LA CASSAZIONE CONSOLIDA IL SUO ORIENTAMENTO SUGLI ACCORDI TRANSATTIVI SOTTOSCRITTI DAI CONIUGI IN CORSO DI SEPARAZIONE, SOSTENENDO L’EFFICACIA DEGLI STESSI ANCHE SE NON OMOLOGATI DAL GIUDICE (CASSAZIONE 03/12/2015 N. 24621)
Con la sentenza 3 dicembre 2015, n. 24621 la Corte di Cassazione è intervenuta nuovamente in materia di transazioni sottoscritte dai coniugi in sede di separazione, affermando che «L'accordo tra le parti in materia di regolamentazione delle condizioni di separazione dei coniugi, per la parte disponibile, ha effetto anche se non è stato trasfuso in un atto sottoposto al giudice per l'omologazione, avendo natura negoziale tra le parti» (1).
Nel caso specifico la separazione dei coniugi veniva pronunciata dal Tribunale, con disposizioni anche per le attribuzioni patrimoniali. Impugnata la decisione per il dissenso in ordine a queste ultime, nel corso del giudizio di appello le parti erano addivenute ad un accordo transattivo con cui definivano le relative assegnazioni di beni, abbandonando il giudizio.
Successivamente, la moglie conveniva in giudizio l'ex marito, per far dichiarare la risoluzione dell'accordo transattivo per suo inadempimento. In accoglimento di tale domanda, il Tribunale dichiarava la risoluzione del contratto transattivo tra le parti per esclusivo inadempimento di notevole importanza in capo al convenuto. Quest’ultimo proponeva appello, ed in seguito a tale gravame, la Corte, riformando interamente la sentenza di primo grado, dichiarava inammissibile la domanda di risoluzione dell'accordo transattivo.
Nella pronuncia della Corte di Appello si osserva che l'accordo tra le parti in materia di regolamentazione delle condizioni di separazione dei coniugi rimane senza effetto se non trasfuso in un atto sottoposto al giudice per l'omologazione, per cui, nel caso specifico, non essendo stato portato l'accordo al vaglio della Corte adita, lo stesso non avrebbe effetti, con la conseguenza del passaggio in giudicato della sentenza di primo grado e delle relative statuizioni e quindi con le attribuzioni patrimoniali previste dal Tribunale.
Contro tale decisione è stato proposto ricorso in Cassazione.
Così occasionata, la pronuncia della Suprema Corte non ha mancato di rilevare l’evoluzione normativa (2) e giurisprudenziale (3) verso un sempre maggiore riconoscimento dell’autonomia negoziale dei coniugi per la regolamentazione dei loro rapporti. In particolare, si evidenzia come tradizionalmente gli accordi negoziali in materia familiare, erano ritenuti del tutto estranei alla materia e alla logica contrattuale, affermandosi che si perseguiva un interesse della famiglia trascendente quello delle parti, e l’elemento patrimoniale, ancorché presente, era strettamente collegato e subordinato a quello personale. Oggi, invece, escludendosi in genere che l’interesse della famiglia sia superiore e trascendente rispetto alla somma di quelli, coordinati e collegati, dei singoli componenti, si ammette sempre più frequentemente un’ampia autonomia negoziale, e la logica contrattuale, seppur con qualche cautela, là dove essa non contrasti con l’esigenza di protezione dei minori o comunque dei soggetti più deboli, si afferma con maggior convinzione (4).
E sulla base di questa autonomia negoziale riconosciuta ai coniugi, viene ribadito che gli accordi omologati non esauriscono necessariamente ogni rapporto tra gli stessi, ma, anche in considerazione di quanto riscontrato nella prassi, è possibile ipotizzare accordi anteriori, contemporanei o magari successivi alla separazione o al divorzio, nella forma della scrittura privata o dell'atto pubblico.
Federica Tresca
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1) Cassazione civile, sez. III, 03/12/2015, n. 24621, in Diritto & Giustizia 2015.
2) Circa la generale evoluzione del sistema normativo verso un sempre maggiore riconoscimento dell’autonomia negoziale dei coniugi per la regolamentazione dei loro rapporti, ad oggi non si può non considerare il d.l. 132/2014 che all’art. 6 prevede le convenzioni di negoziazione assistita per le soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.
3) Cass., 20/08/2014, n. 18066, in Giustizia Civile Massimario 2014 «In caso di separazione consensuale o divorzio congiunto (o su conclusioni conformi), la sentenza incide sul vincolo matrimoniale ma, sull'accordo tra i coniugi, realizza - in funzione di tutela dei diritti indisponibili del soggetto più debole e dei figli - un controllo solo esterno attesa la natura negoziale dello stesso, da affermarsi in ragione dell'ormai avvenuto superamento della concezione che ritiene la preminenza di un interesse, superiore e trascendente, della famiglia rispetto alla somma di quelli, coordinati e collegati, dei singoli componenti. Ne consegue che i coniugi possono concordare, con il limite del rispetto dei diritti indisponibili, non solo gli aspetti patrimoniali, ma anche quelli personali della vita familiare, quali, in particolare, l'affidamento dei figli e le modalità di visita dei genitori». Già secondo Cass., 22/01/1994 n. 657, in Banca Dati DeJure, è «pienamente rispondente ai principi del diritto di famiglia il fatto che le dinamiche dell'accordo fra i coniugi separati siano anzitutto governabili dall'intesa e dal senso di responsabilità dei medesimi».
4) Anche la dottrina si esprime a favore della validità delle intese preventive tra coniugi tutte le volte in cui sia dato accertare l’assenza di alcuna influenza sulla condotta processuale delle parti e sulla determinazione dello status. Per cui, sebbene sia indiscutibilmente nulla per contrarietà all’ordine pubblico (di cui è espressione il principio di indisponibilità degli status) la convenzione con cui si disponesse del diritto di chiedere la separazione o il divorzio – essendo questo un diritto irrinunciabile e fondamentale della persona e qualificante il suo status – lo stesso non può dirsi con riferimento alle convenzioni che hanno ad oggetto, esclusivamente, il regolamento di rapporti patrimoniali, essendo ben possibile che le parti, al di fuori da ogni condizionamento, abbiano voluto semplicemente regolamentare l’assetto di tali rapporti, prevenendo anche una possibile fonte di litigiosità futura. “In questi casi sembra che essi facciano legittimo esercizio della propria autonomia patrimoniale, e che nulla osti alla validità degli accordi” (M. Romano e M. Sgroi, Gli accordi preventivi in vista della crisi coniugale. Come disciplinare i rapporti patrimoniali tra le parti, in Famiglia e patrimonio, a cura di G. Oberto, 2014, 61 s., anche per altri riferimenti dottrinali).
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Cassazione civile sez. III, 03/12/2015, n. 24621
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La presente controversia trae origine da una transazione sottoscritta nel gennaio 2002 da due coniugi, Tizia e Caio, nelle more del giudizio d'appello della separazione.
Era infatti accaduto che nel 1999 lo stesso tribunale di Ancona aveva pronunciato la separazione personale dei coniugi, provvedendo anche per le attribuzioni patrimoniali richieste dalle parti. Impugnata la decisione per il dissenso in ordine a queste ultime, nel corso del giudizio di appello le parti erano addivenute ad un accordo transattivo, mettendo a punto un dettagliato piano di assegnazioni di beni. Il giudizio di appello era stato quindi abbandonato.
Nel 2005, Tizia convenne in giudizio l'ex marito per far dichiarare la risoluzione dell'accordo transattivo concluso tra le parti per inadempimento e colpa esclusiva di Caio.
Si difese il convenuto chiedendo il rigetto della pretesa avversaria ed in via riconvenzionale che fosse pronunciata la proprietà esclusiva su beni indicati in comparsa e il risarcimento di tutti danni conseguenti alla trascrizione della citazione pregiudizievole ed impeditiva di ogni possibile esercizio dei suoi diritti, oltre il danno esistenziale. In via riconvenzionale subordinata chiese la condanna dell'attrice alla restituzione di tutte le somme erogate dallo stesso in esecuzione della scrittura privata ed il riconoscimento della proprietà della metà dell'immobile sito in (OMISSIS).
Il Tribunale di Ancona, con la sentenza n. 1117 del 9 giugno 2006 accolse la domanda dell'attrice, dichiarò la risoluzione del contratto transattivo fra le parti per esclusivo inadempimento, di notevole importanza, in capo al convenuto e lo condannò alle spese.
2. La decisione è stata riformata dalla Corte d'Appello di Ancona, con sentenza n. 558 del 25 settembre 2012. La Corte territoriale ha dichiarato inammissibile la domanda di risoluzione dell'accordo transattivo proposta da Sempronio e Mevio, eredi di Tizia nelle more deceduta.
Ha osservato la corte che l'accordo tra le parti in materia di regolamentazione delle condizioni di separazione dei coniugi rimane senza effetto se non trasfuso in un atto sottoposto al giudice per l'omologazione. Non avendo le parti nella specie portato la transazione al vaglio della corte d'appello adita, si è determinato il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, a seguito dell'estinzione del giudizio di appello per inattività delle parti, e la preclusione della domanda di risoluzione.
3. Avverso tale decisione, Caio propone ricorso in Cassazione sulla base di cinque motivi.
3.1 Resiste con controricorso Sempronio, illustrato da memoria.
4.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce la "violazione e falsa applicazione di norme di diritto, art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione agli artt. 1322, 158 e 160 c.c., ed agli artt. 710 e 711 c.p.c.".
4.2. Con il secondo motivo, denuncia la "violazione o falsa applicazione di norme di diritto art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione agli artt. 1362, 1363, 1367 c.c., nonchè violazione e falsa applicazione di norme di diritto, art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione agli artt. 1322, 158 e 160 c.c., ed agli artt. 710 e 711 c.p.c., e/o in subordine, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti".
Lamenta Caio con i due motivi che la sentenza dei giudici del merito è errata laddove ha applicato principi di questa Corte riferibili a pattuizioni tra coniugi precedenti o contemporanei alle separazioni consensuali ed ha, conseguentemente, ritenuto non validi gli accordi sottoscritti dai coniugi con la scrittura del 2002 perchè non riversati nelle conclusioni del giudizio d'Appello.
4.3. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la "nullità della sentenza della Corte d'Appello di Ancona o del procedimento per extrapetizione o ultrapetizione ex art. 112 c.p.c. (art. 160 c.p.c., n. 4), nonchè violazione dell'art. 100 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3) per erronea interpretazione delle domande ed eccezioni che conduce il giudice ad andare oltre i limiti delle stesse, come nella sostanza e volontà proposte e contro l'interesse del rispettivo deducente e violazione art. 1421 c.c.".
Lamenta il ricorrente che la Corte d'Appello ha errato perchè non ha mai chiesto che la scrittura fosse dichiarata nulla o invalida ma l'esatto contrario, come si evince anche dalla domanda riconvenzionale principale autonoma fondata proprio sulla validità della scrittura privata. Denuncia altresì che la Corte d'Appello, in conseguenza dell'accoglimento del motivo di inammissibilità ha ritenuto assorbite le altre censure.
4.4. Con il quarto motivo, denuncia la "violazione o falsa applicazione di norme di diritto art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all'art. 1242 c.c., e art. 112 c.p.c..
4.5. Con il quinto motivo, denuncia la "violazione e falsa applicazione dell'art. 1242 c.c., e artt. 112 e 115 c.p.c., art. 94 d.a.c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè omesso esame di un fatto decisivo (art. 360 c.p.c., n. 5)":
Con gli ultimi due motivi si lamenta che la Corte d'Appello abbia in relazione alla richiesta di restituzioni di certi importi effettuato delle compensazioni in assenza di domanda o di eccezione. Per quanto riguarda poi la restituzione dei canoni dell'immobile locato a farmacia ha ritenuto che "nulla è dato conoscere dell'immobile o del relativo canone". Ciò nonostante li stessi fossero stati identificati, dal ricorrente, con l'atto di appello.
5. I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente e sono fondati.
Com'è noto, nell'accordo tra le parti, in sede di separazione e di divorzio, si ravvisa un contenuto necessario (attinente all'affidamento dei figli, al regime di visita dei genitori, ai modi di contributo al mantenimento dei figli, all'assegnazione della casa coniugale, alla misura e al modo di mantenimento, ovvero alla determinazione di un assegno divorziale per il coniuge economicamente più debole) ed uno eventuale (la regolamentazione di ogni altra questione patrimoniale o personale tra i coniugi stessi).
Tradizionalmente gli accordi "negoziali" in materia familiare, erano ritenuti del tutto estranei alla materia e alla logica contrattuale, affermandosi che si perseguiva un interesse della famiglia trascendente quello delle parti, e l'elemento patrimoniale, ancorchè presente, era strettamente collegato e subordinato a quello personale. Oggi, escludendosi in genere che l'interesse della famiglia sia superiore e trascendente rispetto alla somma di quelli, coordinati e collegati, dei singoli componenti, si ammette sempre più frequentemente un'ampia autonomia negoziale, e la logica contrattuale, seppur con qualche cautela, là dove essa non contrasti con l'esigenza di protezione dei minori o comunque dei soggetti più deboli, si afferma con maggior convinzione.
Questa Corte da tempo ritiene che la clausola di trasferimento di immobile tra i coniugi, contenuta nei verbali di separazione o recepita dalla sentenza di divorzio congiunto o magari, come nella specie, sulla base di conclusioni uniformi, è valida tra le parti e nei confronti dei terzi, essendo soddisfatta l'esigenza della forma scritta (tra le prime pronunce al riguardo, Cass. 11 novembre 1992, n.12110 e, ancora recentemente, Cass. n. 2263 del 2014), cosi come il trasferimento o la promessa di trasferimento di immobili, mobili o somme di denaro, quale adempimento dell'obbligazione di mantenimento (o assistenziale) da parte di un coniuge nei confronti dell'altro (tra le altre, Cass. 17 giugno 1992 n. 7470). Va altresì precisato che gli accordi omologati non esauriscono necessariamente ogni rapporto tra i coniugi. Si potrebbero ipotizzare (e nella prassi ciò accade frequentemente) accordi anteriori, contemporanei o magari successivi alla separazione o al divorzio, nella forma della scrittura privata o dell'atto pubblico. Al riguardo, la giurisprudenza di questa Corte è variamente intervenuta, con particolare riferimento agli accordi extragiudiziali, in occasione della separazione, attraverso una complessa evoluzione verso una più ampia autonomia negoziale dei coniugi. Dapprima si affermava che tutti i patti intercorsi tra i coniugi, in vista della separazione, anteriori, coevi o successivi, indipendentemente dal loro contenuto, dovevano essere sottoposti al controllo del giudice che, con il suo decreto di omologa, conferiva ad essi valore ed efficacia giuridica.
Successivamente si cominciò ad effettuare distinzione sul contenuto necessario ed eventuale delle separazioni consensuali, sui rapporti tra i genitori e figli, riservati al controllo del giudice, e tra coniugi, che, almeno tendenzialmente, rimanevano nell'ambito della loro discrezionale ed autonoma determinazione, in base alla valutazione delle rispettive convenienze, fino a sostenere successivamente l'autonomia negoziale dei genitori, anche nel rapporto con i figli, purchè si pervenga ad un miglioramento degli assetti concordati davanti al giudice (tra le altre, Cass. n. 657/1994; Cass. n. 23801/2006).
Al contrario, la giurisprudenza di questa Corte è rimasta, per lungo tempo, tradizionalmente orientata a ritenere gli accordi assunti prima del matrimonio o magari in sede di separazione consensuale, in vista del futuro divorzio, nulli per illiceità della causa, perchè in contrasto con i principi di indisponibilità degli status e dello stesso assegno di divorzio (tra le altre Cass. n. 6857/1992).
Giurisprudenza più recente ha sostenuto che tali accordi non sarebbero di per sè contrari all'ordine pubblico.
Come si è detto, l'accordo delle parti in sede di separazione o di divorzio (e magari quale oggetto di precisazioni comuni in un procedimento originariamente contenzioso) ha natura sicuramente negoziale, e talora da vita ad un vero e proprio contratto (Cass. n. 18066/2014; Cass. n. 19304/2013; Cass. n. 23713/2012). Ma, anche se esso non si configurasse come contratto, all'accordo stesso sarebbero sicuramente applicabili alcuni principi generali dell'ordinamento come quelli attinenti alla nullità dell'atto o alla capacità delle parti, ma pure alcuni più specifici (ad es. relativi ai vizi di volontà).
La corte territoriale, facendo proprio un principio applicabile però alla ipotesi di separazione consensuale (Cass. 9 aprile 2008 n. 9174), ha dunque errato nel ritenere che le parti non potessero validamente regolamentare interessi di carattere patrimoniale ai margini del giudizio di separazione, pendente appunto in grado di appello e proprio in relazione alla composizione del relativo contrasto; e che quindi fosse privo di effetti l'accordo transattivo raggiunto nel corso del giudizio stesso, abbandonato a seguito di questo.
6. Il ricorso va quindi accolto in relazione ai primi due motivi, restando assorbiti gli altri, compreso il terzo, a prescindere dalle peraltro significative censure di extrapetizione in relazione ad una invalidità mai rilevata dalle parti.
La corte d'appello avrebbe dovuto, provvedendovi ora in sede di rinvio, esaminare nel merito le doglianze proposte da Caio contro la sentenza di primo grado con riferimento all'accordo transattivo utilmente raggiunto tra le parti in corso di causa e idoneo a produrre autonomi effetti obbligatoli.
6.1. Il giudice di rinvio provvederà inoltre in ordine alle spese dell'intero giudizio, comprese quelle di cassazione.
PQM
la Corte accoglie i primi due motivi del ricorso per quanto di ragione, ritiene assorbiti gli altri, rinvia, anche per le spese alla Corte d'Appello di Ancona in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 23 settembre 2015.
Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2015