(III)

Esecuzione dei provvedimenti in materia di diritto di visita

del genitore non affidatario.

Possibilità, da parte del giudice dello Stato richiesto,

di «portare gradualmente a regime» l’esecuzione del provvedimento straniero.

Il caso Re S (Brussels II: Recognition: Best interests of child) (No 2) [2003] EWHC 2974 (Fam).

 

Ai sensi del Regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000, applicabile dal 1° marzo 2005 (regolamento usualmente denominato «Bruxelles II bis»), ciascuna parte interessata può richiedere che una decisione in materia di responsabilità genitoriale, resa nell’ambito di un procedimento di divorzio, sia riconosciuta e resa esecutiva in un altro Stato membro.

Anche qui, come per le decisioni in tema di separazione, divorzio o annullamento del matrimonio, vale la regola secondo cui il riconoscimento è automatico (cfr. art. 21).

Si tenga però presente che, in materia di responsabilità dei genitori, il profilo che emerge come più rilevante non è tanto quello del riconoscimento, quanto quello dell’esecuzione. Sul punto trovano applicazione le disposizioni di cui agli artt. 28 ss. In particolare, Le decisioni relative all’esercizio della responsabilità genitoriale su un minore, emesse ed esecutive in un determinato Stato membro, sono eseguite in un altro Stato membro dopo esservi state dichiarate esecutive su istanza della parte interessata, purché siano state notificate. L’istanza per la dichiarazione di esecutività è proposta ai giudici che figurano nell’elenco comunicato da ciascuno Stato membro alla Commissione conformemente all’art. 68.

 

Per quanto attiene agli aspetti procedurali, il regolamento vuole che il giudice statuisca tempestivamente che la decisione è esecutiva in questo Stato membro. Tuttavia, il giudice deve rigettare l’istanza di exequatur nei seguenti casi:

·        se la decisione è manifestamente contraria all’ordine pubblico in questo Stato membro,

·        salvo in caso d’urgenza, se la decisione è stata resa senza che il figlio abbia avuto la possibilità di essere ascoltato,

·        qualora la parte che ritiene che la decisione sia lesiva della propria potestà di genitore non abbia avuto la possibilità di essere ascoltata,

·        quando la decisione è stata resa in contumacia, se la domanda giudiziale o un atto equivalente non è stato notificato al convenuto contumace in tempo utile e in modo tale che possa presentare le proprie difese,

·        se la decisione è in contrasto con un’altra decisione (ad alcune condizioni) (cfr. artt. 22 ss.).

 

I principi di cui sopra (e salve alcune importanti e, per certi aspetti, radicali differenze, che verranno illustrate in seguito), erano in buona sostanza già presenti nel previgente Regolamento (CE) n. 1347/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di potestà dei genitori sui figli di entrambi i coniugi (denominato anche comunemente «Bruxelles II»).

Proprio a tale regolamento si riferisce il caso di cui si dirà qui di seguito. Dopo l’esposizione di tale caso si vedrà anche se il regolamento attualmente in vigore potrebbe portare a conseguenze diverse.

 

* * *

 

La controversia cui ci si riferisce è quella risolta dalla Family Division della High Court of Justice con sentenza dell’8 dicembre 2003 (Re S (Brussels II: Recognition: Best interests of child) (No 2) [2003] EWHC 2974 (Fam)), i cui estremi rilevanti ai fini della decisione si possono riassumere nei termini seguenti.

 

·        Padre e madre sono coniugi separati.

·        Il padre è cittadino belga, la madre ha cittadinanza britannica e italiana.

·        I coniugi hanno un figlio di pochi mesi d’età (qui chiamato M) al momento della separazione.

·        Il giudice belga, nella procedura di separazione, ha affidato il figlio alla madre, che è tornata in Gran Bretagna, nel contempo stabilendo un regime di visite piuttosto complesso ed intenso a favore del padre, residente in Belgio, come segue:

«[M’s] residence shall be arranged by mutual agreement between the parties and that, failing such mutual agreement, the following residence shall be arranged—

– [M] shall stay with petitioner [viz the father]:

– during summer holidays: from 15 July up to and including 31 July and from 15 August up to and including 31 August, always from and until 12 o’clock at noon;

– during Christmas and Easter holidays: always the first week from Sunday noon until Sunday noon, always at 12 o’clock noon;

– during autumn and spring (half-term) holidays (early February): from Sunday noon until the next Sunday noon, always at 12 o’clock at noon;

– one extended weekend in May, ie in the week of Ascension Day, until Sunday noon, always at 12 o’clock at noon.

– [M] shall stay with the defendant [viz the mother] all other days.

Decide that petitioner shall come and pick up the child and bring him back on the days and at the times specified above».

·        Al momento della separazione il figlio aveva meno di un anno.

·        Dopo un certo periodo, quando il figlio ha quasi tre anni e non ha mai lasciato la madre, il padre si rivolge alla giustizia inglese per ottenere l’esecuzione del provvedimento belga, nella parte in cui vengono stabiliti i diritti di visita a suo favore.

·        Il padre si rivolge alla corte inglese ai sensi degli artt. 13 ss. del Regolamento n. 1347/2000 del 29 maggio 2000.

·        La madre si oppone, affermando che

§       il tribunale belga difettava di giurisdizione a provvedere, ma anche perché a suo avviso

§       l’esecuzione della misura sarebbe stata in contrasto rispetto all’interesse del minore, dal momento che il provvedimento belga non aveva tenuto in conto la tenerissima età del bambino e il fatto che il medesimo non era mai stato separato dalla madre.

 

Il giudice decide il caso emettendo un order for contact nei termini del provvedimento belga, cui dà attuazione, prevedendo peraltro un periodo transitorio di otto mesi di phasing in, cioè nel quale l’esecuzione del provvedimento straniero viene «gradualmente portato a regime».

 

Questi i passi salienti del ragionamento del giudice inglese.

·        Ai sensi dell’art. 21 c’è un «overriding duty to enforce a foreign order».

·        Ai sensi dell’art. 24 «there could be no review as to its substance and only limited discretion under Art 24(2) to refuse to enforce the order for the reasons specified in Arts 15, 16 and 17. There was no variation power».

·        Il giudice richiesto nella procedura di esecuzione ha solo il potere di «phase in», cioè di portare gradualmente a regime il provvedimento straniero, secondo le considerazioni seguenti.

·        In primo luogo il giudice si chiede quale sia il significato dei termini «eseguire» ed «esecuzione», concludendone che contiene anche necessariamente il potere di adattare il provvedimento sul diritto di visita, nel senso di applicarlo restrittivamente «in the shorter term».

«What, however, does ‘enforce’ and ‘enforcement’ mean in the context of section 2 and Brussels II as a whole? It does not, in my view, carry the narrow meaning of ‘apply sanctions’, rather it means to give force or effect to the underlying judgment or, in plain language, to make it happen. Child contact involves and depends upon the interaction of human beings, including the child himself, and is almost invariably a process (ie repeated contact over a period) rather than a single event. To apply a sanction at a particular part of the process, or to insist that a particular part of the process takes place, may be to imperil future parts of the process. In short, to make contact happen in the long term may require restraint in the short term. These are truisms of family law. So, as an integral part of the active function of enforcing – ie making happen – the proposed contact in the longer term, a court may have to adapt or show restraint in the shorter term».       

·        Peraltro, avverte il giudice, vi sono differenze tra l’eseguire un provvedimento interno ed eseguire un provvedimento straniero secondo quanto disposto dal regolamento Bruxelles II.

«Within a purely domestic case the welfare of the child must be paramount even in the enforcement process, although consideration of obedience to court orders is important too. Under section 2, Enforcement, of Brussels II, however, the duty of, and discretion in, the court are different. Under Art 21 there is an overriding duty to enforce. There can be no review as to substance and only limited discretion under Art 24(2). There is no variation power. The duty is to make the foreign judgment happen and there is only such discretion as fulfilment of that duty requires. I agree with Mr Everall that the court has some discretion to ‘phase in’, if and to the extent that phasing in will eventually best make the foreign judgment happen. But that is all. The moment the court exercises any more general discretion it would be reviewing the foreign judgment as to its substance or exercising a discretion outside the scope of Art 24(2). The target has to be to make the foreign judgment happen as soon as that can effectively be achieved. The position of the child, and of the adults, and the well-being of the child are all relevant. If, for instance, contact is forced too quickly so the child later refuses to go, that is not effectively to enforce or make the judgment happen. But welfare is not paramount or even the primary consideration». 

·        Ciò premesso il giudice si chiede come possa procedere nel caso concreto a questa fase di progressiva messa a regime del provvedimento straniero. In primo luogo vengono esposte le ragioni che consigliano un approccio quanto mai graduale.

«M is only 3 next month. He has always been in the care of his mother. He cannot remember a time when he was alone with his father. His primary attachment must be with his mother, and any attachment with his father must be markedly less strong. His father’s use and command of English is limited (he needed an interpreter in court), so there may be a language barrier, too, in communication».

·        Poi il giudice confessa che, se l’unico criterio fosse quello dell’interesse del minore (e non quello dell’esecuzione della misura straniera), il regime di visite avrebbe dovuto essere assai più ristretto.

«If I was to make the welfare of M paramount, I would incline to a gradual and progressive build-up of contact leading possibly, but only possibly, to a one week staying visit in Belgium next summer at the earliest».        

·        Peraltro, il regime di visita accordato dal provvedimento non può sicuramente essere eseguito immediatamente, così come è, nella sua interezza.

«But, I consider, too, that contact can, if necessary, progress at a faster pace. To stay abruptly in Belgium for one week in the first week of the Christmas holidays (ie in only about 2–3 weeks’ time from now), as strict application of the order requires, would be a grave mistake and one which the father does not seek or suggest. Nor am I prepared to require a week as soon as ‘early February’ as the order also requires. But by late April there can have been four of five once-monthly weekends of staying contact, first here and later in Belgium».   

·        Ed ecco la soluzione proposta (rectius: imposta) dal giudice.

«The pace is still very fast, but I think it is just possible to contemplate a week’s stay in Belgium by then, followed by an ‘extended weekend’ from Thursday to Sunday in the week of Ascension Day in late May. The Belgian order requires a total of 4½ weeks with the father out of 6½ weeks from mid-July to the end of August. That, too, seems so much, when he is still only 3, as to imperil the order as a whole, but he might just be able to manage one week in mid-July and then a 16-day period at the end of August if, meantime, he has had 3 weeks back with his mother. After that the Belgian order must be applied and obeyed according to its letter unless, as the order itself contemplates, the parents mutually agree otherwise».  

·        Per quanto attiene, poi al luogo in cui le visite dovrebbero avere luogo, osserva il giudice quanto segue.

«There is nothing in the Belgian order to require that the father’s contact can only be in Belgium and he may wish to take M on family holidays elsewhere (last year he holidayed in Greece). So I am not justified in restricting, or entitled to restrict, the father’s contact specifically to Belgium (and to France, through which he might travel), as the mother requests. But in order to give overall effect to the Belgian order (which requires the return of M to his mother at the end of contact), I will restrict the father’s contact to any country which is a Member State of the European Union (to all of which, except Denmark, Brussels II extends) and is a Contracting State to the Hague Convention».   

·        Il provvedimento si chiude quindi con le osservazioni seguenti.

«As I have already explained, the reasons for non-recognition specified in Art 15(2) are capable of reconsideration at the enforcement stage. However, for similar reasons that I expressed in my first judgment at the registration stage, I do not consider that an order reflecting the above terms and made in enforcement of the Belgian order is manifestly contrary to English policy nor, I think, did Mr Everall so argue. For these reasons, and by way of enforcement pursuant to Art 21 of Brussels II of the order of the Rechtbank van Eerste Aanleg of Antwerp made on 12 July 2002, there will be an order in terms that I have already announced».

 

* * *

 

Come si è detto, il caso in esame è stato deciso sotto il vigore del regolamento 1347/2000. Il regolamento attualmente in vigore (2201/2003) ha però provveduto ad eliminare la necessità dell’exequatur per

·        l’esecuzione di decisioni riguardanti il diritto di visita o

·        ordinanti il ritorno del minore.

 

In tal modo si garantisce meglio il diritto del minore di mantenere contatti diretti e personali con entrambi i genitori dopo un divorzio, anche quando i genitori vivono in Stati membri diversi. In alcuni casi, i genitori possono essere restii a lasciare andare i loro figli in un altro Stato membro per far visita all’altro genitore, benché a quest’ultimo sia stato riconosciuto il diritto di visita. Il nuovo testo mira a risolvere il problema, consentendo che le decisioni riguardanti il diritto di visita siano riconosciute e automaticamente eseguite in un altro Stato membro.

 

Ad esempio, se una madre non vuole che il figlio si rechi in un altro Stato membro per far visita a suo padre conformemente alla decisione pronunciata, il padre può chiedere che la decisione sia resa esecutiva nell’altro Stato membro come se fosse stata resa in questo Stato. In tal caso, non è più necessario avviare un’ulteriore azione giudiziaria per far dichiarare esecutiva tale decisione.

 

Sul punto stabilisce il nuovo regolamento del 2003 (art. 41) che le decisioni sul diritto di visita sono riconosciute ed eseguibili in un altro Stato membro senza che sia necessaria alcuna dichiarazione di esecutività e senza che sia possibile opporsi al loro riconoscimento se le decisioni sono state certificate nello Stato membro d’origine.

 

Anche se il diritto interno non prevede l’esecutività di diritto, nonostante un eventuale ricorso, di una decisione che accorda un diritto di visita, l’autorità giurisdizionale può dichiarare la decisione esecutiva.

Il giudice di origine rilascia a tal fine un certificato, sulla base di un modello standard, alle seguenti condizioni:

·         in caso di procedimento in contumacia, la domanda giudiziale o un atto equivalente è stato notificato o comunicato al convenuto contumace in tempo utile e in modo tale che questi possa presentare le proprie difese, o è stato notificato o comunicato nel mancato rispetto di queste condizioni, sia comunque accertato che il convenuto ha accettato la decisione inequivocabilmente;

·         tutte le parti interessate hanno avuto la possibilità di essere ascoltate;

·         e

·         il minore ha avuto la possibilità di essere ascoltato, salvo che l’audizione non sia stata ritenuta inopportuna in ragione della sua età o del suo grado di maturità.

·         Il certificato standard deve essere compilato nella lingua della decisione.

Se il diritto di visita riguarda un caso che sin dall’atto della pronuncia della decisione riveste un carattere transfrontaliero, il certificato è rilasciato d’ufficio quando la decisione diventa esecutiva, anche se solo provvisoriamente. Se il caso diventa transfrontaliero solo in seguito, il certificato è rilasciato a richiesta di una della parti.

 

Da segnalare al riguardo, per i profili tecnici, un’utilissima Guida pratica all’applicazione del nuovo regolamento Bruxelles II, predisposta redatto dai servizi della Commissione con la consulenza della Rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale, disponibile all’indirizzo web seguente:

http://europa.eu.int/comm/justice_home/ejn/parental_resp/parental_resp_ec_vdm_it.pdf. 

 

        Nel caso sopra esaminato, dunque, il padre non dovrebbe oggi più fare ricorso in Gran Bretagna, ma dovrebbe limitarsi a chiedere al giudice belga l’emanazione del certificato di cui si è riferito, per poter poi ottenere l’esecuzione oltre Manica. Ma proprio la fattispecie esaminata dimostra come una «brutale» e meccanica esecuzione di un provvedimento sul diritto di visita in una situazione del genere di quella illustrata (cioè quando il provvedimento è stato emesso molto tempo prima, non ha mai avuto concreta esecuzione ed il figlio – di tre anni – non ha mai visto l’altro genitore, titolare del diritto di visita) sarebbe potenzialmente foriera di conseguenze devastanti. In tale situazione alla madre (nel caso illustrato) non rimarrebbe altra via se non (in alternativa) precipitarsi in Belgio per chiedere la modifica del provvedimento, oppure (più correttamente: ma la questione andrebbe risolta, con ogni probabilità, alla luce del disposto dell’art. 12 del regolamento del 2003) adire il giudice inglese (facendo valere la regola di competenza fondata sulla residenza abituale del minore) per chiedere l’emanazione di nuovi provvedimenti.

        In ogni caso, saggiamente, l’art. 48 del regolamento del 2003 stabilisce quanto segue:

 

«Articolo 48

Modalità pratiche per l’esercizio del diritto di visita

1. L’autorità giurisdizionale dello Stato membro dell’esecuzione può stabilire modalità pratiche volte ad organizzare l’esercizio del diritto di visita, qualora le modalità necessarie non siano o siano insufficientemente previste nella decisione emessa dalle autorità giurisdizionali dello Stato membro competente a conoscere del merito e a condizione che siano rispettati gli elementi essenziali di quella decisione.

2. Le modalità pratiche stabilite a norma del paragrafo 1 cessano di essere applicabili in virtù di una decisione posteriore emessa dalle autorità giurisdizionali dello Stato membro competenti a conoscere del merito».

 

In quest’ottica sembra a chi scrive che un provvedimento di phasing in, del genere di quello qui descritto, sarebbe ancora immaginabile (e, ovviamente, più che opportuno).

 

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