Relazione al Consiglio Superiore della Magistratura
sul colloquio dal titolo:
«Le Règlement de Bruxelles I»,
organizzato dall’Ecole Nationale de la
Magistrature francese
e svoltosi a Parigi nei giorni 13 e 14 settembre 2004
Sommario: 1. Prima sessione (lunedì
13 settembre 2004 – mattina). Linee generali del Regolamento «Bruxelles I». –
2. Seconda sessione (lunedì 13 settembre 2004 –
pomeriggio). Le questioni di competenza. – 3. Terza
sessione (martedì 14 settembre 2004 - mattina). Riconoscimento ed esecuzione.
– 4. Quarta sessione (martedì 14 settembre 2004 -
mattina). Titolo esecutivo europeo. – 5. Quinta sessione (martedì 14 settembre 2004 - pomeriggio).
Applicazioni pratiche del Regolamento «Bruxelles I». |
Il 13 e 14 settembre 2004 si è svolto a Parigi un colloquio
sul tema «Le Règlement de Bruxelles I»,
organizzato dall’Ecole Nationale de la Magistrature francese. Lo
scrivente vi ha preso parte su invito del Consiglio Superiore della
Magistratura, che ha richiesto l’invio di «un’articolata relazione relativa
allo svolgimento del corso e alle tematiche trattate, al fine di assicurare un
successivo utilizzo in sede di formazione centrale e decentrata». Rispondendo a
tale richiesta lo scrivente inoltra quindi al Consiglio Superiore la presente
relazione.
1. Prima sessione (lunedì 13 settembre 2004 – mattina).
Linee generali del Regolamento «Bruxelles I».
Il colloquio ha avuto inizio il 13 settembre 2004,
alle ore 9.30. I lavori sono stati introdotti e coordinati da Mme Anne Françoise
Pascale, Consigliere presso la Cour de
Cassation e responsabile dell’organizzazione dell’incontro di studio, che –
dopo il benvenuto ai partecipanti (magistrati provenienti sia dalla Francia che
da sei altri Paesi dell’U.E.) – ha presentato metodologia e finalità del
seminario.
Ad André Huet, Professore emerito dell’Università
Robert Schuman di Strasburgo è toccato il compito di delineare un exposé introductif di ampio respiro
sulla Convenzione e sul Regolamento «Bruxelles I». Il relatore ha esordito affrontando
il tema della «natura comunitaria» del Regolamento, precisando che tale natura,
o – più esattamente – taluni tratti di siffatta natura, erano già presenti
nella Convenzione, che rinveniva la sua base legale nel Trattato di Roma, oltre
che, ovviamente, nell’adesione degli Stati membri alla Convenzione medesima,
adesione che era stata quindi successivamente espressa anche dai Paesi che, nel
corso degli anni seguenti al 1968 e prima della «comunitarizzazione» della materia
della cooperazione civile erano entrati a far parte della (allora) CEE.
Dopo aver illustrato siffatta «comunitarizzazione»,
operata – come noto – dal Trattato di Amsterdam, il relatore ha illustrato i
caratteri più marcatamente «comunitari» del Regolamento «Bruxelles I», che
rinviene la sua base legale negli artt. 61 c. e 65 del Trattato istitutivo,
nella sua nuova versione, descrivendo altresì i benefici più evidenti di
siffatta operazione: dalla diretta applicabilità, propria dello strumento
regolamentare, alla sua immediata estensione ai 10 nuovi Paesi che hanno dal 1
maggio 2004 aderito all’Unione. Permane, come noto, il caso singolare della
Danimarca, su cui il relatore ha attirato l’attenzione, relativamente al quale
andrà applicata ancora la Convenzione del 1968, che presenta alcune differenze
rispetto al Regolamento. A questo proposito il relatore ha sottolineato l’operazione
«restrittiva» posta in essere dal Regolamento, per ciò che attiene alle istanze
incidentali che i Giudici nazionali possono rivolgere alla Corte di Giustizia
CEE, al fine di ottenere l’interpretazione di uno o più aspetti del Regolamento
rilevanti per le controversie a tali Giudici sottoposte, posto che ora solo le Corti
Nazionali statuenti in ultimo grado sono legittimate ad adire la Corte del
Lussemburgo (laddove la Convenzione attribuiva tale facoltà anche ai Giudici di
secondo grado).
Poste tali premesse, il prof. Huet è passato ad
illustrare i quattro principali metodi interpretativi sino ad ora seguiti dalla
Corte CEE nelle 120 decisioni ad oggi rese sulla Convenzione, a partire dall’ottobre
1976.
Il primo di essi è costituito dal criterio
teleologico, mirante a mettere in evidenza la ratio ispiratrice della
Convenzione (ad esempio la tutela della parte debole in certe disposizioni
sulla competenza, o quello della libera circolazione delle decisioni, in
materia di riconoscimento ed esecuzione). Il secondo è rappresentato dal
criterio di interpretazione sistematica, al fine di garantire la coerenza
interna alla Convenzione (ad esempio, la Corte ha più volte rimarcato che,
nella possibile antinomia tra le regole di competenza ai sensi degli artt. 5 e
2 della Convenzione, è il secondo canone – foro del convenuto – a costituire
norma generale, laddove i criteri alternativi possiedono carattere
eccezionale). Il terzo criterio è rappresentato dai principi generali
scaturenti da una comparazione tra i vari sistemi nazionali, mentre il quarto e
ultimo è costituito dal c.d. «criterio comunitario», secondo il quale il
giudice nazionale può e deve astrarre dalle nozioni proprie alla sua cultura
giuridica per approdare ad una nozione consona agli atti normativi comunitari
(l’esempio riferito è stato quello della sécurité
sociale, nozione che andrebbe desunta dal diritto comunitario e non già dai
criteri, eventualmente difformi, sviluppati in seno ad ogni distinta cultura
giuridica nazionale; un altro caso riferito è stato quello della qualificazione
alla stregua di «contrattuale» o «extracontrattuale» della responsabilità
precontrattuale o del rapporto giuridico esistente tra subacquirente e
fabbricante di un prodotto).
A questo punto il relatore è passato ad illustrare i
diversi domini d’applicazione della Convenzione e del Regolamento, distinguendo
tra campi d’applicazione ratione materiae,
ratione loci e ratione temporis.
Sotto il primo profilo il prof. Huet si è a lungo
intrattenuto sul concetto di materia «civile e commerciale» e sulle eccezioni
espresse dalla Convenzione e dal Regolamento, soffermandosi poi con particolare
attenzione sui temi specifici delle cause contro la P.A. e di quelle di natura «alimentare».
Con riguardo al criterio ratione loci
il relatore ha invece sottolineato i problemi causati dalla mancata adesione della
Danimarca al meccanismo di comunitarizzazione della materia e ha sottolineato,
per altro verso, l’amplissima estensione del campo di applicazione con riguardo
al riconoscimento ed all’esecuzione delle decisioni, mettendo in luce come, ad
esempio, anche la sentenza emessa tra cittadini di Paesi extra U.E., su beni
situati in paesi terzi, e magari resa facendo applicazione del diritto di un
Paese non membro U.E., ricada nella sfera d’applicazione del Regolamento, sol
perché pronunziata da un Giudice di un Paese membro. Per ciò che attiene alla
competenza, il relatore ha rimarcato la rilevanza pratica della scelta normativa
del criterio del domicilio, a prescindere nel modo più assoluto dalla
nazionalità delle parti.
Venendo al campo d’applicazione ratione temporis, il prof. Huet ha sottolineato la necessità di
operare una distinzione tra norme relative alla competenza, da un lato, e norme
relative al riconoscimento ed all’esecuzione delle decisioni dall’altro,
ponendo in evidenza, per il primo aspetto, la possibilità che il Giudice
nazionale commetta errori non tenendo conto del fatto che, per individuare la
norma applicabile (Convenzione o Regolamento), occorre avere riguardo alla data
di inizio della controversia. Le nuove disposizioni del Regolamento, invero,
sono applicabili solo in relazione alle controversie instaurate a partire dal 1
marzo 2002. Per le cause iniziate precedentemente valgono le norme della
Convenzione (purchè, ovviamente, i procedimenti siano cominciati dopo l’entrata
in vigore della Convenzione stessa), ovvero le rispettive disposizioni
nazionali di diritto internazionale privato, per i Paesi entrati a far parte
dell’U.E. il 1 maggio 2004. Per ciò che attiene invece al riconoscimento ed all’esecuzione
delle decisioni va fatto riferimento sia alla data di pronunzia della decisione
straniera, che a quella di introduzione della relativa controversia, pur
rilevando a certi effetti nella fattispecie la circostanza che le regole della
Convenzione applicate in tema di competenza siano o meno identiche a quelle del
successivo Regolamento.
Nel dibattito che ha fatto seguito alla relazione sono
state poste domande sulla applicabilità ex
officio o meno della Convenzione e del Regolamento. A tal proposito il
prof. Huet ha riferito di un’indagine statistica compiuta su iniziativa della
rivista francese Gazette du Palais,
che ha dedicato il numero di giugno 2004 a tali profili. Un rappresentante del
Ministero della giustizia danese, presente in aula, ha informato l’assemblea
del fatto che il suo Paese starebbe negoziando con l’U.E. l’estensione del
Regolamento anche alla Danimarca. Sul punto, però, il prof. Huet ha replicato
affermando che i negoziati non tenderebbero tanto ad ottenere un’adesione della
Danimarca al meccanismo proprio del Trattato di Amsterdam, quanto a pervenire
ad una modifica della Convenzione «Bruxelles I» (che vincola, come noto, anche
la Danimarca) in modo da renderla identica al Regolamento. La discussione si è
poi spostata sull’inciso «…ou risque de se produire», introdotto dal
Regolamento (rispetto alla Convenzione) in materia di competenza per le azioni
di responsabilità extracontrattuale, seguendo un’indicazione della
giurisprudenza della Corte di giustizia.
2. Seconda sessione (lunedì 13 settembre 2004 –
pomeriggio). Le questioni di competenza.
Nel pomeriggio del giorno 13 settembre è toccato a Mme
Hélène Gaudemet-Tallon, docente all’Università Panthéon-Assas Paris II, illustrare
le regole in tema di competenza.
La relatrice ha esordito ricordando alcune decisioni
celebri della Corte di giustizia, a cominciare da quella che ha rigettato il
concetto di forum non conveniens, proprio
dei Paesi di common law, e la
«sentenza Turner», con cui la stessa Corte ha affermato l’illegittimità della
pratica britannica delle antisuit
injunctions, meccanismo, questo, che, ove accettato, finirebbe con il
vanificare le regole di competenza stabilite dalla Convenzione e dal
Regolamento. La relatrice è poi passata ad illustrare la giurisprudenza della
Corte di giustizia in tema di misure provvisorie, per parlare poi del concetto
di «procès intégré» nell’U.E., con riguardo:
a) al domicilio del convenuto (la cui definizione viene
ora fornita dagli artt. 59 e 60 del Regolamento),
b) alla competenza per materia ai sensi dell’art. 22.1
del Regolamento per le cause immobiliari e locatizie, evidenziandone il
carattere non esclusivo ma concorrente con il criterio del foro del convenuto,
c) alla volontà delle parti, commentando gli artt. 23 e
24 del Regolamento.
Proprio con riferimento alla clausola negoziale attributiva
della competenza giurisdizionale la relatrice si è soffermata sulle regole formali
al riguardo, ricordando che, per la giurisprudenza comunitaria, l’eventuale
rinvio a condizioni generali di contratto deve essere specifico ed espresso,
mentre l’effetto proprio della clausola è opponibile non solo alle parti, ma
anche ai loro aventi causa, laddove i terzi possono invocarla solo a loro
vantaggio, non potendo invece vedersela opporre.
Per ciò che attiene alle competenze speciali ex artt. 5 e 6 la prof. Gaudemet-Tallon
ha manifestato l’avviso che le innovazioni del Regolamento non abbiano risolto
i problemi posti dalla Convenzione e che miglior partito sarebbe stato abrogare
puramente e semplicemente l’art. 5.1 della Convenzione. In materia contrattuale
la relatrice ha ricordato la giurisprudenza della Corte di giustizia sia con riferimento
al problema della responsabilità precontrattuale, ricondotta nell’alveo di
quella ex delicto, sia riferendosi
all’interpretazione della espressione «obbligazione che serve di base alla
domanda»: questione, quest’ultima, solo parzialmente (e in modo insoddisfacente)
risolta dal Regolamento. Nel caso di obbligazione di non concorrenza assunta da
un imprenditore verso un altro imprenditore senza specificazione di limiti
spaziali, la Corte di giustizia, secondo quanto ricordato dalla relatrice, ha
affermato la non applicabilità dell’art. 5 della Convenzione, facendo rinvio al
criterio generale ex art. 2.
Mme Gaudemet-Tallon è poi passata ad illustrare la
giurisprudenza della Corte di giustizia in tema di responsabilità
extracontrattuale (con riguardo all’antitesi tra luogo in cui si è verificato
il «fait générateur du préjudice» e luogo del «préjudice subi», anche avuto
riguardo alle novità introdotte dal Regolamento, con l’aggiunta dell’inciso «…ou
risque de se produire» all’art. 5.3).
In relazione al testo dell’art 6 del Regolamento la
Prof.ssa Gaudemet-Tallon ha trattato delle c.d. competenze derivate,
illustrando le ipotesi di pluralità di convenuti, della chiamata in garanzia,
della domanda riconvenzionale e della domanda di carattere contrattuale legata
ad altra di carattere reale. La relatrice è poi passata ad illustrare le regole
a tutela della parte debole, in materia di rapporti con le compagnie
assicuratrici, di contratti dei consumatori e di rapporti di lavoro. La
speciale protezione della parte ritenuta «contraente debole» dispiega anche il
suo effetto in relazione alla validità delle clausole attributive di
competenza, ritenute valide solo se stipulate dopo l’inizio della controversia,
ovvero se attribuiscono un’opzione supplementare, non sostitutiva delle regole
ordinarie (art. 13).
In materia di litispendenza europea la relatrice ha
proceduto ad affrontare il tema dell’identità delle parti, della causa e dell’oggetto,
ai sensi dell’art. 27 del Regolamento, soffermandosi sui problemi posti dalle
azioni di accertamento negativo. In relazione all’art. 28 la prof.ssa
Gaudemet-Tallon ha illustrato il concetto di connessione, passando quindi all’esame
dell’individuazione del momento di inizio della controversia, con particolare
riguardo al disposto dell’art. 30. La relatrice ha terminato il proprio
intervento rimarcando come, a suo avviso, siano in aumento in tutta Europa le
controversie volte ad ancorare la competenza presso il Giudice del Paese della
parte che propone la domanda. In altri termini, sembra profilarsi la tendenza
ad un ostinato «abbarbicarsi» (così si è espressa la relatrice) delle parti
alla competenza del proprio giudice nazionale, come se questo solo fatto
potesse offrire maggiori chances di
vittoria nella lite.
Ha quindi preso la parola Jean-Pierre Réméry,
Presidente di Sezione presso la Corte d’Appello di Orléans, il quale ha illustrato
una decisione resa dal proprio ufficio giurisdizionale (il cui testo era
contenuto nel materiale distribuito ai partecipanti) in relazione ad una
fattispecie piuttosto complessa, che aveva visto un’impresa francese convenire
di fronte ad un giudice di quel Paese un’impresa concorrente indiana unitamente
al distributore britannico dei relativi prodotti per far valere,
sostanzialmente, un’ipotesi di concorrenza sleale. Il Tribunale adito e la
Corte d’appello, dopo aver respinto l’ipotesi di connessione, hanno altresì
negato la sussistenza di una competenza giurisdizionale per la causa intentata
contro la società convenuta inglese, atteso che l’impresa convenuta risultava
domiciliata in Gran Bretagna.
A nulla sono valse le obiezioni sollevate dalla
attrice, secondo cui la convenuta medesima aveva allestito un sito web accessibile da ogni parte del mondo,
e dunque anche dalla Francia, atteso che il sito era stato preparato e gestito
da un’associazione professionale inglese ed in esso non erano contenuti
formulari per l’effettuazione di ordini a distanza, ragion per cui non si
sarebbe neppure potuto ipotizzare che il pregiudizio temuto dalla attrice «rischiasse
di prodursi» in Francia, risultando il pericolo del profilarsi di un’azione
lesiva in Francia troppo generico e non distinto dal rischio che eventi dannosi
potessero prodursi in qualsiasi altro Paese del mondo.
Nel corso della discussione che ha seguito la relazione
è emerso il problema del conflitto negativo di competenza. In particolare, il
relatore ha attirato l’attenzione dell’uditorio sul fatto che, a differenza di
quanto avviene in numerosi diritti nazionali – ove, per quanto attiene alla
declinatoria di competenza verso un altro Giudice del medesimo Paese, occorre
che il giudice che si ritiene incompetente dichiari espressamente quale è il
giudice competente – il Giudice deve qui limitarsi a dichiarare il proprio
difetto di competenza, dal momento che l’eventuale indicazione della competenza
di altro Giudice di altro Paese dell’U.E. non potrebbe comunque possedere
valore vincolante per quest’ultimo. Al che è stato replicato che la decisione
declinatoria di competenza è pur sempre una decisione automaticamente
riconosciuta negli altri Paesi membri, proprio ai sensi delle norme del
Regolamento, per cui la si dovrebbe ritenere vincolante. A questa osservazione
è stato però ulteriormente obiettato che l’effetto di res judicata può ritenersi proprio solo delle sentenze che
definiscono il merito e non di quelle in tema di competenza. Sul punto la
relatrice Gaudemet-Tallon ha dichiarato di ritenere la questione aperta.
3. Terza sessione (martedì 14 settembre 2004 - mattina).
Riconoscimento ed esecuzione.
La seconda giornata è stata dedicata alle questioni
relative al riconoscimento ed all’esecuzione delle decisioni ai sensi del
Regolamento «Bruxelles I»; con l’occasione si è pure trattato del tema del
titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati e della procedura d’ingiunzione
europea.
Il tema è stato introdotto da Mme Danièle Alexandre, docente
all’Università Robert Schuman di Strasburgo, che ha tracciato le grandi linee
della Convenzione e del Regolamento sui temi specifici in esame. In linea
generale la relatrice ha sottolineato il passaggio, con il Regolamento, ad un
sistema di controllo ancor meno incisivo rispetto a quello previsto dalla
Convenzione. Scendendo all’esame delle particolarità della normativa, la Prof.ssa
Alexandre ha illustrato la definizione di «decisione» ai sensi dell’art. 32 del
Regolamento, presentando la giurisprudenza della Corte di giustizia sui
requisiti ritenuti idonei ad attribuire natura giurisdizionale all’organismo
che ha emesso l’atto valutabile alla stregua di «decisione» ai sensi della
norma citata.
La relatrice è passata successivamente ad illustrare
la portata del riferimento al concetto di «état membre» di cui al citato art.
32, con esclusione quindi delle decisioni emesse dai Giudici della Danimarca,
ma anche – per esempio – dei principati di Andorra e Monaco e della Repubblica
di San Marino. Sottolineata l’irrilevanza della nazionalità o del domicilio
delle parti, è stata messa in rilievo l’importanza esclusiva del criterio della
nazionalità dell’autorità giurisdizionale da cui proviene la decisione. Occorre
però avere riguardo anche all’oggetto ed alla natura della decisione, che deve
rientrare nel campo di applicazione del Regolamento (con esclusivo riferimento,
dunque, alle materie proprie di tale atto). La prof. Alexandre ha quindi
trattato dell’esecuzione dei provvedimenti provvisori e cautelari, che
costituiscono pure essi «decisioni» ai sensi dell’art. 32 del Regolamento. Sempre
in tema di natura della decisione, la relatrice ha anche affrontato la
questione del carattere contenzioso o gracieux
(di volontaria giurisdizione, diremmo noi) del provvedimento, precisando che,
in una decisione del 1994, la Corte sembrerebbe aver limitato ai casi
contenziosi l’applicabilità della Convenzione, espressamente riferendosi ai points litigieux della causa. Nessuna
decisione è però ancora stata resa expressis
verbis sul punto specifico.
La relatrice è quindi passata ad illustrare la
procedura di controllo delle decisione, richiamando il principio generale
secondo cui il riconoscimento delle decisioni ha per regola carattere assolutamente
automatico (art. 33 del Regolamento). Posta tale premessa la Prof.ssa Alexandre
ha parlato delle possibili contestazioni, nonché del fenomeno del
riconoscimento invocato in via meramente incidentale.
Venendo al tema dell’esecuzione la relatrice ha
illustrato le modalità formali di presentazione della domanda, la legittimazione
attiva (che compete non solo alle parti in senso formale, ma anche a chiunque
vi abbia interesse), il procedimento ed il certificato di cui all’art. 54.
Particolare attenzione è stata prestata alle procedure di ricorso di cui all’art.
43 del Regolamento: in tale contesto la relatrice ha posto il problema se il
Giudice che eventualmente accerti l’esistenza di irregolarità diverse da quelle
sollevate dalla parte ricorrente sia o meno obbligato a tenerne conto e a
statuire di conseguenza. La soluzione fornita al riguardo dalla giurisprudenza
francese è nel senso che al Giudice non sia consentito alcun controllo d’ufficio,
atteso che la decisione straniera è assistita da una presunzione di regolarità.
La Prof.ssa Alexandre ha quindi proceduto all’illustrazione
dei motivi per i quali il riconoscimento e l’exequatur possono (o non possono) essere rifiutati, sottolineando
come sia in ogni modo vietata qualsivoglia forma di «revisione» della sentenza
in oggetto; parimenti escluso è il controllo sulla legge applicata dal Giudice
che ha emesso la sentenza sul cui riconoscimento si discute o di cui si domanda
l’exequatur.
Ciò premesso la relatrice ha esaminato in dettaglio i
motivi di cui agli artt. 34 e 35 (richiamati per l’exequatur dall’art. 45), soffermandosi in particolare sul concetto
di ordre public, esaminato con
riguardo tanto all’ordine pubblico sostanziale che processuale, sia con
riferimento alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, secondo quanto
indicato dalla stessa Corte di giustizia.
Nel corso della discussione che ha fatto seguito alla
relazione, Mme Pascale ha informato l’uditorio che la Cour de cassation, con una sua decisione del 30 giugno 2004, ha
concesso riconoscimento alla Mareva
injunction del diritto britannico, conformemente a quanto aveva già fatto
il Tribunale Federale Elvetico (avuto riguardo alle norme della Convenzione di Lugano).
La stessa coordinatrice dell’incontro ha poi spiegato che dal 1 gennaio 2005
una nuova legge francese attribuirà la competenza ai sensi dell’art. 39 del
Regolamento non più al presidente del tribunal
de grande instance, ma al cancelliere capo del medesimo tribunale, con un conseguente
problema di coordinamento con la disposizione di cui all’annexe II del Regolamento.
4. Quarta sessione (martedì 14 settembre 2004 -
mattina). Titolo esecutivo europeo.
Nel corso della parte finale della sessione mattutina Jean-Paul
Correa Delcasso, avvocato spagnolo, professore all’Università di Barcellona, ha
parlato del titolo esecutivo europeo. Il relatore ha, in primo luogo,
illustrato la genesi del regolamento emanato quest’anno dall’U.E., genesi che
va ricercata in una proposta maturata nel luglio 2000 sotto la Presidenza
francese dell’Unione: vale a dire la creazione di una procedura europea
uniforme d’ingiunzione, in grado di dar luogo ad un titolo esecutivo in tempi
brevi, suscettibile di circolazione attraverso i Paesi dell’U.E. senza bisogno
alcuno di exequatur. La soluzione che
ha prevalso, quanto meno in questa prima fase, è stata invece quella di un
sistema che evitasse l’exequatur per
l’esecuzione di determinati tipi di decisioni, senza però influire sul modo di
creazione del titolo, che rimane governato dai vari diritti nazionali.
Il nuovo regolamento detta una serie di regole minime
da rispettare perché si possa parlare di titolo esecutivo europeo, individuando
altresì in quali materie operi la nuova disciplina e chiarendo che cosa debba
intendersi per credito non contestato.
Ai fini del nuovo regolamento, un credito si considera
«non contestato» se:
La decisione giudiziaria che sia stata certificata
come titolo esecutivo europeo nello Stato membro d’origine è riconosciuta ed
eseguita negli altri Stati membri senza che sia necessaria una dichiarazione di
esecutività e senza che sia possibile opporsi al suo riconoscimento. La
certificazione viene rilasciata su istanza presentata in qualunque momento al
giudice di origine, come titolo esecutivo europeo se:
Il certificato di titolo esecutivo europeo è
rilasciato, nella stessa lingua della decisione giudiziaria, utilizzando il
modello contenuto nell’allegato I al Regolamento. Il rilascio di un certificato
di titolo esecutivo europeo non è soggetto ad alcun mezzo di impugnazione.
La decisione giudiziaria relativa ad un credito non
contestato può essere certificata come titolo esecutivo europeo solo se il procedimento
giudiziario nello Stato membro d’origine è conforme a determinati requisiti procedurali. Tali requisiti concernono, in
particolare:
Poste tali premesse, una decisione giudiziaria
certificata come titolo esecutivo europeo è eseguita alle stesse condizioni di
una decisione giudiziaria pronunciata nello Stato membro dell’esecuzione. Su
richiesta del debitore l’esecuzione è rifiutata dal giudice competente dello
Stato membro dell’esecuzione se la decisione giudiziaria certificata come
titolo esecutivo europeo è incompatibile con una decisione anteriore
pronunciata in uno Stato membro o in un paese terzo, a condizione che:
In nessun caso la decisione o la sua certificazione
come titolo esecutivo europeo può formare oggetto di un riesame del merito
nello Stato membro dell’esecuzione.
Il relatore ha anche fornito un’illustrazione della
proposta del Parlamento Europeo e del Consiglio che istituisce un procedimento
europeo d’ingiunzione di pagamento, criticando, in particolare, l’eccessiva
ampiezza del ventaglio di possibilità di opposizione, anche tardiva, concesse
al debitore. La ratio perseguita dal
Legislatore europeo è qui quella di predisporre una procedura uniforme e
parallela a quelle nazionali. Ma il sistema delle opposizioni è così farraginoso
e aperto nel tempo da indurre a pronosticare che i pratici si asterranno dall’utilizzazione
di questa procedura e continueranno ad utilizzare i rimedi tradizionali,
offerti dalle varie legislazioni nazionali.
Nel corso del dibattito il relatore ha poi avuto modo
di precisare che il titolo esecutivo europeo non richiede necessariamente il
passaggio in giudicato del provvedimento giurisdizionale e che, per quanto
attiene all’esecuzione, il nuovo regolamento non preclude a chi lo desideri di
avvalersi del «vecchio» procedimento di exequatur
ai sensi della Convenzione o del Regolamento «Bruxelles I». Il nuovo
regolamento sul titolo giudiziario europeo dovrebbe anche trovare applicazione
in relazione ai decreti ingiuntivi italiani divenuti definitivi per non
opposizione.
5. Quinta sessione (martedì 14 settembre 2004 -
pomeriggio). Applicazioni pratiche del Regolamento «Bruxelles I».
I lavori del pomeriggio di martedì 14 settembre sono
stati interamente dedicati ad una disamina delle prime applicazioni pratiche
delle regole di competenza del Regolamento, in un’ottica trasnazionale.
Ha aperto i lavori sul tema la relazione della collega
Giuliana Civinini, componente del C.S.M. italiano, che ha illustrato le
principali differenze sul punto tra Convenzione e Regolamento, intrattenendosi
in particolare sull’aspetto specifico del forum
destinatae solutionis. Al riguardo la relatrice ha rimarcato come i giudici
italiani si siano attenuti ai criteri ermeneutici dettati sul punto dalla Corte
di giustizia, manifestando peraltro, in qualche caso, una tendenza «protezionista».
La collega si è quindi intrattenuta a lungo sulla
novità rappresentata dalla nuova versione della regola in tema di competenza
per il forum destinatae solutionis ai
sensi dell’art. 5.1 del Regolamento.
Secondo tale principio, la persona domiciliata nel
territorio di uno Stato membro può essere convenuta in un altro Stato membro,
in materia contrattuale, «davanti al giudice del luogo in cui l’obbligazione
dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita»; peraltro, a tal fine «e
salvo diversa convenzione, il luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in
giudizio è: - nel caso della compravendita di beni, il luogo, situato in uno
Stato membro, in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in
base al contratto, - nel caso della prestazione di servizi, il luogo, situato
in uno Stato membro, in cui i servizi sono stati o avrebbero dovuto essere
prestati in base al contratto». Commentando
due recenti decisioni del Tribunale di Rovereto la relatrice ha posto in
evidenza le conseguenze della nuova regola, che, se da un lato presenta il
vantaggio di escludere il precedente «metodo analitico» seguito dai giudici,
per cui la competenza andava valutata in relazione alla singola obbligazione
concretamente dedotta in giudizio (pagamento del prezzo, piuttosto che consegna
della merce), dall’altro obbliga il creditore-venditore a proporre l’azione
contro il compratore-debitore inadempiente dinanzi al Giudice del Paese di domicilio
di quest’ultimo (posto che il domicilio è solitamente coincidente con il luogo
di consegna della merce), così annullando, tra l’altro, gli effetti della
recente abrogazione, nel nostro sistema giuridico, dell’ult. cpv. dell’art. 633
c.p.c.
La relatrice è quindi passata ad illustrare la
giurisprudenza di legittimità italiana in tema di forum commissi delicti, alla luce della giurisprudenza della Corte
CEE, trattando in seguito della connessione e della litispendenza. In conclusione
la collega ha auspicato la previsione, da parte del legislatore comunitario, di
un sistema (attualmente inesistente) idoneo a risolvere i conflitti negativi e
positivi di competenza.
Ha quindi preso la parola Mme Gabrielle Vonfelt – collega
francese incaricata, presso il Ministero della giustizia, di curare i rapporti
con l’U.E. – che ha in primo luogo illustrato finalità ed attività della
recentemente istituita Rete Giudiziaria Europea. La relatrice ha in proposito
fornito svariate informazioni sulla struttura e sulle attività della Rete,
illustrando in particolare il sito Internet,
ancora in fase di allestimento (all’indirizzo web seguente: http://www.europa.eu.int/comm/justice_home/ejn/index_it.htm),
ma che già contiene una messe di informazioni utili ai Giudici che nei vari
Paesi dell’Unione Europea si occupano di cause in materia civile e commerciale.
La collega ha quindi proceduto alla presentazione di una serie di decisioni
francesi che hanno fatto applicazione del Regolamento.
E’ quindi toccato a Gerhard Hohloch, Giudice della Corte
d’appello di Stoccarda presentare l’esperienza tedesca. Il collega ha
brevemente illustrato la normativa tedesca in materia di exequatur, spiegando che in Germania il Legislatore è intervenuto
con un’apposita legge per l’esecuzione dei trattati internazionali e delle
direttive comunitarie in tema d’esecuzione delle decisioni giudiziarie (Gesetz zur Ausführung zwischenstaatlicher
Verträge und zur Durchführung von Verordnungen der Europäischen Gemeinschaft
auf dem Gebiet der Anerkennung und Vollstreckung in Zivil- und Handelssachen
[Anerkennungs- und Vollstreckungsaufühurungsgesetz – AVAG] del 21 febbraio
2001, modificata il 30 gennaio 2002). Nessun cenno è stato peraltro fatto alla
giurisprudenza.
Infine Mme Marie-Thérèse Feydeau, Primo vicepresidente
del Tribunal de grande instance di
Parigi ha presentato alcuni aspetti pratici tratti dalla sua esperienza di
magistrato incaricato in tema di procedure di riconoscimento ed esecuzione ai
sensi della Convenzione e del Regolamento. In proposito la collega ha
illustrato le caratteristiche del controllo che è chiamata ad esercitare,
sottolineando che, per quanto attiene al certificato di cui all’art. 54 (con
rinvio all’annexe V) del Regolamento, la presenza del medesimo è ritenuta
condizione indispensabile per l’esecuzione o il formale riconoscimento. Per
questo motivo il suo ufficio ha impartito al cancelliere l’ordine di rifiutare
l’iscrizione al ruolo dei ricorsi privi di tale documento. La relatrice ha
altresì informato del fatto che nel 2003 i ricorsi al Tribunal de grande instance di Parigi relativi alla Convenzione e
al Regolamento «Bruxelles I», nonché quelli relativi alla Convenzione di
Lugano, sono stati complessivamente 66.