Relazione al Consiglio
Superiore della Magistratura
sul seminario dal titolo:
«Demain, quel juge
impartial»,
organizzato dall’Ecole
Nationale de
e svoltosi a Parigi il
giorno 8 dicembre 2003
Il giorno 8 dicembre 2003 si
è svolto a Parigi un seminario sul tema «Demain, quel juge impartial»,
organizzato dall’Ecole Nationale de
a) Articolazione del seminario. Notazioni
introduttive
Il colloque in
oggetto si è articolato nelle seguenti quattro sessioni: a) Notazioni
introduttive; b) Evoluzione giurisprudenziale sul tema dell’imparzialità del
giudice; c) Significato del concetto di imparzialità del giudice nell’odierna
realtà francese; d) L’imparzialità del giudice in Europa.
Aprendo il colloque,
il Direttore dell’Ecole Nationale de
http://www.justice.gouv.fr/publicat/rapportcabannes.pdf).
Ha preso quindi la parola
Marcel Lemonde, Presidente di sezione presso
Marcel Lemonde ha quindi
proseguito il suo intervento sottolineando come il gruppo di lavoro costituito
presso l’E.N.M. abbia preso in esame testi stranieri sul tema,
dal codice etico dei magistrati italiani (di cui una versione francese è stata
inserita nel testo summenzionato), al progetto c.d. di Bangalore, al Model
Code of Judicial Conduct dell’American Bar Association, ai Principes
de déontologie judiciaire del Consiglio Canadese della Magistratura, al
parere espresso nel 2002 dal Consiglio Consultivo dei Giudici costituito presso
il Consiglio d’Europa. Il relatore è passato quindi ad illustrare in concreto
alcuni dei principi tratti dal documento intitolato L’impartialité du juge.
Principes directeurs et recommandations, stilato nel corso dell’atelier
di cui si è detto in precedenza. In particolare, ha messo in evidenza
l’importanza attribuita (dal principio n. 3) alla salvaguardia
dell’imparzialità e dell’apparenza d’imparzialità nelle relazioni per così dire
«esterne», ed in particolare in quelle con gli organi di stampa.
Un’altra questione toccata
dal relatore ha riguardato il profilo dell’adesione del giudice ad associazioni
o gruppi che (come ad es. la massoneria) richiedano un giuramento di fedeltà o
comunque comportino un vincolo di solidarietà tra gli aderenti (principio n.
13), con ampi riferimenti non solo, come era ovvio, all’esperienza italiana, ma
anche a quelle di altri Paesi (Francia e Gran Bretagna) in cui si è posto o si
va ponendo il medesimo problema. Infine, un richiamo molto «forte» è stato
fatto da Lemonde al principio del «juge-citoyen» (principio n. 12), anche per
contrastare i timori, da taluni espressi, di una tyrannie de l’apparence,
riaffermando la pienezza dei diritti del giudice in quanto cittadino come gli
altri, ancorché sottoposto ad uno specifico (e dai francesi sovente
sottolineato) devoir de réserve.
b) Evoluzione giurisprudenziale sul tema
dell’imparzialità del giudice
E’ stata quindi la volta di
Françoise Tulkens, Giudice presso
Come si legge infatti al punto 12 del citato parere, «L’indépendance judiciaire
présuppose une impartialité totale de la part des juges. Lorsqu’ils tranchent entre les parties, les juges doivent être
impartiaux, c’est-àdire exempts de toute relation, préférence, ou biais qui
puissent affecter – ou sembler affecter – leur aptitude à se prononcer en toute
indépendance. A
cet égard, l’indépendance judiciaire découle du principe selon lequel nul ne
peut être son propre juge. Ce principe a aussi une importance qui va bien
au-delà des parties en litige. Il faut que non seulement
les parties au litige, mais aussi la société dans son ensemble puissent avoir
confiance dans le système judiciaire. Un juge doit donc non seulement être
libre de toute relation, parti pris ou influence abusifs, mais il doit aussi
apparaître comme libre de ceux-ci à un observateur avisé faute de quoi la
confiance en l’indépendance du pouvoir judiciaire peut être ébranlée».
Françoise Tulkens ha dunque
illustrato la giurisprudenza della Corte Europea sul tema, innanzi tutto,
dell’individuazione del concetto di «Tribunale», cui fa riferimento l’art. 6
della Convenzione, con particolare riguardo alle figure del giudice istruttore,
del giudice di sorveglianza e del pubblico ministero (e in quest’ultimo caso la
giurisprudenza sembra chiaramente orientata nel senso dell’esclusione
dell’applicabilità dell’art. 6 cit.). In alcune decisioni, poi,
La relatrice è passata
quindi ad evidenziare le differenze tra i concetti di indipendenza e
imparzialità sottolineando che, mentre il primo è legato allo status
della funzione, il secondo attiene piuttosto ad un atteggiamento (assenza di
pregiudizi e di «partito preso», in qualche modo legata alla regola della
«parità di armi»), anche se, a ben vedere, i due temi sembrano costituire le
due facce di una stessa medaglia.
Di
grande interesse è stata, poi, l’enunciazione dei «meccanismi di sistema»
tendenti ad assicurare il rispetto del principio di imparzialità, dalla
relatrice distinti in «meccanismi individuali» e in «meccanismi strutturali».
Per quanto attiene ai primi Françoise Tulkens ha ricordato gli istituti
dell’astensione e della ricusazione, su cui
Un’ulteriore distinzione è
stata poi proposta dalla Tulkens tra imparzialità «soggettiva o personale», da
un lato, e «obiettiva o funzionale», dall’altro. Sul primo aspetto (assenza di
«partito preso» da parte del giudice) l’imparzialità personale è
sostanzialmente presunta dalla Corte (casi (Kingsley c. Gran Bretagna; Sofri c.
Italia, Gregory c. Francia), ma il giudice deve saper «prendere le distanze» e
non «entrare nella mischia» (caso Buscemi c. Italia). Sull’aspetto
dell’imparzialità «oggettiva o funzionale» (quella, cioè, legata alla funzione
obiettivamente svolta dal giudice che ha in qualche modo avuto conoscenza
anteriore della causa o addirittura partecipato a decisioni sul medesimo caso)
la relatrice ha citato i casi Morel c. Francia, McDonnel c. Gran Bretagna e Clay
c. Paesi Bassi, come esempi di situazioni in cui
Da rimarcare, infine, la
sottolineatura della relatrice relativamente alla necessità di adottare un
approccio diverso tra civile e penale (sostanzialmente, più rigido nel secondo
caso), posto che in penale gioca il principio della presunzione d’innocenza,
mentre in civile va in qualche modo dato rilievo anche alla regola della
specializzazione del giudice.
Ha
preso quindi la parola Jean Marie Coulon, Primo presidente onorario della Corte
d’appello di Parigi, il cui compito è stato quello di studiare il medesimo tema
sotto il profilo della giurisprudenza francese. Al riguardo il relatore ha
evidenziato come
Jean Marie Coulon ha quindi
ricordato le due decisioni della Cassation rese in data 6 novembre
Il
relatore ha concluso il proprio intervento ricordando i principi statuiti dal
Consiglio d’Europa sull’argomento: Raccomandazione
n° R (94) 12 del Consiglio d’Europa sull’indipendenza, l’efficienza e il ruolo
dei giudici; Carta Europea sullo Statuto dei Giudici, approvata dal Consiglio
d’Europa nel 1998; Parere n. 1 (2001) del Consiglio Consultivo dei Giudici costituito
presso il Consiglio d’Europa. Sul punto lo scrivente, prendendo la parola nel
successivo dibattito, ha ricordato che la ricchissima elaborazione di principi
in materia di indipendenza ed imparzialità del giudice da parte del Consiglio
d’Europa sembra essere stata, purtroppo, del tutto ignorata dall’Unione Europea
nel progetto di Costituzione attualmente in discussione (che si limita, in
parte qua, ad una meccanica riproduzione del testo dell’art. 6 della
Convenzione Europea sui Diritti dell’Uomo), mentre, per ciò che attiene al
Consiglio d’Europa, le ricordate dichiarazioni, raccomandazioni e risoluzioni
non hanno valore vincolante per gli Stati aderenti. L’unica soluzione, di
fronte all’inerzia degli organi comunitari, sarebbe – ad avviso dello scrivente
– quella di tentare la via della promozione di una convenzione internazionale
sullo statuto del giudice in Europa, via che, allo stato attuale, potrebbe
sembrare più agevolmente percorribile (rectius: meno difficilmente
percorribile…) presso il Consiglio d’Europa che non presso l’Unione Europea.
c) Significato del concetto di imparzialità
del giudice nell’odierna realtà francese
Il tema del significato del
concetto d’imparzialità del giudice nell’odierna realtà francese è stato
sviluppato nell’ambito di una tavola rotonda moderata da Denis Salas, Maître
de Conférences dell’E.N.M., cui hanno preso parte Didier
Marshall, Presidente del Tribunale di grande istanza di Créteil, Marc Robert,
Procuratore Generale presso
Il
primo interventore, Didier Marshall, ha affrontato la questione da un punto di
vista estremamente pratico, presentando alcuni casi concreti a lui proposti
come capo di un ufficio giurisdizionale di prima istanza. Egli ha inoltre
illustrato il conflitto tra le esigenze di specializzazione dei giudici (in
particolare nel settore civile), da un lato, e l’interpretazione rigorosa
dell’art. 6 della Convenzione operata dalla Corte di Cassazione nel 1998 nella
citata decisione in tema di référé-provision, dall’altro. Didier
Marshall ha altresì trattato dell’aspetto dell’imparzialità nella scelta dei
consulenti tecnici, avuto riguardo alla necessità di evitare favoritismi (o di
fornire l’impressione di compiere favoritismi). Egli ha quindi sottolineato il
difficile ruolo di controllo esercitato dai capi degli uffici, controllo che va
esteso anche ai cancellieri e, più in generale, a tutti i dipendenti degli uffici
giudiziari, atteso che una compromissione dell’immagine di imparzialità ben può
derivare anche da comportamenti di tali soggetti.
Mattias Guyomar ha quindi
trattato dell’applicazione del principio di imparzialità ai vari tipi di
procedimento amministrativo francese, illustrando gli accorgimenti introdotti,
in particolare, presso il Conseil d’Etat, avuto riguardo al fatto che il
Conseil svolge, come noto, funzioni consultive oltre che giurisdizionali
e che nell’esercizio delle prime i consiglieri possono esprimere pareri circa
determinati atti la cui validità viene in seguito contestata in sede
giurisdizionale. L’interventore ha quindi riferito della prassi seguita dal Conseil
d’Etat secondo cui, in apertura d’udienza, il presidente della chambre
chiede ai membri del collegio di dichiarare le eventuali cause che potrebbero
dar luogo ad astensione o ricusazione.
Di grande interesse e
spessore l’intervento di Marc Robert, che, dopo aver evidenziato la più totale
assenza di riferimenti al principio di imparzialità nei testi relativi alle
funzioni ed ai poteri del pubblico ministero e, dopo avere posto in luce il
contrasto che esiste tra dovere di imparzialità e subordinazione gerarchica
propria dell’ufficio del parquet (sia al proprio interno che nei
riguardi del ministero della Giustizia), ha tuttavia saputo indicare una serie
di documenti di livello internazionale in cui tale esigenza sembra emergere in
maniera vieppiù imperiosa.
L’analisi è iniziata dalla
raccomandazione emessa nel 2000 (n° 19) dal Consiglio d’Europa sul «ruolo del
pubblico ministero nel sistema di giustizia penale», raccomandazione che
menziona il criterio dell’imparzialità per ben tre volte. L’interventore ha poi
ricordato, nel medesimo senso, le conclusioni della Conferenza dei procuratori
generali d’Europa, da lui presieduta, nonché i principes directeurs sul
pubblico ministero redatti dalla Associazione Internazionale dei Pubblici
Ministeri. Sempre dal punto di vista internazionale e comparatistico, lo
scrivente potrà ricordare l’art. 13 del codice etico dei magistrati italiani
che così esordisce: «Il pubblico ministero si comporta con imparzialità nello
svolgimento del suo ruolo», nonché lo Statuto universale del giudice, approvato
all’unanimità nel
L’avvocato Leclerc, infine,
ha espresso una posizione piuttosto critica sulle affermazioni di Marc Robert,
cercando (ad avviso dello scrivente, senza troppo profitto) di porre una
distinzione tra dovere d’objectivité, che sarebbe proprio del pubblico
ministero, e dovere d’impartialité, proprio del giudice. L’interventore,
avvocato penalista, ha espresso doglianze nei confronti dell’atteggiamento di
troppi giudici francesi, che apparirebbero assai poco imparziali nel corso del
dibattimento, sottolineando l’importanza di un’imparzialità che, secondo la
felice espressione della prof.ssa Frison Roche, «se donne à voir».
d) L’imparzialità del giudice in Europa
L’argomento in esame è stato
dibattuto in seno ad una tavola rotonda moderata da Harold Epineuse, Chargé
de mission presso l’Institut des hautes études sur
Il primo interventore ha
delineato i temi dell’indipendenza e dell’imparzialità del giudice d’oltre
Manica, come strettamente legati ad un risalente sistema di nomina, effettuata
– come noto – in maniera praticamente discrezionale dal Lord Chancellor
sulla base di una tradizione che, a dispetto dei dubbi che potrebbe sollevare,
ha dimostrato di funzionare (in quel sistema, sia ben chiaro!) piuttosto bene.
John Spencer ha però anche evidenziato le profonde riforme proposte dal Governo
in carica, tendenti a separare del tutto
Günter Müller ha quindi
presentato un excursus storico sulla magistratura tedesca e sulla sua
apparente imparzialità, sia al tempo della Repubblica di Weimar, che durante il
terzo Reich. Ha quindi messo in luce come il (troppo lento ed ambiguo)
processo di successiva «denazificazione» abbia portato nel corso degli anni
sessanta all’emersione di un nuovo concetto di imparzialità, non incompatibile
con l’attività politica del magistrato e addirittura con l’iscrizione ai
partiti politici: diritti, questi, espressamente sanciti oggi dal Richtergesetz.
Da questa relazione è emersa dunque un’idea piuttosto diversa da quella
usualmente condivisa (per lo meno, nei Paesi neolatini) in tema di
imparzialità, forgiatasi quale reazione rispetto ad un sistema in cui una
formale estraneità all’attività politica celava invece un assoggettamento
completo al potere esecutivo.
Edmondo
Bruti Liberati ha centrato la sua relazione sulla attualità italiana,
evidenziando la chiara scelta di campo della magistratura del nostro Paese per
un’affermazione del principio di imparzialità che si applichi indifferentemente
ai giudici e ai pubblici ministeri. Sottolineato anche il ruolo del principio
del giudice naturale e dell’indipendenza interna, l’interventore italiano ha
messo in evidenza come in Italia la partecipazione del magistrato alla vita
sociale sia vista come un rimedio preventivo nei confronti del rischio, sempre
latente, di chiusure corporative. Edmondo Bruti Liberati ha quindi illustrato
il ruolo e la storia dell’associazionismo della magistratura italiana, citando
la recente decisione della Corte Europea nel caso Dell’Utri c. Italia, in cui
Al termine della tavola
rotonda Charles Gonthier ha riferito di alcuni casi in materia di imparzialità
discussi dalla Corte Suprema canadese ed ha trattato dei principi di
deontologia giudiziaria della magistratura di quel Paese.
Le conclusioni del colloque
sono state presentate da Guy Canivet, Primo Presidente della Cour de
Cassation, il quale – dopo un ampio excursus storico, iniziato con
la raccomandazione all’imparzialità rivolta ai giudici nell’editto del
Cancelliere Michel de l’Hôpital risalente al 1563 – ha riassunto i punti
fondamentali del dibattito, sottolineando l’importanza dell’imparzialità come
regola etica e deontologica, ma, nello stesso tempo, quale principio di diritto
positivo, obiettivamente rilevante anche dal punto di vista disciplinare. Poste
tali premesse, il Presidente Canivet ha concluso il proprio intervento con
l’illustrazione delle già citate conclusioni della «commissione Cabannes», tra
cui figura, in particolare, una nuova formulazione del giuramento che i nuovi
magistrati saranno chiamati a prestare, nella quale il principio d’imparzialità
verrà ora espressamente menzionato.