Relazione al Consiglio Superiore della Magistratura
sul colloquio dal titolo:
«LE CONFLIT FAMILIAL A DIMENSION
EUROPEENNE OU INTERNATIONALE»,
organizzato dall’Ecole Nationale de
e svoltosi a Parigi dal 15 al 18 settembre 2008
1. Prima
sessione (lunedì 15 settembre 2008 – mattina). Approccio metodologico alla
trattazione di casi che presentino elementi di estraneità nel campo del
diritto di famiglia. 2. Seconda
sessione (lunedì 15 settembre 2008 – pomeriggio). Regole di competenza
giurisdizionale in materia matrimoniale. 3. Terza
sessione (martedì 16 settembre 2008 – mattina). Legge applicabile al divorzio
e alle sue conseguenze. 4. Quarta
sessione (martedì 16 settembre 2008 – pomeriggio). Conflitti familiari
trans-mediterranei. La circolazione delle decisioni sulla crisi coniugale. 5. Quinta
sessione (mercoledì 17 settembre 2008 – mattina). Competenza giurisdizionale
e legge applicabile alla responsabilità parentale. 6. Sesta
sessione (mercoledì 17 settembre 2008 – pomeriggio). Circolazione delle
decisioni rese in materia genitoriale. 7. Settima
sessione (giovedì 18 settembre 2008 – mattina). Sottrazione internazionale di
minori. 8. Ottava e
ultima sessione (giovedì 18 settembre 2008 – pomeriggio). Tavola rotonda. |
Dal 15 al 18 settembre 2008 si è svolto a Parigi un
colloquio sul tema «Le conflit familial
à dimension europeenne ou internationale», organizzato dall’Ecole
Nationale de
1.
Prima sessione (lunedì 15 settembre 2008 – mattina). Approccio metodologico
alla trattazione di casi che presentino elementi di estraneità nel campo del diritto
di famiglia.
I lavori del seminario sono stati introdotti alle h.
9.30 di lunedì 15 settembre dal prof. Alain Devers, Maître de conférences dell’Università Jean Moulin, Lyon III, Centro di diritto di famiglia. Il prof. Devers
ha innanzi tutto spiegato che, contrariamente a quanto risultante dal programma
inviato, non si sarebbe potuta tenere la prevista relazione a carattere
introduttivo, destinata a fornire un panorama comparatistico sulle legislazioni
in tema di divorzio e potestà genitoriale esistenti in Europa. Questo in
ragione di un improvviso impedimento della docente originariamente designata
per tale sessione (la prof. Frédérique Granet-Lambrechts), che peraltro ha
messo a disposizione la propria relazione scritta. Per tale ragione il prof.
Devers ha dedicato le battute introduttive del suo intervento ad illustrare
l’organizzazione del corso, suddiviso in due parti principali, corrispondenti,
rispettivamente, al tema dei rapporti tra coniugi (primi due giorni) e a quello
dei rapporti con la prole (ultimi due giorni). Ciò premesso, il docente ha poi
aggiunto che, non essendo comparatista, bensì studioso di diritto
internazionale privato, egli avrebbe trattato non già del raffronto tra i
diversi diritti materiali e processuali vigenti in Europa sul contenzioso
familiare, ma si sarebbe piuttosto concentrato sul profilo dell’approccio
metodologico alla trattazione dei casi che presentino elementi di estraneità
nel campo del diritto di famiglia. Egli ha poi presentato il contenuto del dossier documentale, contenente, oltre
agli strumenti regolamentari e convenzionali più ricorrenti nella materia, una
raccolta di guide pratiche e di casi giurisprudenziali tratti dalla
giurisprudenza francese e da quella della Corte di Giustizia CEE.
Ciò chiarito, il relatore ha precisato che le
questioni da sviscerarsi nel corso dei primi due giorni sarebbero state quelle
relative al tema della crisi coniugale, che i giuristi francesi tendono ora a
denominare con un’espressione onnicomprensiva quale désunion, in grado di abbracciare tanto la séparation de corps, che il divorce,
che l’annulation du mariage. Tali questioni, egli ha aggiunto, sono fondamentalmente
quelle convergenti attorno ai temi seguenti: (1) individuazione della
competenza giurisdizionale; (2) ricerca e individuazione della legge
applicabile; (3) circolazione delle decisioni rese da un tribunale di un paese
comunitario o extracomunitario.
Il prof. Devers ha quindi proceduto ad una sommaria
presentazione dei due principali strumenti regolamentari in vigore in relazione
alle materie in esame: vale a dire, in
primis il regolamento n. 2201 del 2003, detto regolamento Bruxelles II bis, concernente tanto la materia
matrimoniale, che quella della responsabilità parentale, nonché quello n. 44
del 2001, usualmente denominato Bruxelles I, relativo alla materia civile e
commerciale, ma applicabile anche al settore giusfamiliare delle obbligazioni
alimentari.
Il prof. Devers ha successivamente presentato i più
rilevanti strumenti convenzionali relativi alle questioni dibattute, vale a
dire le convenzioni dell’Aja sulla protezione dei minori (5 ottobre 1961),
sostituita da quella successiva sulla stessa materia (19 ottobre 1996, non
ancora entrata in vigore in Francia), quella sulle obbligazioni alimentari (2
ottobre 1973) ed infine quella circa la legge applicabile al regime
matrimoniale (14 marzo 1978).
Dopo aver illustrato le principali differenze tra la
«filosofia» del sistema dei regolamenti Bruxelles I e Bruxelles II bis, rispetto all’impianto delle citate
convenzioni, il relatore ha citato i principali strumenti d’aiuto pratico e
teorico alla comprensione del complesso sistema oggi in vigore in questo campo,
facendo altresì riferimento alla bibliographie
sélective fornita nel dossier
documentale distribuito.
Dopo un tour de
table tra tutti partecipanti (una trentina in totale, la maggior parte dei
quali costituita da giudici e pubblici ministeri francesi, oltre a magistrati
provenienti da Belgio, Germania, Italia, Lussemburgo e Spagna), il relatore ha
proceduto ad analizzare il concetto di «elemento di estraneità», quale momento
qualificante l’applicazione di una delle discipline in esame. Sottolineato lo
speciale rilievo in questo campo degli elementi della residenza abituale e della
nazionalità delle parti, il prof. Devers ha esattamente posto in luce come nei
conflitti familiari a dimensione transnazionale tali elementi appaiano sovente
nascosti, se non addirittura occultati dai legali delle parti. Se è vero,
infatti, che la nazionalità risulta usualmente dagli atti prodotti, è
altrettanto vero che la residenza abituale delle parti (così come del minore,
per i procedimenti che lo riguardano), appare assai più difficilmente
individuabile senza la cooperazione degli interessati. Per questo il relatore
ha ritenuto di dover porre un accento particolare sugli strumenti idonei a
risolvere tali dubbi e sulla necessità di sensibilizzare i legali.
Il prof. Devers si è quindi soffermato sul tema del
carattere officioso del rilievo della (in)competenza, a seguito di un
intervento della giurisprudenza di legittimità d’Oltralpe che, ponendo la
distinzione tra diritti disponibili e diritti indisponibili, ha invitato i
giudici francesi a tenere conto ex
officio della dimensione internazionale del conflitto endofamiliare.
Particolarmente interessante il caso, riportato dal relatore, dei divorzi
franco-marocchini, ove può verificarsi che il legale del marito, che intenda
ritardare la procedura, non sollevi la questione dell’applicabilità del diritto
marocchino sulla base della apposita convenzione tra i due paesi (mentre il
legale della moglie ha comunque interesse a non sollevarla, perché il diritto
francese è più «generoso» nei confronti di quest’ultima). Ora, il fatto che il
giudice ignori la questione offre la possibilità di appellare per tale motivo e
dunque ritardare la procedura. Il prof. Devers ha poi trattato degli accords procéduraux, pure ritenuti nulli
dalla Corte di Cassazione francese, se relativi a diritti indisponibili. Ciò
premesso, il relatore ha però prospettato l’opportunità che gli accordi
procedurali attinenti a questioni puramente patrimoniali inter coniuges siano considerati validi, in quanto aventi tratto a
diritti, a suo avviso, pienamente disponibili.
Il relatore ha poi animato una discussione, nel corso
della quale molti dei partecipanti sono intervenuti, sul dovere del giudice di
ricercare il contenuto del diritto straniero eventualmente applicabile,
concludendo che un giudice francese (ma il discorso vale, ovviamente, anche per
quello italiano) non può oggi giustificare l’applicazione della lex fori sulla semplice base del fatto
che le parti non hanno cooperato nella prova del contenuto delle disposizioni
straniere applicabili al caso di specie. Informazioni in proposito sono state
quindi fornite sugli strumenti utilizzabili a tale fine e in particolare sulla
rete giudiziaria europea (http://ec.europa.eu/civiljustice/index_it.htm)
e sull’istituto, presente in molte realtà europee, dei magistrati di
collegamento. Anche il problema dell’interpretazione della legge straniera e
dell’acquisizione degli strumenti per il reperimento delle fonti di tale
interpretazione è stato ampiamente dibattuto dai partecipanti.
Il prof. Devers è infine passato a trattare del tema
dell’eventuale contrasto della norma straniera rispetto all’ordre public (internazionale) francese, riferendo sul punto di diversi
casi pratici, relativi, tra l’altro, ad ipotesi di divorzio unilaterale (ripudio)
emessi nell’ambito di sistemi ispirati alla legge islamica. I partecipanti
hanno poi a lungo discusso il tema del contrasto con l’ordine pubblico delle
disposizioni delle leggi straniere che prevedano per il coniuge divorziato una préstation compénsatoire ridotta (talora
anche di molto) rispetto a quella che sarebbe normalmente dovuta secondo la
normativa francese.
2.
Seconda sessione (lunedì 15 settembre 2008 – pomeriggio). Regole di competenza
giurisdizionale in materia matrimoniale.
Nel pomeriggio del 15 settembre il prof. Cyril
Nourissat, dell’Università di Lione, con l’assistenza del prof. Devers, ha
trattato delle regole di competenza giurisdizionale in materia matrimoniale.
L’esposizione è iniziata con la precisazione dei termini fondamentali di
riferimento della materia, attinenti al
tema della désunion nei
rapporti di coppia caratterizzati dalla presenza di un elemento di estraneità.
Al riguardo il relatore ha precisato, innanzi tutto, che la scelta di politica
legislativa manifestata dal regolamento Bruxelles II bis è nel senso che le relative disposizioni trovano applicazione
con riguardo a criteri che vedono la nazionalità delle parti relegata in una
posizione ormai del tutto marginale. Ciò determina come conseguenza che,
sussistendo i criteri di competenza di cui al regolamento (essenzialmente
legati al profilo della residenza), le regole in esame vanno considerate come
applicabili anche in presenza di elementi di estraneità che portino verso un
sistema giuridico di un paese che non sia membro dell’U.E.
Ciò premesso il prof. Nourissat ha lungamente esposto
le linee evolutive che sembrano disegnarsi per il futuro. In particolare si è
soffermato sulla proposta di regolamento in materia di obbligazioni alimentari,
la quale dovrebbe, come noto, risolvere a livello di legislazione comunitaria
il problema della determinazione della competenza (sul punto riprendendo e
sviluppando i principi già enunciati dal regolamento Bruxelles I, con
particolare riguardo all’art. 5, par. 2), sia introducendo regole di diritto
internazionale privato sulla legge applicabile, sia, infine, trattando
dell’esecuzione delle relative decisioni, non senza predisporre un ricco
armamentario di strumenti di tipo cautelare a tutela dell’effettiva
realizzazione delle pretese alimentari. Sul punto ha concluso osservando come
il nuovo strumento dovrebbe essere varato entro la fine del 2008 o, al massimo,
entro il 2009.
Assai più controversa appare invece la sorte del
secondo strumento attualmente in preparazione, vale a dire il c.d. regolamento
Roma III, destinato a modificare le regole di competenza giurisdizionale in
materia di crisi coniugale e ad introdurre principi comunitari sulla legge
applicabile ai relativi conflitti transfrontalieri. Al riguardo la proposta di
regolamento è stata, paradossalmente, da alcuni paesi ritenuta troppo avanzata,
poiché introduce una forma di rilievo della volontà delle parti nella scelta
tanto del giudice che della legge applicabile alle predette controversie,
laddove altri governi – quelli, cioè, dei paesi la cui legislazione è
considerata tra le più avanzate (si pensi, in particolare, alla Svezia) –
temono di dover fare troppo da vicino i conti con sistemi ormai troppo
«arretrati» (si pensi a quelli di paesi che, come Malta, ancora non ammettono
il divorzio o che, come l’Italia, s’ostinano a non prevedere disposizioni in
tema di libere unioni extramatrimoniali o ad imporre un’ormai del tutto
anacronistica attesa triennale, una volta intervenuta la separazione, per
legittimare la richiesta di divorzio, ciò che, tra l’altro, alcuni ordinamenti
nordici oggi ritengono addirittura contrario al proprio ordine pubblico!).
Con riguardo a questa specifica proposta, il relatore
ha sottolineato come essa non appaia comunque tale da attribuire alla signoria
della volontà una possibilità di scelta illimitata, tanto del giudice
competente, che del diritto applicabile: si dovrebbe trattare, invece, di un choix encadré, per cui l’accordo delle
parti potrebbe muoversi solo all’interno di una cornice ben predefinita di
ipotesi, in presenza, comunque, di regole inderogabili ed eventualmente
destinate ad operare in difetto di un’intesa sul punto. Un vasto dibattito è
attualmente in corso sulle forme che un siffatto accordo dovrebbe assumere,
anche a garanzia della presenza di una piena consapevolezza dei coniugi sulle
conseguenze dell’intesa (e sul punto il prof. Nourissat ha parlato,
significativamente, di un choix éclairé).
In ogni caso il relatore ha difeso l’idea che si pone alla base della predetta
proposta, che consiste nell’intento di evitare il c.d. forum shopping, ed ha citato in proposito il caso dei coniugi
«deboli» britannici, i quali manifestano una tendenza ad instaurare il
contenzioso coniugale in Francia, in considerazione del sospetto con il quale i
giudici di questo paese (alla pari, del resto, come noto, della Cassazione
italiana), vedono gli accordi preventivi di divorzio, generalmente ritenuti
validi al di là della Manica, ma il cui contenuto è sovente proprio quello di
«ledere» l’interesse del coniuge non percettore di reddito (o percettore di un
reddito notevolmente inferiore a quello dell’altro). La soluzione che dovrebbe
rinvenirsi al fine di uscire dall’impasse
che si è determinata sarebbe quella di ricorrere alla c.d. coopération renforcée, secondo quanto deciso dal consiglio dei
ministri della giustizia dell’U.E. il 23 e 24 luglio 2008. Nel caso, quindi, di
accordo di almeno otto paesi membri, il regolamento potrebbe essere adottato da
questi ultimi paesi soltanto.
Il prof. Nourissat è quindi passato a trattare del
tema delle forme e dei tempi di effettuazione della scelta del diritto
applicabile, illustrando le conseguenze dell’adozione della soluzione che
potrebbe profilarsi come più probabile, vale a dire quella dell’ammissibilità di
una scelta compiuta anche, eventualmente, al momento della celebrazione delle
nozze, secondo il sistema statunitense dei prenuptial
agreements in contemplation of divorce.
Il relatore si è quindi addentrato nell’esame delle
regole di competenza giurisdizionale dettate dal regolamento Bruxelles II bis, evidenziandone le differenze
rispetto a quelle di cui al regolamento Bruxelles I, per ciò che attiene alle
prestazioni alimentari, ribadendo ancora una volta che i predetti strumenti non
interessano solo i ressortissants
communautaires, bensì tutti i soggetti che abbiano una residenza abituale
all’interno di uno dei Paesi dell’U.E., per cui il regolamento Bruxelles II bis è oggi la regola comune di diritto
internazionale privato. Si tratta, cioè, del primo testo cui fare riferimento
non solo nei rapporti «intra-europei», ma in ogni caso in cui, in un
procedimento dinanzi ad un giudice di un paese membro dell’U.E., vi sia un
elemento di estraneità, verso qualunque ordinamento straniero.
Esaminato il campo d’azione spaziale, il relatore è
passato a considerare il campo d’azione temporale del regolamento da ultimo
citato, per terminare sul concetto di campo d’azione materiale, avuto riguardo
alla definizione della nozione di «materia matrimoniale». Inevitabile, a questo
punto, il dibattito sulla possibilità di far rientrare in tale definizione
anche i matrimoni celebrati tra persone del medesimo sesso secondo gli
ordinamenti dei tre Paesi europei che attualmente ammettono siffatto genere di
unione (Belgio, Paesi Bassi e Spagna). Nel corso dell’ampia discussione che ne
è seguita i partecipanti (francesi e non) hanno nella stragrande prevalenza
manifestato l’opinione favorevole a ritenere valablement mariés (ovviamente, sotto il rispetto delle condizioni
fissate dagli ordinamenti d’origine) anche tali coppie, con conseguente
applicazione della disciplina del regolamento Bruxelles II bis da parte dei giudici di tutti i sistemi dei paesi membri
dell’U.E. In proposito il relatore ha sottolineato la necessità dell’adozione di
una nozione comunitaria di matrimonio, analogamente a quanto ritenuto, in
materia di adozione, dalla decisione Wagner c/ Lussemburgo, in relazione ad un
caso di adozione, in cui
Il complesso ed interessante exposé del prof. Nourissat è quindi terminato con un’analitica
disamina dei sette distinti criteri attributivi di competenza (chefs de compétence) di cui al
regolamento Bruxelles II bis, con
l’esame di diversi casi pratici e di sentenze francesi attinenti alla
definizione di «residenza abituale dei coniugi». Infine, per ciò che attiene
alle obbligazioni alimentari, il docente ha proceduto alla presentazione del
testo, e alla relativa discussione, dell’art. 5, par. 2, del regolamento
Bruxelles I.
3.
Terza sessione (martedì 16 settembre
2008 – mattina). Legge applicabile al divorzio e alle sue conseguenze.
La mattina del 16 settembre il prof. Devers ha
affrontato il tema del diritto applicabile al divorzio che presenti uno o più
elementi di estraneità, alla luce dei principi attualmente vigenti in Francia,
in attesa dell’approvazione del nuovo regolamento Roma III. In apertura,
peraltro, il docente è ritornato, su richiesta dei partecipanti, sul tema delle
domande di prestazioni di tipo alimentare, chiarendo come l’interpretazione
unanime di tale concetto lo porti ad estendersi ad ogni prestazione legata alla
vita matrimoniale: dal devoir de secours
et de contribution tra coniugi (il nostro dovere di contribuzione ex art. 143 c.c. it.), alla prestation compensatoire ed alla pension alimentaire tra ex coniugi e nei confronti dei figli.
Ancora una volta sono state rilevate le differenze tra le regole di competenza
ai sensi dell’art. 5, par. 2, del regolamento Bruxelles I e quelle di cui al
regolamento Bruxelles II bis,
ponendosi in luce come, in ogni caso, l’elemento determinante al fine
dell’individuazione della competenza sia la data di presentazione della
domanda, non rivestendo in proposito le successive variazioni nello stato di
fatto (cioè nei presupposti fattuali della competenza) alcun effetto.
Attenzione è stata prestata anche al caso di una
eventuale domanda risarcitoria, che non sembra rientrare in alcuna delle
disposizioni comunitarie. Così pure, su sollecitazione dei partecipanti, si è
discusso il tema del rilievo dell’eccezione prevista per le «cause» per le
quali vengono domandati il divorzio o la separazione (di cui all’ottavo
considerando del regolamento Bruxelles II bis),
sicuramente riferibile all’ipotesi italiana dell’addebito della separazione. Si
sono poi anche prese in esame le questioni del regime patrimoniale applicabile
e delle controversie relative al nome del coniuge: situazioni, queste, entrambe
escluse dalla sfera di operatività dei regolamenti oggi in vigore. Sul punto il
docente ha anche illustrato le ricadute del fatto che una materia entri o meno
nei suddetti strumenti in relazione al possibile rilievo officioso o meno
dell’incompetenza. Così, mentre ai sensi del regolamento Bruxelles II bis il giudice deve d’ufficio rilevare
il difetto di competenza e la costituzione del convenuto non opera alcun
effetto sanante, diversa può essere la soluzione per la questione del diritto
al nome o per le controversie sul regime patrimoniale, per le quali si
applicano le regole di diritto internazionale privato e processuale vigenti in
ogni sistema; queste ultime, a loro volta, possono prevedere il carattere non
officioso del rilievo e l’efficacia sanante di una eventuale costituzione del
convenuto.
Concluse le premesse di cui sopra, il docente è
passato all’esame delle disposizioni di diritto internazionale privato francese
in tema di legge applicabile al divorzio, avvertendo l’uditorio della necessità
di tenere ben distinte, da un lato, la legge applicabile al divorzio in sé
considerato e, dall’altro, la legge applicabile alle conseguenze del divorzio
stesso. Ne deriva quello che il prof. Devers ha definito il morcellement du contentieux matrimonial:
vale a dire l’applicazione «domanda per domanda» delle regole determinative del
diritto applicabile; ciò che potrebbe condurre all’applicazione, ad esempio, di
una legge al divorzio in quanto tale e di un’altra legge alle relative
conseguenze (o, addirittura, di leggi diverse per ciascuna delle diverse
conseguenze del divorzio).
Il docente ha poi ricordato le tre convenzioni
bilaterali che legano sul punto
Ciò premesso, il docente ha chiarito le conseguenze
dell’applicazione di una legge straniera più restrittiva o, al contrario, più
permissiva in materia di cause di divorzio, esaminando varie ipotesi di
possibili violazioni di principi d’ordine pubblico. Gli stessi problemi sono
anche stati esaminati con riguardo al versante degli effetti, con speciale
attenzione ai conflitti con discipline di paesi che ammettono ancora certe
discriminazioni uomo-donna.
4. Quarta sessione (martedì 16 settembre 2008 – pomeriggio). Conflitti
familiari trans-mediterranei. La circolazione delle decisioni sulla crisi
coniugale.
Nel pomeriggio di martedì 16 il collega Yves Rabineau,
magistrato di collegamento francese in Marocco, ha trattato dei conflitti
familiari trans-mediterranei, con particolare riferimento ai rapporti con il
sistema del regno del Marocco. Il relatore, dopo aver chiarito che, in alcuni
(peraltro non numerosi) casi, i sistemi di paesi musulmani presentano pochi
problemi sotto il profilo dell’ordine pubblico (si pensi alla Tunisia o alla
Turchia, le cui legislazioni nel campo giusfamiliare sono ormai completamente
dominate dal principio di laicità), ha proceduto ad illustrare la riforma
portata a termine nel 2004 nel regno del Marocco, per volontà dell’attuale
sovrano, che ha comportato un deciso superamento degli istituti di riferimento
del diritto matrimoniale di quell’ordinamento (ulteriori informazioni al
riguardo sono reperibili ai siti: www.justice.gov.ma;
http://adala.justice.gov.ma).
Nella prima parte della sua relazione, il collega ha
dunque trattato del matrimonio nel diritto marocchino: dalla natura
contrattuale dello stesso, secondo il diritto coranico, alle forme di
celebrazione e ai suoi principali effetti personali e patrimoniali. La seconda
parte è stata invece dedicata al divorzio. Il relatore ha così dettagliatamente
mostrato l’evoluzione storica e sociologica, dalla forma di ripudio
stragiudiziale concessa al solo marito (talaq:
ma sul punto il relatore ha sostenuto che oggi il termine «ripudio» non è più
in grado di rendere la realtà dell’istituto), e dalla forma di divorzio per
colpa concessa alla sola moglie (tatliq),
al nuovo istituto del divorzio giudiziale per intollerabilità della convivenza
(chiqaq), introdotto nel 2004. I vari
tipi di divorzio di cui sopra sono stati attentamente esaminati alla luce della
convenzione franco-marocchina del 1981 e delle norme francesi di diritto
internazionale privato, con particolare attenzione ai principi d’ordine
pubblico. Sotto questo profilo il relatore ha consigliato ai magistrati
francesi – con riguardo ai casi di applicazione della legge marocchina per
effetto della comune cittadinanza dei coniugi magrebini residenti in Francia –
di astenersi dall’omologazione di divorzi consensuali realizzati dinanzi ad
autorità non giurisdizionali, quali gli adoul,
invitandoli invece a seguire una procedura che determini l’applicazione della
citata riforma del 2004 (divorzio c.d. chiqaq).
Tale ultima forma di divorzio, ha aggiunto il collega, assorbe ormai il 90% dei
divorzi giudiziali. Il grande successo dell’istituto è che esso esime i
contendenti dalla prova di una colpa in capo alla controparte. Del resto, anche
il numero dei divorzi unilaterali stragiudiziali si è sensibilmente ridotto, al
punto che l’istituto sta cadendo in desuetudine.
La relazione di Yves Rabineau si è conclusa con una
rapida analisi dell’istituto della Kafala,
sovente utilizzata a impropri fini di «importazione» di bambini marocchini sul
territorio francese. Egli ha però avvertito che occorre distinguere nettamente
Il pomeriggio si è concluso con la relazione della
prof. Fabienne Jault, Maître de
conférences presso l’Università di Rouen, la quale ha brevemente trattato
della circolazione delle decisioni di divorzio, separazione ed annullamento del
matrimonio. Sul punto sono state illustrate le norme di cui agli artt. 21 ss.
del regolamento Bruxelles II bis,
distinguendo nettamente tra i concetti di riconoscimento (come tale automatico)
e di esecuzione, avuto anche riguardo agli effetti attinenti all’aggiornamento
delle iscrizioni nello stato civile di uno Stato membro a seguito di una
decisione di divorzio, separazione personale dei coniugi o annullamento del
matrimonio pronunciata in un altro Stato membro, contro la quale non sia più
possibile proporre impugnazione secondo la legge di detto Stato membro. La
relazione ha altresì trattato delle opposizioni al riconoscimento e delle
relative ragioni, nonché del procedimento per far valere tale forma di
opposizione.
5.
Quinta sessione (mercoledì 17 settembre
2008 – mattina). Competenza giurisdizionale e legge applicabile alla
responsabilità parentale.
La mattina di mercoledì 17 settembre il prof. Michel
Farge, Maître de conférences presso
Ciò premesso, il relatore ha chiarito cosa si intenda
per «egemonia» del regolamento Bruxelles II bis,
vale a dire la sua prevalenza sugli strumenti convenzionali sopra citati,
mentre alle disposizioni di diritto internazionale privato francese compete una
sfera d’azione del tutto residuale. Il docente è quindi passato a discutere
dell’ipotesi fondamentale del minore residente abitualmente sul territorio di
uno degli stati membri dell’U.E., con conseguente applicazione del regolamento
Bruxelles II bis. In tale caso, ha
proseguito, il giudice francese deve in primo luogo porsi il problema dell’età
del minore, atteso che il soggetto cui il regolamento si riferisce, vale dire
l’enfant, non viene ulteriormente
definito con riguardo a tale parametro. Sul punto esistono diverse teorie. La
prima appare riconducibile alla tesi della fissazione del termine all’età di 18
anni, conformemente alla maggiore età in Francia, così come nella maggior parte
dei paesi europei; dall’altra vi è chi reputa che l’età massima cui il
regolamento si riferisca sia quella di 16 di anni, in conformità a quanto previsto
dalla convenzione dell’Aja nel caso di sottrazione di minori. Secondo un’ultima
tesi, infine, dovrebbe essere la legge dello statut personnel del minore a determinare il suo assoggettamento (o
meno) al regolamento.
Il relatore ha quindi affermato che il concetto di responsabilité parentale, di cui al
regolamento comunitario, sarebbe più esteso di quello di autorité parentale, di cui alla legislazione interna francese; ciò
perché in Francia si ritiene (diversamente da quanto accade in Italia) che la
gestione dei beni dei minori non faccia parte della autorité parentale.
Il relatore si è quindi soffermato sul concetto di application spatiale del regolamento:
una applicazione spaziale assolutamente illimitata, purché almeno uno dei chefs de compétence del regolamento
stesso attribuisca competenza a un giudice di uno stato membro. Chiarito quanto
sopra il prof. Farge è passato ad analizzare analiticamente le disposizioni
attributive di competenza nei vari casi presi in esame dal regolamento.
Particolare attenzione è stata dedicata al problema della determinazione della résidence habituelle nel caso di
esercizio della potestà congiunto o alternato e ai casi di spostamento lecito e
illecito della residenza del minore. Il relatore ha quindi prospettato le varie
eccezioni al criterio-base della competenza fondata sulla residenza abituale
del minore, trattando altresì delle misure urgenti o provvisorie.
All’esposizione teorica hanno fatto seguito diverse esemplificazioni attinenti
a casi pratici, discussi con i partecipanti francesi e stranieri.
6.
Sesta sessione (mercoledì 17 settembre
2008 – pomeriggio). Circolazione delle decisioni rese in materia genitoriale.
Nel pomeriggio di mercoledì 17 settembre l’avv.
Alexandre Boiché, del foro di Parigi, ha trattato della circolazione delle
decisioni rese in materia genitoriale. Si è così proceduto ad un’attenta
analisi delle norme sul riconoscimento e di quelle sull’esecuzione delle
sentenze concernenti uno o più aspetti della responsabilità genitoriale (o,
secondo la terminologia italiana, potestà dei genitori). Chiarita la
fondamentale distinzione tra riconoscimento (automatico) ed esecuzione,
tendenzialmente bisognosa di exequatur,
il relatore ha subito posto in luce come la novità portata dal regolamento
Bruxelles II bis rispetto al
precedente regolamento Bruxelles II sia costituita dalla eliminazione della
necessità dell’exequatur per le
decisioni che ordinano il ritorno del minore, così come per quelle relative al diritto
di visita, insistendo peraltro sul fatto che, al di fuori di siffatte ipotesi,
la procedura d’exequatur va ancora
esperita.
La conclusione – è da notare – appare perfettamente
conforme a quanto di recente stabilito dalla nostra Corte Suprema (cfr. Cass.,
Sez. Un., 20 dicembre 2006, n. 27188), la quale ha deciso che «In tema di
riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia di responsabilità
genitoriale, nella disciplina del regolamento CE del Consiglio 27 novembre
2003, n. 2201/2003, le decisioni sull’esercizio della responsabilità
genitoriale, se non si sottraggono al principio generale dell’automatico
riconoscimento (restando l’eventuale disconoscimento subordinato ad iniziativa
di parte), non possono, solo perché riconosciute, essere poste in esecuzione,
vale a dire non possono costituire titolo per un’attività modificativa della
situazione in atto, all’uopo occorrendo, oltre alla previa notificazione, la
apposita declaratoria di esecutività, su istanza dell’interessato, di cui
all’art. 28 del citato regolamento. Ne deriva che la decisione del giudice
italiano, la quale modifichi una precedente scelta e sostituisca l’uno
all’altro genitore nella qualità di affidatario del figlio minore, non
autorizza il nuovo affidatario a prelevare e trasferire il minore stesso dallo
Stato membro in cui risieda assieme al precedente affidatario, rendendosi a tal
fine necessaria, la dichiarazione di esecutività».
L’avv. Boiché ha quindi trattato delle opposizioni
tanto al riconoscimento che all’esecuzione, illustrandone i possibili motivi.
Il relatore ha dedicato altresì una particolare attenzione al tema della
redazione dei certificati che il giudice o la cancelleria debbono rilasciare
perché il titolo esecutivo possa circolare e sia eseguibile ai sensi del
regolamento. I partecipanti hanno rivolto diverse domande su svariati profili
di carattere tecnico circa l’individuazione del soggetto tenuto al rilascio dei
certificati collocati nei vari annexes
del regolamento Bruxelles II bis e
disponibili nel sito delle Rete Giudiziaria Europea.
7. Settima
sessione (giovedì 18 settembre 2008 –
mattina). Sottrazione internazionale di minori.
La settima sessione dell’incontro è stata animata, la
mattina di giovedì 18 settembre 2008, dalla prof. Estelle Gallant, Maître de conférences all’Università Paris I, la quale ha trattato dello
scottante tema della sottrazione internazionale di minori. La relatrice si è
così soffermata a lungo sulla convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980,
avvertendo che, nell’applicazione pratica, è dovere del giudice accertare in
primo luogo che il paese rispetto al quale si pone la presenza di un elemento
di estraneità sia parte della convenzione. Peraltro, se il paese ove si colloca
la residenza abituale del minore è membro dell’U.E. occorre procedere ad
un’integrazione delle disposizioni convenzionali con quelle comunitarie, posto
che alcune disposizioni del regolamento Bruxelles II bis rinviano a quelle
della convenzione dell’Aja.
L’idea base della convenzione dell’Aja, rafforzata sul
punto dal regolamento, è quella secondo cui la decisione di merito sulla
potestà non va toccata, sin tanto che non sia stata ripristinata la legalità
della situazione con il ritorno del minore illecitamente sottratto. Dunque:
prima si deve «restituire» il minore e poi si potrà discutere (o ridiscutere)
del merito dell’affidamento e dei diritti di visita. D’altro canto esistono
misure di salvaguardia per evitare che l’assoluta automaticità del ritorno
possa determinare conseguenze pericolose. Va anche tenuto conto del fatto che
obiettivo del regolamento Bruxelles II bis
è proprio quello di diminuire le possibilità di ricorso alla clausola di
pericolo prevista dall’art. 13 della convenzione dell’Aja, per tornare al
genuino spirito di questa convenzione, la quale impone che il ritorno del
minore sia in ogni modo assicurato e che la prevaricazione compiuta dal
genitore che ha operato la sottrazione sia posta nel nulla.
Di estremo interesse le considerazioni
svolte dalla docente sull’interpretazione dell’art. 5 della convenzione
dell’Aja. Questa norma, invero, non chiarisce con sufficiente precisione quale
sia il corretto atteggiamento da tenere nel caso il minore sia affidato
congiuntamente, con la conseguenza che molti ritengono, erroneamente, che il
coniuge coaffidatario possa, contro la volontà dell’altro, condurre all’estero
il figlio, così invece realizzando una sottrazione internazionale. La prof.
Gallant ha però chiarito che la questione è ora definitivamente risolta
dall’art. 2, par. 11, lett. b), a mente del quale «L’affidamento si considera
esercitato congiuntamente da entrambi i genitori quanto uno dei titolari della
responsabilità genitoriale non può, conformemente ad una decisione o al diritto
nazionale, decidere il luogo di residenza del minore senza il consenso
dell’altro titolare della responsabilità genitoriale».
La docente ha poi insistito sulla
necessità di interpretare in modo restrittivo le eccezioni al principio del
necessario ritorno del minore, ponendo in luce che, ai sensi dell’art. 12 della
convenzione dell’Aja, l’ipotesi dell’integrazione del minore nel nuovo ambiente
non è causa autonoma di rifiuto dell’ordine che impone il ritorno, essendo
invece necessario che concorra l’elemento della tardività della presentazione
della domanda da parte del genitore interessato.
Particolare peso è stato attribuito alla trattazione
del profilo dell’audizione del minore, sia in forza delle disposizioni del
regolamento comunitario, sia per effetto delle previsioni di determinate
legislazioni europee (con particolare riguardo a quella tedesca, che impone,
anche per il riconoscimento delle decisioni straniere, che il minore di almeno
tre anni d’età sia udito), che prevedono di procedere a tale incombente, o per
lo meno di motivare le ragioni per le quali esso non è stato ritenuto possibile
o necessario.
L’accento è poi anche stato posto sull’art. 11, par.
5, del regolamento Bruxelles II bis,
a mente del quale l’audizione va accordata anche alla stessa parte ricorrente,
pena l’impossibilità di emettere una decisione di rifiuto. La prof. Gallant si
è poi intrattenuta su quella che viene definita come
Nel corso della stessa mattinata Mme Volant,
rappresentante del Bureau de l’entraide
judiciaire en matière civile et commerciale, direction des affaires civiles et
du sceau, vale a dire dell’ufficio che svolge la funzione in Francia di
autorità centrale, ha parlato, dal punto di vista pratico, delle attività del
proprio ufficio, della relativa composizione e della concreta gestione dei
rapporti con i vari paesi nel quadro delle disposizioni della convenzione dell’Aja
sulla sottrazione dei minori, precisando che informazioni al riguardo e
materiale documentale di notevole interesse sono presenti nel sito ufficiale
del Bureau (http://www.entraide-civile-internationale.justice.gouv.fr),
così come in quello francese sul tema della sottrazione dei minori (www.enlevement-parental.justice.gouv.fr)
ed in quello della Conferenza Internazionale dell’Aja (http://www.incadat.com/index.cfm).
Mme Volant ha poi fornito notizie sul modo in cui l’autorità centrale viene in
soccorso alle persone che subiscono una sottrazione di minore, illustrando come
i relativi procedimenti giurisdizionali siano posti in moto tramite il pubblico
ministero, salva sempre restando la possibilità di azione diretta, ai sensi
dell’art. 29 della convenzione dell’Aja. A titolo d’esempio, 66 azioni di
questo genere sono state iniziate dal p.m. in Francia nel 2007, utilizzando
l’art. 421 del Code de procédure civile
(corrispondente al nostro art. 70 c.p.c. it.).
Di estremo interesse la riforma
ordinamentale determinata dal Décret n°2004-1158
del 29 ottobre 2004, che ha previsto la specializzazione delle juridictions: ai sensi del testo
attualmente in vigore dell’art. 1210-4 del codice francese di rito, «Les
actions engagées sur le fondement des dispositions des instruments internationaux
et communautaires relatives au déplacement illicite international d’enfants
sont portées devant le juge aux affaires familiales du tribunal de grande
instance territorialement compétent en application de l’article L. 312-1-1 du
code de l’organisation judiciaire». La
regola è dunque che in questa materia vi sia un solo tribunale competente per
ogni distretto di corte d’appello (tendenzialmente quello del capoluogo).
8.
Ottava e ultima sessione (giovedì 18
settembre 2008 – pomeriggio). Tavola rotonda.
L’ultimo pomeriggio, la prof. Gallant ha coordinato
una tavola rotonda, nel corso della quale sono intervenuti l’avv. Charlotte
Butruille-Cardew, dei fori di Parigi e di Londra, oltre al magistrato di
collegamento canadese in Francia. L’avv. Butruille-Cardew ha prevalentemente
trattato dei profili civilistici dell’enlèvement
d’enfants e della regolamentazione
della potestà genitoriale in diritto internazionale privato e processuale,
rilevando in primo luogo la difficoltà per l’avvocato (e, conseguentemente, per
il giudice) di individuare con esattezza elementi quali quello della residenza
abituale, specie alla luce della giurisprudenza della Cassazione francese, che
vede quale momento costitutivo di tale aspetto anche un preciso elemento
soggettivo, intenzionale, costituito dal desiderio del soggetto di permanere in
un determinato luogo. Ulteriore difficoltà, ha proseguito, è data dalla
necessità di scindere le competenze territoriali in relazione alle varie
domande, atteso che i criteri che presiedono alle determinazioni delle varie
competenze non sono necessariamente coincidenti: così il giudice competente per
il divorzio può non essere competente per i profili della potestà e, talora,
neppure per le questioni attinenti agli assegni. Lo stesso è a dirsi per i
diritti applicabili ai vari profili della vicenda processuale della crisi
coniugale o dell’unione di fatto.
Un altro elemento importante è quello della
determinazione del momento in cui la presenza dei dati di fatto giustificanti
la competenza va verificata. Se è vero, infatti, che, nei procedimenti su
ricorso il momento determinante è quello del deposito di quest’ultimo, è
altrettanto vero che il regolamento chiede che al deposito abbia fatto seguito
la notifica in un délai raisonnable,
laddove, ad es., in Gran Bretagna, il termine che eventualmente superi un mese
viene considerato come non più ragionevole. Un’animata discussione ha fatto
seguito alla relazione, nel corso della quale la relatrice ha presentato
diversi casi pratici tratti dalla sua esperienza.
Il magistrat de
liaison canadese ha infine tracciato una panoramica delle questioni
penalistiche più ricorrenti nei rapporti tra Canada e Francia in materia di
diritto penale della famiglia, sia avuto riguardo al reato di sottrazione di
minori, sia con riferimento ai profili processuali. In questo quadro,
particolare attenzione è stata dedicata al tema dell’estradizione.