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Trascrivibilità dell’atto istitutivo di Trust nei
registri immobiliari — ammissibilità – Trascrizione con riserva – Esclusione. Tribunale di Milano, M. Manunta Pres., M. Padova
Rel., W. Saresella G., provvedimento del giorno 8 ottobre 2002. La massima: L'istituto del trust ha trovato riconoscimento
nell'ambito della nostra legislazione
nazionale a seguito della legge di ratifica (n. 364/1989) della
Convenzione dell'Aja del 1° luglio 1985, contenente la definizione,
l'individuazione dei connotati salienti e l'indicazione delle possibili forme
di disciplina di detto istituto. Secondo l'art. 12 della Convenzione il Trustee che
desidera registrare i beni mobili o immobili, o i documenti attinenti, avrà
facoltà di richiederne la iscrizione. Il Trust appare assimilabile al fondo patrimoniale (art.
167 c.c.) nel quale pure viene posto un limite — per il titolare formale di essi — alla disponibilità
di determinati beni per il raggiungimento di uno scopo determinato:
fronteggiare i bisogni familiari. In analogia alla previsione di cui all'art. 2647 c.c.
per la costituzione del fondo patrimoniale, anche l'atto
costitutivo del trust va dunque assoggettato a trascrizione. Ne consegue dunque che la riserva con la quale il
Conservatore ha proceduto alla trascrizione dell'atto costitutivo del trust
non è giustificata. il testo integrale: Il Tribunale come sopra costituito, sciogliendo la
riserva che precede; OSSERVA In data 3 luglio 2001 è stato costituito — con il
ministero del notaio dr. Aldo Ceschi — il trust n.10121/101221 di rep.,
denominato Trust Roma, con il quale il disponente sig. Aldo Bianchi ha
istituito in trust determinati beni (meglio specificati nel documento
allegato sub C) all'atto di costituzione), vincolati al mantenimento ed alla
sussistenza del fratello del disponente, sig. Giorgio Bianchi. Il predetto disponente ha chiesto al Conservatore dei
RR.II. di Milano la trascrizione dell'atto
di cui in premessa ed il Conservatore
ha provveduto all'incombente "con riserva". Avverso quest'ultima ha proposto ricorso ex art. 2674
bis c.c. il disponente. Ciò premesso, va anzitutto osservato che l'istituto del
trust, "creato dai tribunali di equità dei paesi della Common Law" (cfr.
Convenzione dell'Aja), ha trovato riconoscimento nell'ambito della nostra legislazione nazionale a seguito della legge
di ratifica (1.16/10/1989 n. 364) della Convenzione dell'Aja del 1° luglio
1985, contenente la definizione, l'individuazione dei connotati salienti e
l'indicazione delle possibili forme di disciplina di detto istituto. Il recepimento di quest'ultimo
nell'ambito dei diritto interno implica la necessità di applicare al trust —
in quanto compatibile — la nostra legislazione nazionale, laddove ciò si
renda necessario al fine di consentire all'atto istitutivo di raggiungere gli
scopi avuti di mira dal disponente (cfr. art. 15 ultimo comma della
Convenzione). La Convenzione dell'Aja prevede in proposito che "il trust è regolato dalla
legge scelta dal costituente" (art. 6) qualora — come nel caso di specie — la legge prescelta
preveda la categoria del trust (art. 7). In particolare al punto 11)
dell'allegato A dell'atto istitutivo del
"Trust Roma" si legge che
"il Trust è regolato dalla legge inglese. Le obbligazioni e la
responsabilità del Trustee sono
disciplinate cumulativamente dalla legge regolatrice del Trust e dalla
legge italiana. Per l'applicazione della
legge italiana il Trustee è considerato quale gestore di beni che, sebbene
di sua proprietà, sono destinati a soddisfare esclusivamente gli interessi
altrui e ad essere trasferiti ai Beneficiari Finali. La validità, l'efficacia
e l'opponibilità degli atti del Trustee posti in essere in Italia
o riguardanti beni siti in Italia sono regolate dalla legge italiana". Nel caso che ci occupa non è
oggetto di valutazione la validità o meno del trust, ma unicamente il profilo
strettamente formale della sua trascrivibilità nei RR.II.. Ritiene il Collegio che la
rilevanza attribuita dalla Convenzione dell'Aja alla disciplina prescelta dal
disponente sia determinante ai fini della decisione e dunque va richiamata la
previsione di cui al punto 11) dell'atto istitutivo del Trust, più sopra
enunciata testualmente. Nell'atto istitutivo del Trust
Roma peraltro — al punto 36) relativo al
"regime dei beni del
Trust" — è previsto che "tutte le volte che si tratti di
beni o diritti iscritti o iscrivibili in registri, pubblici o privati, il
Trustee è tenuto a richiederne l'iscrizione o nella sua qualità di Trustee del Trust o al nome del Trust o in qualsiasi
altro modo che riveli l'esistenza del Trust". A tale disposizione unilaterale
va coordinata la previsione contenuta nell'art. 12 della Convenzione, per la
quale "il Trustee che desidera registrare i beni mobili o immobili, o i
documenti attinenti, avrà facoltà di richiedere la iscrizione nella sua
qualità di trustee o in qualsiasi altro modo che riveli l'esistenza del
trust, a meno che ciò non sia vietato o sia incompatibile a norma della legislazione
dello Stato nel quale la registrazione deve aver luogo". Dunque la Convenzione non ha adottato una disciplina
"impositiva" di una forma di pubblicità per il trust, ma ha fatto
salva la facoltà del trustee di provvedere ad essa, qualora non sia vietata o
sia incompatibile con la legislazione interna nazionale dello Stato in cui la
registrazione viene richiesta. Dalla lettura combinata delle disposizioni contenute
nella Convenzione e delle previsioni unilaterali contenute nell'atto
istitutivo del trust consegue che la possibilità per il trustee di richiedere
la trascrizione del trust è connessa
all'assenza di un divieto nella legislazione nazionale italiana ovvero
alla sua compatibilità con essa. In tale ambito rileva dunque valutare il contenuto e la funzione
della figura giuridica del trust. L'istituto del trust — come evidenziato in
premessa — trova riconoscimento nel diritto interno a seguito della ratifica
operata dalla nostra legge nazionale del 16 ottobre 1989. Peraltro — in virtù del recepimento diretto
dal testo della Convenzione dell'Aja — il trust entra nell'ambito del nostro
ordinamento giuridico nei termini previsti dalla Convenzione stessa. Quest'ultima non contiene una disciplina
puntuale, né definisce concettualmente l'istituto, ma si limita
(come evidenziato) ad individuame le caratteristiche strutturali salienti ed
a stabilire un criterio di riferimento per determinare la legge regolatrice. A tale ultimo riguardo dal combinato disposto dì cui
agli art. 2 e 11 della Convenzione si evince che nel trust si individuano: A)
un disponente (il soggetto che istituisce il trust); B) un insieme di beni
(mobili e/o immobili) costituenti l'oggetto del trust, originariamente di
proprietà del disponente, ma che in virtù del trust vengono intestati al trustee
senza però entrare a far parte del patrimonio di quest'ultimo,
costituendo invece una "massa distinta", da gestire nell'interesse
del beneficiario ovvero per un fine specifico; C) il trustee (il soggetto
onerato del controllo e gestione dei beni di cui al capo B); D) il
beneficiario del trust ovvero lo scopo
specifico al quale è mirata l'istituzione del trust. Dai connotati salienti del trust ora enunciati emerge
come l'intestazione dei beni del trust passi formalmente dal disponente al
trustee per costituire una "massa distinta" dal patrimonio di
quest'ultimo, al quale viene posto un limite di disponibilità, in quanto essa
è vincolata dalla destinazione stabilita nel trust, così che il trustee non
ne possa disporre in proprio né essa possa essere aggredita dai creditori del
trustee o suscettibile di atti di disposizione anche mortis causa da parte
del gestore. Si tratta dunque di una sorta di
"cristallizzazione" dei beni, sottratti al patrimonio del
disponente, ma non entrati a far parte neppure del patrimonio del trustee,
che su di essi ha unicamente poteri e doveri di gestione fiduciaria nei
termini stabiliti dall'atto istitutivo del trust. Nell'ottica della problematica rappresentata dalla
trascrivibilità dell'atto costitutivo del trust, appare consequenziale
come, in presenza dei connotati sopra individuati, il trust non possa essere
assimilato ad un atto di trasferimento della proprietà o ad uno di quelli
elencati all'art. 2643 c.c. ovvero di cui all'art. 2645 c.c.. Piuttosto il Trust appare assimilabile
al fondo patrimoniale (art. 167 c.c.) nel quale pure viene posto un limite —
per il titolare formale di essi — alla
disponibilità di determinati beni per il raggiungimento di uno scopo
determinato: fronteggiare i bisogni familiari. In analogia alla previsione di
cui all'art. 2647 c.c. per la costituzione del fondo patrimoniale, anche l'atto
costitutivo del trust va dunque assoggettato a trascrizione. Peraltro l'assimilazione di
carattere sostanziale sopra evidenziata induce alla prospettata conseguenza
sul regime di pubblicità dell'atto costitutivo proprio in considerazione
dell'esigenza di rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione posto
a carico dei beni, trattandosi di beni aventi natura immobiliare (per i quali
il legislatore nazionale prevede una disciplina tutta improntata al regime
pubblicistico). Ne consegue dunque che la
riserva con la quale il Conservatore ha proceduto alla trascrizione dell'atto
costitutivo del trust non è giustificata. P. Q. M. Ordina al Conservatore — con esonero dello stesso da
ogni responsabilità — di eliminare la riserva apposta alla trascrizione
dell'atto datato 3 luglio 2002, di cui al n.218419/29424 di rep. oggetto del
presente ricorso, trascritto con riserva in Milano in data 10 luglio 2002 al
n. Reg. Gen. e n. Registro particolare. |