E' ormai giunto il momento di occuparsi dei problemi concernenti la tecnica di redazione delle leggi. Non è un mistero - si tratta, anzi, d'un luogo comune in Italia - che la formulazione dei testi normativi è andata peggiorando nel corso di questi ultimi anni(86). Si potrebbero citare al riguardo svariati esempi. In primo luogo diverse leggi non contengono ormai altro che una lunga serie di rinvii ad altre disposizioni, a loro volta emendate, abrogate, modificate, ecc.(87): un sistema, questo, che è stato giustamente e ironicamente definito come di leggi-matrioska(88). Per giunta, il contenuto di svariati articoli è divenuto piuttosto simile a quello di sezioni o di titoli, se non addirittura di intere leggi, al punto che si contano ormai articoli composti da oltre duecento commi(89)!
Talora è la correttezza sul piano linguistico a soffrirne in maniera grave. Per limitarsi ad un esempio basterà ricordare il caso dell'art. 169 c.c.(90), costituito da un'unica frase nella quale si rinvengono contemporaneamente tre periodi ipotetici negativi, di cui uno formulato in modo passivo. Non si tratta qui solo d'un problema di sintassi o d'eleganza formale: invero, in base al principio per il quale due negazioni affermano, la presenza di più negazioni o espressioni negative in una medesima frase dà sovente luogo a dei controsensi; per ciò che riguarda invece le espressioni passive non va mai dimenticato che dietro a ciascuna di esse si cela assai sovente la questione di chi siano i soggetti dell'azione descritta dal verbo che regge la frase(91).
Talvolta è l'impiego di termini vaghi e generici a rendere il testo non abbastanza chiaro, dando luogo ad interminabili dispute. Così, allorquando il Legislatore italiano ha posto tra le condizioni per l'assegno al divorziato la circostanza che questi non disponga di "mezzi adeguati" ha lasciato aperta la questione sul fatto se l'aggettivo "adeguati" debba riferirsi ad un livello di vita normale, ovvero ad un livello di vita identico a quello di cui l'ex coniuge godeva durante il matrimonio (laddove è chiaro che quest'ultimo potrebbe collocarsi ad un livello ben superiore rispetto al primo, nel caso di notevole disparità di reddito tra le parti).
Spesso, poi, si è persino obbligati a constatare
nel Legislatore un certo livello di ignoranza dei concetti giuridici e
dei problemi che si celano dietro a ciascuno di questi. Così, per
restare nel campo del diritto di famiglia, si potrebbe citare il caso dell'art.
177 c.c.(92), che, con il richiamo al termine
"acquisti", non consente di stabilire se tali vicende acquisitive possano
portare a far sì che la comunione legale abbia ad oggetto anche
diritti di credito, ovvero debba intendersi limitata ai diritti reali.
Un altro esempio potrà essere preso da una legge piuttosto recente
che ha introdotto nel nostro sistema le disposizioni della direttiva comunitaria
in materia di clausole abusive nei contratti dei consumatori(93).
Qui il termine francese professionnel è stato tradotto -
probabilmente per un fenomeno d'assonanza - in "professionista". Ora, nel
linguaggio giuridico italiano, questo termine non può indicare se
non il soggetto che esercita una professione liberale, laddove nel testo
in esame è evidente che può anche trattarsi (ed anzi, nella
maggior parte dei casi si tratta) di un imprenditore(94),
soggetto che, in linea di principio, nell'ordinamento italiano, nulla ha
a che vedere con la figura del professionista(95).
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(87) Si riportano qui di seguito due esempi presi a caso tra gli innumerevoli che potrebbero citarsi: "Allegato - modificazioni apportate in sede di conversione al decreto-legge 29 giugno 1996, n. 341. All'articolo 1, sono premessi i seguenti: Art. 01. 1. Le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 1990, n. 404, come modificate dall'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 290, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 1994, n. 443, sono ulteriormente prorogate sino al 31 dicembre 1996. (...)" (cfr. l'allegato all'art. 1, l. 8 agosto 1996, n. 427).
"Il termine di cui al quinto comma dell'articolo 18 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, modificato dall'articolo 8 della legge 29 luglio 1980, n. 385, e dall'articolo 1 del decreto-legge 8 gennaio 1981, n. 4, convertito in legge dalla legge 12 marzo 1981, n. 58, è prorogato al 31 dicembre 1985. La sanzione di cui al quinto comma dell'articolo 18 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, non si applica per le concessioni in scadenza dal 30 gennaio 1982 alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto" (cfr. art. 1, comma 5-quinquies, d.l. 22 dicembre 1984, n. 901, convertito con modifiche in l. 1 marzo 1985, n. 42).
(89) Cfr. per esempio gli artt. 1, 2 e 3, l. 23 dicembre 1996, n. 662, composti, rispettivamente, di 267, 224 e 217 commi; per una spiegazione di questa vera e propria mostruosità - legata, come noto, alla necessità del Governo di fronteggiare l'ostruzionismo parlamentare - v. G.U. Rescigno, Le tecniche legislative oggi in Italia, in Legimatica: informatica per legiferare, a cura di Biagioli, Mercatali e Sartor, Atti della Giornata di studio. Legimatica: informatica per legiferare. L'informatica al servizio degli organismi legislativi in Europa e in Italia, Firenze, 25 novembre 1994, cit., p. 18 ss.
(90) Nella formulazione introdotta dalla legge di riforma del diritto di famiglia (l. 19 maggio 1975, n. 151).
(91) Per una critica della formulazione attuale dell'art. 169 c.c. e per un commento al riguardo v. per tutti Corsi, Il regime patrimoniale della famiglia, II, 2, Milano, 1984, p. 98 ss.
(92) Introdotto nel 1975 dalla riforma citata (cfr. supra, nota 90).
(93) Cfr. la l. 6 febbraio 1996, n. 52, che ha dato attuazione della direttiva comunitaria del 5 aprile 1994 relativa alla clausole abusive nei contratti dei consumatori, introducendo gli artt. da 1469-bis a 1469-sexies c.c. Sull'argomento cfr. per tutti Roppo, La nuova disciplina sulle clausole abusive nei contratti fra imprese e consumatori, in Riv. dir. civ., 1994, I, p. 277 ss.; Giampieri, L'attuazione della direttiva sulle clausole abusive negli stati dell'Unione Europea, ivi, 1995, II, p. 551 ss.; Pardolesi, Clausole abusive, pardon vessatorie: verso l'attuazione di una direttiva abusata, in Riv. crit. dir. priv., 1995, p. 523 ss.
(94) Cfr. per tutti Alpa, La riformulazione delle condizioni generali dei contratti delle banche, in Contratti, 1996, p. 6.