8. Secondo corollario: i rapporti con il decreto di omologazione della separazione consensuale (e con la sentenza di divorzio su domanda congiunta).

 

Parte della dottrina ([117]), seguita da un’improvvida decisione di merito ([118]), ha voluto contestare l’impugnabilità per via dei rimedi ordinari dell’accordo di separazione per motivi concernenti l’esistenza e l’integrità del consenso ([119]), asserendo che l’intesa, una volta omologata, finirebbe con il «confondersi» con il relativo provvedimento giudiziale, con la conseguente ammissibilità dei soli rimedi del reclamo e della revoca, ex art. 742 c.p.c., da indirizzarsi verso il decreto d’omologa ([120]).

Non potrà farsi a meno di ribadire in questa sede ([121]) che argomentare in questo modo significa confondere tra di loro provvedimento d’omologazione e intesa omologata, laddove le disposizioni di tipo processuale dettate per far valere i vizi attinenti al decreto (e al relativo procedimento) non paiono estensibili all’accordo, a meno di volersi collocare in una prospettiva di tipo «panprocessualistico», nella quale, cioè, le manifestazioni di volontà dei coniugi perdono di significato autonomo per divenire, in buona sostanza, meri atti processuali ([122]). La soluzione si porrebbe però in pieno contrasto con il disposto dell’art. 158 c.c., che fa dipendere la separazione dal «solo consenso» dei coniugi, attribuendo al giudice un mero potere di controllo nell’àmbito di una procedura d’omologazione, destinata a concludersi non già con una sentenza costitutiva dei rapporti tra i coniugi separati, ma con un decreto che si pone quale semplice condizione di efficacia del consenso manifestato. Tanto per fare un esempio, nessuno si sognerebbe certo di far valere tramite rimedi quali il reclamo o la revoca (ex artt. 739 e 742 c.p.c.) l’eventuale annullabilità per dolo del contratto concluso dal tutore, ritualmente autorizzato ([123]).

Dottrina e giurisprudenza hanno del resto già avuto modo di affermare che – tutto al contrario rispetto alla tesi qui criticata – il carattere non definitivo del provvedimento che chiude il procedimento di separazione consensuale consente la proposizione di autonoma azione diretta all’accertamento dell’eventuale nullità dell’accordo di separazione, così come dell’eventuale nullità del provvedimento ([124]). Il decreto di omologazione, invece, è impugnabile «per vizio proprio di legittimità» ([125]), cioè per la violazione di disposizioni attinenti al procedimento in sé considerato e non già al negozio che il procedimento tende meramente a «controllare» ([126]).

Per tornare alla dottrina, non sarà inutile ricordare che, secondo l’insegnamento di Fr. Ferrara Sen., allorquando lo Stato «vuole riservarsi un giudizio preventivo sull’opportunità e legittimità di [un] atto e ne subordina il compimento alla sua permissione (autorizzazione), oppure si limita a riconoscere ex post questa legittimità specialmente perché precedono altre garanzie, e a darne la successiva approvazione (omologazione) (…) quest’attività rimane estranea al contenuto intrinseco dell’atto, e quindi non vale a modificarlo o a sanarlo. L’atto che si autorizza od omologa può esser stato quindi compiuto seriamente o in apparenza dalle parti e l’intervento dell’autorità non impedisce la possibilità di simulazione. Inesattamente perciò gli scrittori medievali considerano come un ostacolo alla simulazione il decretum principis rigettando ogni impugnativa al riguardo» ([127]).

D’altro canto, come è stato pure rimarcato, «può essere simulato (…) l’atto privato autorizzato da un pubblico ufficiale (partecipe o non partecipe dell’intesa simulatoria). La soluzione è ben sperimentata a proposito del contratto concluso dal padre in nome del figlio minore, con autorizzazione del giudice tutelare» ([128]).

           A quanto sopra viene ora ad aggiungersi la sentenza qui in commento, la quale, pur senza affrontare expressis verbis il tema del procedimento ex art. 742 c.p.c., individua chiaramente nel procedimento contenzioso ordinario la via da seguire per chiunque sia interessato a far valere la nullità per simulazione delle intese di separazione consensuale ([129]).

 

 

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([117]) De Paola, Il diritto patrimoniale della famiglia coniugale, I, Milano, 1991, 242. L’autore richiama in nota, quale precedente, Cass., 25 settembre 1978, n. 4277, in Foro it. 1979, I, 718; in Giust. civ., 1979, I, 83, che ha negato l’applicabilità agli accordi di separazione dei principi del contratto a favore di terzo. Peraltro tale infelice arresto (per una critica del quale cfr. Oberto, I contratti della crisi coniugale, cit., 199 ss., 210 ss.) è stato ampiamente superato dalla successiva giurisprudenza di legittimità (v. Oberto, I contratti della crisi coniugale, cit., 210 ss.; Id., Prestazioni «una tantum» e trasferimenti tra coniugi in occasione di separazione e divorzio, cit., 77, 153 ss.).

([118]) App. Bologna, 17 maggio 2000, cit., secondo cui «Il decreto di omologazione della separazione consensuale dei coniugi può essere revocato, nell’ipotesi di simulazione degli accordi stipulati dai coniugi e da questi espressamente ammessa, applicando a tali accordi le disposizioni sui contratti in generale». Condivide il decisum Ronco, op. cit., 66 s., che perviene a tale conclusione sulla base della premessa, non condivisibile, secondo cui l’unica alternativa alla revoca sarebbe costituita dal «punire la leggerezza dei coniugi menzogneri e tenerli ‘incastrati’ per sempre a quella loro fittizia volontà di separarsi».

([119]) Nulla di simile è invece, a quanto pare, accaduto sino ad ora per quanto attiene al profilo della revoca degli atti fraudolenti.

([120]) Sul problema in generale della revocabilità del decreto di omologazione ex art. 742 c.p.c. cfr. Cass., 24 agosto 1990, n. 8712, in Giust. civ., 1990, I, 2826, in senso favorevole. Contra F. Finocchiaro, Del matrimonio, cit., 475; De Filippis e Casaburi, Separazione e divorzio, Padova, 1998, 109 s., secondo cui, mentre per la modifica soccorrono in modo espresso gli art. 710 e 711 ult. cpv., c.p.c. (e 155, ult. comma, c.c.), per la revoca l’istituto della riconciliazione dovrebbe rendere inutile – o meglio, priva di interesse – l’azione volta a far cadere l’omologa, in ragione del pieno ristabilirsi tra i coniugi della comunione di vita spirituale e materiale. Del resto, secondo quanto dispone l’art. 157 c.c., gli effetti della separazione cessano «senza che sia necessario l’intervento del giudice», qualora i coniugi, con dichiarazione espressa o con comportamenti inequivoci, rivelino una voluntas contraria rispetto a quella manifestata all’atto della separazione.

([121]) Cfr. Oberto, Prestazioni «una tantum» e trasferimenti tra coniugi in occasione di separazione e divorzio, cit., 144 s. ; approva la soluzione Sala, Simulazione dell’accordo di separazione consensuale?, cit., 62 s.

([122]) V. sul punto l’isolata, per quanto autorevole, opinione di Mandrioli e Carnacini, Il procedimento di separazione personale dei coniugi, in Aa. Vv., La separazione personale dei coniugi, Milano, 1965, 40.

([123]) Nel senso dell’impugnabilità dell’accordo di separazione per vizi del consenso a mezzo di apposito giudizio ordinario di cognizione v. Doria, «Negozio» di separazione consensuale dei coniugi e revocabilità del consenso, cit., 513; Dogliotti, op. cit., 13 s.; Mora, op. loc. ultt. citt.; nel senso che «l’esistenza di un controllo preventivo non sembra escludere quello successivo volto a rilevare possibili ragioni di invalidità dell’accordo così raggiunto» v. anche Alpa e Ferrando, op. cit., 510.

([124]) Cfr. Degni, Il diritto di famiglia nel nuovo codice civile italiano, Padova, 1943, 253; Cass., 13 luglio 1979, n. 4079, in Foro it., 1979, I, 2611; in Giust. civ., 1980, I, 1391; in Dir. fam. pers., 1980, 66.

([125]) Così testualmente Cass., 24 agosto 1990, n. 8712, in Giust. civ., 1990, I, 2826.

([126]) Sulla funzione di controllo propria del procedimento di omologazione cfr. Oberto, I contratti della crisi coniugale, cit., 246 ss.

([127]) Fr. Ferrara Sen., op. cit., 93. Si noti peraltro che l’idea secondo cui «Simulatio excluditur, si actus publice, et palam ac auctoritate judicis expletus fuerit» non fu certo solo prerogativa della dottrina medievale: cfr. per esempio la decisione della Rota Romana, 9 giugno 1684, in Sacrae Rotae Romanae Decisiones, et Summorum Pontificum Constitutiones Recentissimae, Theatrum Veritatis et Justitiae Cardinalis de Luca (…) Amplectentes, confirmantes, et laudantes (c.d. Mantissa al Theatrum Veritatis et Justitiae del Card. de Luca), I, Venetiis, 1706, 3 s.

([128]) Sacco, Il contratto, Torino, 1975, 393. Con specifico riguardo all’accordo di separazione consensuale cfr. inoltre Butera, op. loc. ultt. citt.

([129]) In questo senso parrebbe orientato anche un precedente di merito, relativamente all’ipotesi dell’annullamento per dolo (cfr. Trib. Roma, 27 gennaio 1986, cit.).

Potrà chiedersi a questo punto quale soluzione sia configurabile per il problema della simulazione delle intese poste a base di un’intesa di divorzio su domanda congiunta. Facendo ancora una volta richiamo alle conclusioni sviluppate in altra sede sul tema dei rapporti tra accordo delle parti e pronuncia del tribunale, andrà ripetuto che la veste di «sentenza» prevista dall’art. 4, tredicesimo comma, l.div. per il provvedimento conclusivo della procedura nulla toglie alla possibilità per le parti (così come per i terzi, quando legittimati) di far valere l’invalidità sia dell’intesa di divorziare, sia degli accordi ad essa collegati e conseguenti: cfr. Oberto, I contratti della crisi coniugale, cit., 1338 ss.; Id., Prestazioni «una tantum» e trasferimenti tra coniugi in occasione di separazione e divorzio, 232 ss.

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