successione si tratta e dimostrare il
rapporto col defunto, che costituisce il fondamento del suo
diritto Il richiedente deve fornire le indicazioni
necessarie per giudicare se esistono disposizioni
testamentarie e se il suo diritto alla successione legittima
sia escluso o limitato dal diritto a succedere di parenti
più prossimi. Il richiedente deve dichiarare se sia o no
pendente una lite sul diritto a succedere 16. Il tribunale in composizione monocratica
assume d’ufficio le prove che ritiene opportune;
può indicare le lacune che ravvisa nel ricorso e nei mezzi
di prova proposti e sentire il richiedente, anche
sotto il vincolo del giuramento. Se risulti la pendenza di
una lite sul diritto a succedere, o comunque siano note
persone aventi interessi opposti, ne ordina la comparizione
per essere sentite in contraddittorio col richiedente. Il tribunale in composizione monocratica può
disporre, a cura e spese del richiedente e nei modi
ritenuti più idonei, la pubblicazione di un avviso anche
sui giornali esteri con invito agli interessati a
presentare alla cancelleria le loro opposizioni entro un
termine determinato secondo le circostanze. Il richiedente, se giuri il falso, è punito
a termini dell’art. 371 del codice penale 17. Il tribunale in composizione
monocratica, valutate le prove secondo il suo libero
convincimento, provvede mediante decreto motivato a rilasciare o
negare il certificato. Se è pendente una lite sul diritto a
succedere, egli, nel certificato, farà menzione espressa
della pendenza di lite. I documenti allegati al ricorso non sono
restituiti, salva, per quelli prodotti in originale, la
facoltà di sostituirli con copia autentica 18. Se vi sono più eredi, essi possono
chiedere congiuntamente un certificato comune, nel
quale saranno indicate le quote di ognuno. Se il certificato è stato chiesto da un
coerede, gli altri, prima della pronuncia del decreto,
possono domandarne l’estensione anche ai propri
diritti 19. Se risulta che l’erede è stato istituito
sotto condizione o con onere modale, ovvero che il
testatore gli ha imposto di dar cauzione, oppure ha
disposto dei legati, il tribunale in composizione monocratica
deve farne espressa menzione nel certificato 20. Se risulta successivamente l’inesistenza
totale o parziale del diritto a succedere, il
tribunale in composizione monocratica dispone con
decreto, su ricorso degli interessati o d’ufficio, la revoca del
certificato rilasciato 21. Il certificato fa presumere ad ogni
effetto la qualità di erede. Non può essere considerato erede o legatario
apparente ai sensi e per gli effetti degli articoli
534 e 2652, n. 7, del codice civile, in quanto applicabili, o
possessore in buona fede, ai sensi e per gli effetti dell’articolo
535 dello stesso codice, chi non sia in possesso
del certificato rilasciato secondo le norme del
presente decreto 22. Il legatario di una cosa o di un diritto determinato, esistente nel patrimonio del
defunto al momento della sua morte, può chiedere,
mediante ricorso al tribunale in composizione monocratica
competente secondo le norme dell’art. 13, il rilascio di un
certificato sull’acquisto del legato medesimo. A tale effetto egli deve allegare al ricorso
il certificato di morte del testatore e una
copia autentica del testamento in virtù del quale egli vanta
il suo diritto. Il tribunale in composizione monocratica,
ove sia possibile, deve sentire gli eredi. Nel rimanente si applicano le disposizioni
relative al certificato di eredità. 23. Il procedimento dinanzi al tribunale in composizione monocratica è regolato dalle
disposizioni comuni ai procedimenti in camera di
consiglio, previsti dal codice di procedura civile, in quanto applicabili
. La cancelleria deve comunicare all’ufficio
del registro del luogo ove si è aperta la successione,
copia dei certificati di eredità o di legato
rilasciati dal tribunale in composizione monocratica". |
Barone: A
seguito del ricorso del richiedente per i motivi di cui all’art. 67, l’autorità
giudiziaria, se accoglie il ricorso
ritenendo il rifiuto
di rilascio non motivato, (qui si vede come difficilmente può essere motivo
di ricorso il rilascio del certificato) o rilascia il certificato con competenza direi
"sostitutiva"
ovvero assicura (nel nostro linguaggio processuale direi "dispone" o "ordina") che l’autorità
di rilascio
riesamini il caso e adotti una nuova decisione, cioè emetta un nuovo certificato. L’art.
72 pone implicitamente a ciascun Stato membro l’obbligo di prevedere (ove non
già esistente, qualche norma generale idonea a disciplinare il caso) una
nuova competenza del giudice sia funzionale che territoriale e specifiche
regole processuali. Io credo che la natura del ricorso e del giudizio che ne
consegue dovrebbe indirizzare il nostro legislatore verso un procedimento
speciale, con rito
camerale, con contradditorio
tra il ricorrente
e l’autorità di rilascio
(analogo a quello avverso il rifiuto di trascrizione nei registri
immobiliari). La competenza
territoriale, per ragioni di opportunità e comodità dovrebbe essere
quella del giudice del tribunale del circondario ove ha sede l’autorità di rilascio. Quanto all’intervento
obbligatorio o meno del P.M. la questione resta aperta a entrambe le
soluzioni, infatti vi può essere un problema di status o di tutela dei minori
come può non esservi. Nel nostro Paese la forma del provvedimento del
giudice, sia che si sostituisca all’autorità di rilascio che non, dovrebbe
essere quella del decreto
reclamabile ai
sensi dell’art. 739 c.p.c. Qualora
l’autorità di rilascio
venga richiesta
di adottare una nuova
decisione dovrà dare conto, nel nuovo certificato, del precedente iter,
successivo alla data del rilascio del primo certificato (richiesta, ricorso,
decreto); infatti, anche da un punto di vista storico, poiché l’originale del
certificato è sempre conservato dall’autorità di rilascio, il nuovo certificato
dovrebbe porre
nel nulla il precedente. Anche se
il regolamento non lo prevede appare utile, e sicuramente non è vietato, che
sul primo certificato originale conservato dall’autorità di rilascio vengano
annotate tutte le possibili circostanze conseguenti ai casi sopra illustrati.
Nelle more della procedura di modifica ad opera dell’autorità di rilascio o
di pendenza dell’impugnazione proposta all’autorità giudiziaria, gli effetti
del certificato possono essere sospesi; la sospensione opera per il periodo
fino al rilascio del nuovo certificato, deve essere comunicata senza indugio
alle persone cui sono state rilasciate copie autentiche e, durante la
sospensione, non possono essere rilasciate ulteriori copie autentiche del
certificato. |
Sebbene sia espressamente richiamato il
solo art. 739 c.p.c. l’evidente carattere camerale della
procedura ex art. 71 del Regolamento
impone il richiamo a tutti gli articoli da 737 a 742-bis c.p.c.:
Art. 737. (Forma della domanda e del provvedimento) I provvedimenti, che debbono essere pronunciati in camera di consiglio, si chiedono con ricorso al giudice competente e hanno forma di decreto motivato, salvo che la legge disponga altrimenti. Art. 738. (Procedimento) Il presidente nomina tra i componenti del collegio un relatore, che riferisce in camera di consiglio. Se deve essere sentito il pubblico ministero, gli atti sono a lui previamente comunicati ed egli stende le sue conclusioni in calce al provvedimento del presidente. Il giudice può assumere informazioni. Art. 739. (Reclami delle parti) Contro i decreti del giudice tutelare si può proporre reclamo con ricorso al tribunale, che pronuncia in camera di consiglio. Contro i decreti pronunciati dal tribunale in camera di consiglio in primo grado si può proporre reclamo con ricorso alla Corte d’appello, che pronuncia anch’essa in camera di consiglio. Il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione del decreto se è dato in confronto di una sola parte, o dalla notificazione se è dato in confronto di più parti. Salvo che la legge disponga altrimenti, non è ammesso reclamo contro i decreti della Corte d’appello e contro quelli del tribunale pronunciati in sede di reclamo. (1) (1)
La Corte costituzionale con sentenza 27 giugno 1986, n. 156 ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale del presente articolo nella parte in cui disciplinando il
reclamo avverso i decreti del giudice delegato (di determinazione dei
compensi ad incaricati per opera prestata nell’interesse della procura di
amministrazione controllata) fa decorrere il termine per reclamo dal deposito
del decreto in cancelleria anziché dalla comunicazione eseguita con il
rispetto delle vigenti disposizioni procedurali. _______________ Cfr.
Cass. Civ., sez. III, sentenza 25 febbraio 2008, n. 4719 e Cass. Civ., sez.
I, sentenza 14 novembre 2008, n. 27239 in Altalex Massimario. Art. 740. (Reclami del pubblico ministero) Il pubblico ministero, entro dieci giorni dalla comunicazione, può proporre reclamo contro i decreti del giudice tutelare e contro quelli del tribunale per i quali è necessario il suo parere. Art. 741. (Efficacia dei provvedimenti) I decreti acquistano efficacia quando sono decorsi i termini di cui agli articoli precedenti senza che sia stato proposto reclamo. Se vi sono ragioni d’urgenza, il giudice può tuttavia disporre che il decreto abbia efficacia immediata. (1) (1)
La Corte costituzionale con sentenza 27 giugno 1986, n. 156 ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale del presente articolo nella parte in cui disciplinando il
reclamo avverso i decreti del giudice delegato (di determinazione dei
compensi ad incaricati per opera prestata nell’interesse della procura di
amministrazione controllata) fa decorrere il termine per reclamo dal deposito
del decreto in cancelleria anziché dalla comunicazione eseguita con il
rispetto delle vigenti disposizioni procedurali. Art. 742. (Revocabilità dei provvedimenti) I decreti possono essere in ogni tempo modificati o revocati, ma restano salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in forza di convenzioni anteriori alla modificazione o alla revoca. Art. 742-bis. (Ambito di applicazione degli articoli precedenti) Le disposizioni del presente capo si applicano a tutti i procedimenti in camera di consiglio, ancorché non regolati dai capi precedenti o che non riguardino materia di famiglia o di stato delle persone. |
Ciò che si può dire in prima battuta è,
dunque, che:
· Il reclamo
avverso il provvedimento del notaio si propone, come detto, al tribunale come sopra
individuato;
· Poiché l’art. 78 del Regolamento impone(va) agli Stati membri di
comunicare alla
Commissione (non già e non solo l’autorità competente, bensì) “le procedure di ricorso di
cui all’art. 72”, tutte le
regole procedurali contenute nell’art. 739 c.p.c. vanno intese come
richiamate, ivi compresi, ad es.,
o
il termine di decadenza di dieci giorni, nonché
o
la non reclamabilità ulteriore
del provvedimento emesso dal tribunale in sede di reclamo;
· Quanto al profilo della decadenza, il richiamo all’art. 739 c.p.c. si rivela
quanto mai infelice,
tenuto conto del fatto che qui abbiamo procedure “para-contenziose” che sovente
si svolgono “nei confronti di più parti”; in particolare è dubbio se il termine
decorra dalla notificazione effettuata
dalla Cancelleria (ipotesi cui qui andrebbe assimilata un’eventuale notifica
disposta dal notaio), caso cui la Cassazione ha fornito risposta negativa, nel
senso che la notifica che fa decorrere il termine è solo quella richiesta dalla
parte:
Sez. 1, Ordinanza n. 462 del 13/01/2010 (Rv. 611532) Nei procedimenti camerali che si svolgono
"in confronto di più parti", quale quello di opposizione all’espulsione
dello straniero, la notificazione del provvedimento che abbia definito il
relativo procedimento è idonea a far decorrere il termine di dieci giorni per
la proposizione del reclamo solo se effettuata ad istanza di parte, così come
previsto nell’art. 739 secondo comma cod. proc. civ., e non anche quando sia
stata eseguita a ministero del cancelliere del giudice "a quo" o su
istanza del predetto ausiliare. Per effetto di tale disciplina, applicabile anche con riferimento ai
procedimenti contenziosi assoggettati al rito camerale, salvo che non sia
espressamente disposto in modo diverso, la notificazione del provvedimento
giudiziale sull’opposizione all’espulsione eseguita a cura della cancelleria
del giudice di pace è inidonea a far decorrere il termine breve per il
ricorso per cassazione. |
Sez. 1, Sentenza n. 13166 del 18/06/2005 (Rv. 581285) Ai
sensi del secondo comma dell’art. 739 cod. proc. civ., nei procedimenti in
camera di consiglio che si svolgono "in confronto di più parti", la notificazione del
provvedimento che abbia definito il relativo procedimento è idonea a far decorrere il termine
di dieci giorni
per la proposizione del reclamo solo quando sia stata effettuata ad istanza di una delle parti e non, quindi, quando sia
stata eseguita a ministero del cancelliere del giudice "a quo" o su istanza di
quell’ausiliare. Ne consegue che, per effetto di tale disciplina, applicabile
anche con riferimento ai procedimenti contenziosi assoggettati per legge al
rito camerale (salvo che non sia diversamente disposto in modo espresso), la
notifica del decreto emesso dal tribunale sul ricorso proposto,
"ex" art. 30, sesto comma, del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286,
avverso il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari,
eseguita a cura del cancelliere del giudice, non è idonea a determinare la
decorrenza del suddetto termine per il reclamo avverso il citato decreto. |
Ciò significa, in sostanza, che il termine, in difetto di
notifica operata da una parte, rimarrà aperto, a meno che la procedura dinanzi al notaio non si
sia svolta di fronte ad una parte sola; ciò, sempre ammesso e non concesso che
il concetto processuale di “parte”
sia in qualche modo riferibile ai “soggetti” che possono attivare la (e intervenire nella)
procedura in discorso;
· Quanto alla non reclamabilità ulteriore della decisione del tribunale,
desumibile dall’art. 739,
ult. cpv., c.p.c.,
va detto che essa può ritenersi “temperata” dall’applicabilità del rimedio ex
art. 742 c.p.c. (revocabilità
o modificabilità in
ogni tempo dei decreti camerali).