Sentenza n. 99 del 18/04/1997 Gazzetta Ufficiale n. 017 prima serie speciale del 23/04/1997 Presidente: GRANATA. Relatore: SANTOSUOSSO. APP NAPOLI 31/01/1996 Num.Reg.Ord. 960479 (Gazzetta Ufficiale num. 022 del 29/05/1996)
Filiazione - Figli legittimi e figli naturali - Tutela giuridica e sociale - Estensione - Provvedimento di sequestro - Disposizioni anche in favore di un figlio naturale riconosciuto - Omessa previsione - Richiamo alla giurisprudenza della Corte (v. sentenze nn. 214/1996, 55/1979, 82/1974, 50/1973 e 79/1969) - Discrezionalità legislativa - Riferimento alle sentenze nn. 65/1996 e 295/1995 nel senso di una interpretazione fedele alla Costituzione per quanto attiene ad un sequestro quale specifico strumento processuale a garanzia del mantenimento dei figli compresi quelli naturali riconosciuti o dichiarati - Non fondatezza nei sensi di cui in motivazione. Tipo di dispositivo: infondatezza. 075 ELEZIONI - 000 ELEZIONI Dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 156, sesto comma, del codice civile, sollevata, in riferimento all’art. 3, primo e secondo comma, della Costituzione, dalla Corte d’appello di Napoli.
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SENTENZA n. 0099 del 1997
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente Dott. Renato GRANATA
Giudice
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Dott.
Giuliano VASSALLI |
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
nel
giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 156, sesto comma, del codice
civile, promosso con ordinanza emessa il 31 gennaio 1996 dalla Corte d’appello
di Napoli nel procedimento civile vertente tra Ciarfei Patrizia, in proprio e
nell’interesse della figlia minore Mari Adriana a lei affidata, e Mari Antonio
iscritta al n. 479 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell’anno 1996.
Udito nella camera di consiglio del 12 febbraio 1997 il Giudice relatore
Fernando Santosuosso.
Ritenuto
in fatto
1.-- Nel corso di un procedimento in camera di consiglio
instaurato da tale Ciarfei Patrizia, in proprio e nell’interesse della figlia
minore Mari Adriana, a lei affidata con provvedimento del Tribunale per i
minorenni di Napoli, nei confronti di Mari Antonio, padre naturale della
minore, la Corte d’appello di Napoli ha sollevato questione di legittimità
costituzionale, in riferimento all’art. 3, primo e secondo comma, della
Costituzione, dell’art. 156, sesto comma, del codice civile, nella parte in cui
esclude che il provvedimento di sequestro ivi previsto possa essere disposto
anche nei confronti del genitore di un figlio naturale riconosciuto.
Rileva il giudice a quo di non condividere la decisione del Tribunale di
Napoli, che aveva in prime cure rigettato il ricorso
della donna sulla base del presupposto che l’art. 156 cod. civ. sarebbe applicabile solo nell’ambito di un giudizio di
separazione fra coniugi, rimanendo i diritti dei figli naturali tutelabili solo
con i rimedi previsti dall’art. 148 cod. civ.
L’interpretazione corretta del sistema, compiuta alla luce dei principi
costituzionali e della giurisprudenza della Corte costituzionale, dovrebbe
portare, secondo l’ordinanza di rimessione, ad un’estensione della portata
della norma; ma questa non sembra possibile perche l’art. 156 cod. civ. presuppone necessariamente l’esistenza di un giudizio di
separazione tra coniugi.
La Corte d’appello di Napoli, pertanto, ritiene che l’impossibilità di applicare
il disposto dell’art. 156, sesto comma, cod. civ., si
traduca in un’ingiustificata disparità di trattamento tra figli legittimi e
figli naturali riconosciuti; e tale disparita, priva di logica giustificazione,
determinerebbe il contrasto della norma predetta con l’art. 3 della
Costituzione.
2.-- Non si sono costituite le parti private, ne’ ha spiegato intervento il
Presidente del Consiglio dei ministri.
Considerato
in diritto
1.-- La Corte d’appello di Napoli solleva questione di legittimità
costituzionale, in riferimento all’art. 3, primo e secondo comma, della
Costituzione, dell’art. 156, sesto comma, del codice civile, nella parte in cui
esclude che il provvedimento di sequestro ivi previsto possa essere disposto
anche in favore di un figlio naturale riconosciuto, poiché tale omissione si
tradurrebbe in un’ingiustificata disparità di trattamento tra figli legittimi e
figli naturali.
2.--
Deve preliminarmente rilevarsi che, pur avendo l’ordinanza di rimessione della
Corte d’appello di Napoli fatto riferimento al solo parametro dell’art. 3
Cost., dal tenore complessivo del provvedimento si evince con sufficiente
chiarezza un implicito richiamo anche all’art. 30 Cost., poiché la doglianza
del giudice a quo si riferisce ad una ingiustificata disparità di trattamento
tra figli legittimi e figli naturali. Questa Corte ha più volte affermato in
proposito che (v. sentenze n. 352 del 1996, n. 153 del 1995 e n. 305 del 1994),
in caso di omissione, nel dispositivo dell’ordinanza di rinvio, dell’indicazione
di parametri costituzionali, la sollevata questione può ritenersi ugualmente
proposta in modo valido quando i medesimi parametri
risultino chiaramente deducibili, anche se solo in maniera implicita, dal
contesto della motivazione.
3.--
Nel merito, la questione è infondata nei sensi che verranno precisati.
La giurisprudenza costituzionale ha avuto più volte occasione, in applicazione
dei principi del citato art. 30 Cost., di estendere ai
figli naturali, riconosciuti o dichiarati, ogni forma di tutela, giuridica e
sociale (sentenze n. 214 del 1996, n. 55 del 1979, n. 82 del 1974, n. 50 del
1973 e n. 79 del 1969), ravvisando talvolta il limite, previsto dalla stessa
norma costituzionale, della incompatibilità con i diritti della famiglia legittima
(sentenze n. 167 del 1992 e n. 168 del 1984). Va inoltre premesso che il
sistema vigente già prevede una serie di misure che, pur dettate in diversi
ambiti normativi, sono finalizzate anche allo scopo di garantire, sia ai figli
legittimi che a quelli naturali, il loro mantenimento e l’adempimento dei
relativi oneri. Ed invero tali esigenze patrimoniali della prole sono prese in
considerazione direttamente, e non solo tramite l’esercente la potestà
parentale, da varie norme: si pensi all’art. 148 cod. civ.,
che può essere applicato, secondo costante giurisprudenza, anche ai figli
naturali, e che ammette la possibilità di una tutela del figlio nei confronti
del genitore mediante ordine ai terzi debitori di distrazione di una parte dei
redditi di chi è obbligato al mantenimento; agli artt. 433 e seguenti cod. civ., che prevedono l’obbligo degli alimenti anche a carico
degli ascendenti naturali; all’art. 671 cod. proc. civ.,
che regola il sequestro conservativo, mezzo di tutela della garanzia
patrimoniale di portata generale, applicabile, ricorrendone le condizioni,
anche nelle controversie tra genitori naturali per questioni concernenti il
mantenimento dei figli.
4.--
Per quanto specificamente riguarda il sequestro di cui all’art. 156, sesto
comma, cod. civ., questa Corte ha avuto modo di chiarire di recente (sentenza
n. 258 del 1996) che detto strumento, pur presentando indubbi elementi di
affinità col sequestro conservativo, è misura da quest’ultimo diversa, sia nei
presupposti che nelle finalita; il che comporta che la possibilità (o,
viceversa, l’impossibilita) di fruire di un simile strumento processuale può
tradursi in una maggiore (o minore) tutela.
E d’altronde il sequestro di cui alla norma impugnata, se può considerarsi di
carattere speciale, non assume quei connotati di eccezionalità al punto da
escludere la ravvisibilità di un valido tertium comparationis (v. sentenze n.
295 del 1995 e n. 298 del 1994, nonché ordinanza n. 109 del 1996, ove si
ribadisce che una norma di carattere eccezionale non può essere invocata in
nome del principio di uguaglianza). In altre parole, quindi, poiché il
sequestro di cui alla norma sottoposta a scrutinio non si identifica ne si sovrappone ma si affianca all’ordinario sequestro
conservativo, occorre valutare, nell’ambito degli indicati parametri
costituzionali, il nucleo sostanziale della censura prospettata dal rimettente,
se cioè l’utilizzabilità della predetta speciale misura di garanzia possa
estendersi anche a tutela delle esigenze di mantenimento dei figli naturali.
5.--
La disposizione sulla quale il giudice a quo richiede un intervento additivo di
questa Corte è collocata nell’ambito del procedimento di separazione personale,
regolato secondo una autonoma scansione, al fine di dare un assetto alla
famiglia legittima in crisi, affrontando - a seguito dell’autorizzazione dei
coniugi a vivere separati - sia le questioni personali (tra le quali
l’affidamento dei figli minori) che quelle patrimoniali. Tale specifica
configurazione della norma denunziata nell’ordinanza di rimessione risulta
indirettamente confermata nella recente sentenza n. 23 del
Deve tuttavia rilevarsi che, pur disciplinando le conseguenze dell’allentamento
del vincolo matrimoniale, il denunziato art. 156 cod. civ. esprime
principi riguardanti anche la responsabilità dei coniugi in quanto genitori.
Sotto quest’ultimo profilo, osserva la Corte che la riforma del diritto di
famiglia, portando a compimento il progetto voluto dalla Costituzione riguardo
ai figli naturali, ha sancito, con la modifica dell’art. 261 cod. civ., che "il riconoscimento comporta da parte del
genitore l’assunzione di tutti i doveri e di tutti i diritti che egli ha nei
confronti dei figli legittimi". Il genitore naturale, quindi, acquisisce
nei confronti del figlio da lui riconosciuto una
posizione sostanzialmente analoga a quella del genitore legittimo; con la
conseguenza che anche la prole naturale gode delle necessarie garanzie nei
confronti del genitore e che i limiti alla tutela essenziale della filiazione
naturale - non giustificati dalla incompatibilità con i diritti della famiglia
legittima - non sono conformi ai principi costituzionali.
Anche con riguardo agli strumenti processuali, va rilevato che l’ampia
discrezionalità riconosciuta in proposito al legislatore (v., ex plurimis,
sentenze n. 65 del 1996 e n. 295 del 1995) trova pur sempre un limite nei casi
in cui la disparità di trattamento sia palesemente irrazionale o arbitraria.
6.-- Alla luce di tali presupposti, la Corte ritiene che al sistema vigente
debba darsi una lettura diversa da quella indicata dal giudice a quo, tale da
andare indenne da dubbi di costituzionalita. Pur essendo vero, infatti, per
quanto esposto in precedenza, che la disposizione in esame è inquadrata nel
procedimento di separazione dei coniugi in un contesto diverso dalla convivenza
e dalla filiazione naturale, è
altresì vero che - analogamente a quanto ritenuto circa l’estensibilità
dell’ordine di distrazione delle somme previsto dall’art. 148 cod. civ.- anche
il sequestro di cui all’art. 156 cod. civ. è una forma
di attuazione del principio di responsabilità genitoriale, il quale postula che
sia data tempestiva ed efficace soddisfazione alle esigenze di mantenimento del
figlio (sentenza n. 258 del 1996), a prescindere dalla qualificazione dello
status. La norma che tale disposizione esprime deve pertanto ritenersi
ugualmente applicabile (al di fuori del procedimento di separazione), da parte
del giudice competente (v. sentenza n. 23 del 1996) nelle controversie
concernenti il mantenimento dei figli naturali poiché il sequestro de quo consiste, secondo quanto detto,
in un ulteriore mezzo di tutela speciale ma non eccezionale della prole.
Una interpretazione che ne
escludesse l’estensione a favore dei figli naturali, riconosciuti o dichiarati,
non coglierebbe l’intima ratio della
norma, ne’ la valenza sistematica del menzionato principio, e condurrebbe ad
una inaccettabile disparità di trattamento. È invece possibile una interpretazione secundum
constitutionem, ritenendosi che lo speciale sequestro in oggetto sia
autonomamente enucleabile come specifico strumento processuale entrato a far
parte del nostro ordinamento a garanzia del mantenimento dei figli, ivi
compresi quelli naturali riconosciuti o dichiarati.
La costante giurisprudenza di questa Corte, com’è noto, impone, in caso di
possibili letture alternative delle norme, di scegliere quella conforme a
Costituzione, senza pervenire alla extrema ratio della declaratoria di
illegittimità costituzionale.
Seguendo l’interpretazione nei sensi ora delineati, pertanto, la questione
sfugge alle prospettate censure di costituzionalita.
Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara
non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 156, sesto comma, del codice civile, sollevata, in
riferimento all’art. 3, primo e secondo comma, della Costituzione, dalla Corte
d’appello di Napoli con l’ordinanza di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della
Consulta, il