Sez. 1, Sentenza n. 9393 del 10/11/1994 (Rv. 488512)
Le clausole della separazione
consensuale omologata in tema di mantenimento, nel loro contenuto originario od
in quello ridefinito in esito alla procedura di cui agli artt. 710 e 711 cod.
proc. civ., hanno, ai sensi dell'art. 158 cod. civ. (nel testo risultante dalla
pronuncia della Corte Costituzionale n. 186 del 18 febbraio 1988), natura di
titolo giudiziale, anche ai fini dell'iscrizione d'ipoteca a norma dell'art.
2818 cod. civ., al pari delle statuizioni in proposito incluse nella sentenza
di separazione. Ne discende che l'avente diritto a detto mantenimento non è
abilitato, per difetto di interesse, a reclamare, con il rito ordinario o con
quello monitorio, una decisione di condanna all'adempimento, la quale si tradurrebbe
nella reiterazione di un titolo di cui già gode.
Sez. 1, Sentenza n. 9393 del 1994
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE I
Composta dagli Ill.mi Sigg.
Magistrati:
Dott. Francesco Enrico ROSSI Presidente
" Rosario DE MUSIS Consigliere
" Maria Gabriella LUCCIOLI "
" Giulio GRAZIADEI Rel. "
" Simonetta SOTGIU "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto
da
ALFREDO PAGAN, elettivamente domiciliato in Roma, Via di Pettinari n. 40,
presso l'Avv. Umberto Mariotti Bianchi, difeso dagli Avv.ti Michele Bighin e
Vincenzo Pelaggi per procura a margine del ricorso;
Ricorrente
contro
CARLA SFRISO;
Intimata
per la cassazione della sentenza del Conciliatore di Chioggia n. 7-90
depositata il 18 luglio 1990;
sentito il Cons. Graziadei, che ha svolto la relazione della causa, nonché il
Pubblico ministero, in persona del sostituto Procuratore generale Antonio
Martone, il quale ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Carla Sfriso, nel dicembre 1989, otteneva dal Conciliatore di Chioggia, a
carico del marito Alfredo Pagan, ingiunzione provvisoriamente esecutiva di
pagamento della somma di lire 845.600, che assumeva dovutale, in forza di provvedimenti
del Tribunale di Venezia del 21 gennaio 1988 e del 9 maggio 1989, per il
mantenimento proprio e di un figlio minore.
Il medesimo Conciliatore, con la sentenza dinanzi specificata, respingeva
l'opposizione dell'intimato, fra l'altro osservando:
- che l'esecutività del decreto ingiuntivo trovava giustificazione nelle prove
scritte allegate all'istante e nella mancata dimostrazione da parte
dell'opponente dell'insussistenza del credito nei suoi confronti fatto valere;
- che dette prove scritte erano costituite dai menzionati provvedimenti
giudiziali, prodotti in copia conforme;
- che tali provvedimenti avevano autonoma efficacia di titoli, ma non
precludevano alla creditrice la richiesta di un ulteriore titolo, quale il
decreto ingiuntivo, anche ai fini dell'art. 655 cod. proc. civ. (iscrizione
d'ipoteca giudiziale).
Per la cassazione di questa sentenza il Pagan ha proposto ricorso, con tre
motivi, mediante atto notificato il 17 settembre 1990. La Sfriso non ha
presentato controdeduzioni.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorrente, premesso che i provvedimenti del Tribunale di Venezia, invocati
dalla moglie a sostegno del dedotto credito, sono, rispettivamente, quello di
omologazione della separazione consensuale e quello di successiva modifica
delle disposizioni inerenti al mantenimento, disposta ai sensi degli artt. 710
e 711 cod. proc. civ., critica la sentenza impugnata;
a) per non aver rilevato che il secondo provvedimento, rideterminato "ex
novo" l'ammontare del mantenimento, ostava alla possibilità di avvalersi
del primo per reclamare maggiori somme, e, comunque, non consentiva il loro
riconoscimento in una sede diversa da quella prescritta per ulteriori
variazioni delle clausole della separazione;
b) per aver indebitamente onerato esso opponente, parte convenuta in senso
sostanziale, della prova negativa del diritto preteso dalla Sfriso;
c) per aver confermato la provvisoria esecutività del decreto sulla scorta di
motivazione contraddittoria e comunque non in linea con le condizioni in
proposito stabilite dall'art. 642 cod. proc. civ.;
d) per aver violato il principio "ne bis in idem",
illegittimamente accordano alla moglie, già munita di titolo esecutivo, la
facoltà di esperire altra iniziativa giudiziale per lo stesso credito;
e) per aver omesso di esaminare le questioni insorte circa la spettanza dello
"adeguamento ISTAT" e circa l'entità della somma in ipotesi ancora
dovuta per la relativa causale.
Tra le riportate censure ha carattere prioritario quella indicata sub d), in
quanto rivolta a contestare il diritto di azione della controparte, e quindi la
proponibilità della domanda formulata con la richiesta di decreto ingiuntivo,
sotto il profilo della carenza dell'indefettibile requisito di cui all'art. 100
cod. proc. civ.. La tesi, che coinvolge norme processuali, nonché, per i suoi
riflessi sul rapporto sostanziale, principi regolatori della materia, così
rientrando nell'ambito del sindacato consentito in questa sede sulle sentenze
del conciliatore (v. Cass. S.U. n. 6794 del 15 giugno 1991, cui si conforma la
successiva giurisprudenza), è fondata. Il Conciliatore di Chioggia ha negato la
possibilità di controllare la consistenza dei documenti prodotti, trattandosi
di provvedimenti del Tribunale di Venezia con autonoma valenza di titoli
giudiziali, e poi ha considerato tali titoli idonei a fornire pieno sostegno
allo "an" ed al "quantum" della pretesa creditoria della
Sfriso, senza necessità di alcuna integrazione con altri atti o prove (a
differenza di quanto verificatosi in analoga causa, vertente fra le stesse
parti su precedenti mensilità del mantenimento, e definita da questa Corte con
sentenza in corso di pubblicazione resa all'udienza del 28 aprile 1994, ove si
è rilevato che il medesimo Conciliatore aveva accolto la domanda della moglie
sulla base della dimostrazione documentale della sopravvenuta cessazione della
sua attività lavorativa).
Detta "ratio decidendi" esigeva l'identificazione dell'interesse
dell'istante al conseguimento di un nuovo titolo giudiziale a tutela del
diritto già assistito da titolo in precedenza formatosi. La risposta positiva
al relativo questio, data dalla pronuncia avrebbe consentito alla creditrice
l'iscrizione d'ipoteca, non si appalesa corretta.
L'affermazione trascura che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 186 del
18 febbraio 1988, ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 158 cod. civ., nella
parte in cui non prevede che il provvedimento di omologazione della separazione
consensuale costituisca titolo per l'iscrizione d'ipoteca giudiziale ai sensi
dell'art. 2818 cod. civ..
A seguito dell'intervento della Corte Costituzionale, le clausole sul
mantenimento incluse nella separazione consensuale omologata, nel contenuto
originario od in quello posteriormente ridefinito in esito alla procedura di
cui agli artt. 710 e 711 cod. proc. civ., hanno la medesima portata delle
statuizioni rese in proposito dalla sentenza di separazione giudiziale.
Ne discende che l'avente diritto a detto mantenimento, anche in forza di
separazione consensuale omologata, è privo d'interesse a reclamare, con il rito
ordinario o con quello monitorio, una pronuncia di condanna a carico
dell'obbligato, la quel si tradurrebbe nella reiterazione di un titolo di cui
già gode, e non approderebbe ad alcun risultato utile, nemmeno ai fini della
garanzia patrimoniale.
Le osservazioni svolte assorbono le altre deduzioni del Pagan, ed impongono, in
accoglimento del ricorso, il rilievo del difetto "ab origine" delle
condizioni di proponibilità della domanda della Sfriso, con la conseguenziale
caducazione del provvedimento monitorio e la cassazione senza rinvio della
pronuncia impugnata 8art. 382 terzo comma cod. proc. civ.).
La natura dei problemi affrontati e le peculiarità della concreta vicenda
rendono equa l'esclusione del diritto del Pagan al rimborso delle spese del
giudizio, in ragione d'integrale compensazione delle medesime.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso e cassa senza rinvio la sentenza impugnata per
originaria improponibilità della domanda avanzata da Carla Sfriso contro
Alfredo Pagan; compensa le spese dell'intero giudizio.
Roma, 8 giugno 1994