LA RILEVANZA DELLA
RESIDENZA ABITUALE DEL CONIUGE
IN DIRITTO COMUNITARIO,
NELLA DETERMINAZIONE DELLA GIURISDIZIONE
E DELLA LEGGE APPLICABILE,
IN RELAZIONE AI PROCEDIMENTI DI
SEPARAZIONE E DIVORZIO.
LA LITISPENDENZA INTERNAZIONALE.
I PROVVEDIMENTI PROVVISORI E CAUTELARI
IN CASI D’URGENZA.
Traccia ipertestuale della relazione svolta al
convegno organizzato dal Centro Studi Family
Law in Europe presso il Ministero degli Affari Esteri il 21 giugno 2010 |
1. Premessa. Diritto europeo della famiglia: tra cooperazione
giudiziaria in materia civile e determinazione della legge applicabile.
2. Il rilievo «extracomunitario» ed
«ecumenico» delle disposizioni del Regolamento n. 2201 del 2003 in
tema di determinazione della competenza giurisdizionale.
3. I criteri di competenza in materia di crisi coniugale
«transfrontaliera»: le loro principali caratteristiche.
4. I criteri di competenza in materia di crisi coniugale
«transfrontaliera»: individuazione.
5. La nozione autonoma del concetto di residenza abituale.
6. Il criterio della residenza abituale
nell’applicazione del Regolamento n. 2201 del 2003 da parte della
Cassazione italiana.
7. Il criterio della residenza abituale
nell’applicazione del Regolamento n. 2201 del 2003 da parte della
Cassazione francese.
8. Il carattere della stabilità nella determinazione
della residenza abituale nell’applicazione del Regolamento n. 2201 del
2003.
9. Il rilievo dell’elemento intenzionale nella
determinazione della residenza abituale nell’applicazione del Regolamento
n. 2201 del 2003.
10. Il rilievo, ai fini della competenza giurisdizionale,
della doppia cittadinanza dei coniugi.
11. L’influenza del concetto di «residenza
abituale» sulla determinazione della legge applicabile.
12. La litispendenza internazionale nel contenzioso sulla
crisi coniugale.
13. I provvedimenti provvisori e cautelari in casi
d’urgenza.
Il
tema assegnato prende in considerazione – avuto riguardo alle cause di
separazione e divorzio caratterizzate dalla presenza di elementi di
estraneità – due distinti profili:
·
quello della
determinazione del giudice dotato di competenza giurisdizionale e
·
quello della
determinazione della legge applicabile.
Il
primo punto si iscrive nell’ «ottica di Bruxelles»:
·
per un breve
excursus dalla convenzione di Bruxelles al Regolamento Bruxelles I e al Reg.
Bruxelles II e II bis cfr. la pagina
web seguente: http://giacomooberto.com/giornataeuropea2007/contenzioso_ue_I.htm
Ben
diversa è l’ «ottica di Roma»:
·
storia della
proposta Roma III, su cui v. la pagina web
seguente: http://giacomooberto.com/giornataeuropea2007/contenzioso_ue_II.htm;
·
attuale proposta
di cooperazione rafforzata: cfr. il sito web
seguente: http://conflictoflaws.net/2010/commissions-proposal-on-applicable-law-to-divorce;
·
comunque oggi (in
attesa di Roma III), quanto al diritto applicabile, valgono ancora le norme di
d.i.p. anche nelle cause «europee»: artt. 29, 30 e 31, l. n. 218
del 1995.
Differenza
de jure condito (ma anche de jure condendo) tra criteri da tenere
in considerazione per la determinazione del giudice competente e il diritto
applicabile:
Determinazione del
giudice competente (cause di
separazione e divorzio – rapporti tra coniugi) |
Determinazione del
diritto applicabile (cause di
separazione e divorzio – rapporti tra coniugi) |
Determinazione del
diritto applicabile (cause di
separazione e divorzio – rapporti tra coniugi) |
Fonte
normativa vigente: Artt. 3
ss. Reg. Bruxelles II-bis |
Fonte
normativa vigente: Art. 31,
l. n. 218 del 1995 |
Fonte
normativa (de jure condendo): Nuova proposta Roma
III (cooperazione rafforzata) |
Articolo
3 Competenza
generale 1.
Sono competenti a decidere sulle questioni inerenti al divorzio, alla
separazione personale dei coniugi e all’annullamento del matrimonio le
autorità giurisdizionali dello Stato membro: a)
nel cui territorio si trova: -
la residenza abituale dei coniugi, o -
l’ultima residenza abituale dei coniugi se uno di essi vi risiede
ancora, o -
la residenza abituale del convenuto, o -
in caso di domanda congiunta, la residenza abituale di uno dei coniugi, o -
la residenza abituale dell’attore se questi vi ha risieduto almeno per
un anno immediatamente prima della domanda, o -
la residenza abituale dell’attore se questi vi ha risieduto almeno per
sei mesi immediatamente prima della domanda ed è cittadino dello Stato
membro stesso o, nel caso del Regno Unito e dell’Irlanda, ha ivi il
proprio "domicile"; b)
di cui i due coniugi sono cittadini o, nel caso del Regno Unito e
dell’Irlanda, del "domicile" di entrambi i coniugi. 2.
Ai fini del presente regolamento la nozione di "domicile" cui
è fatto riferimento è quella utilizzata negli ordinamenti
giuridici del Regno Unito e dell’Irlanda. Articolo
4 Domanda
riconvenzionale L’autorità
giurisdizionale davanti alla quale pende un procedimento in base
all’articolo 3 è competente anche per esaminare la domanda
riconvenzionale in quanto essa rientri nel campo d’applicazione del
presente regolamento. Articolo
5 Conversione
della separazione personale in divorzio Fatto
salvo l’articolo 3, l’autorità giurisdizionale dello Stato
membro che ha reso la decisione sulla separazione personale è
altresì competente per convertirla in una decisione di divorzio,
qualora ciò sia previsto dalla legislazione di detto Stato. Articolo
6 Carattere
esclusivo della competenza giurisdizionale di cui agli articoli 3, 4 e 5 Il
coniuge che: a)
risiede abitualmente nel territorio di uno Stato membro o b)
ha la cittadinanza di uno Stato membro o, nel caso del Regno Unito e
dell’Irlanda, ha il proprio "domicile" nel territorio di uno
di questi Stati membri può
essere convenuto in giudizio davanti alle autorità giurisdizionali di
un altro Stato membro soltanto in forza degli articoli 3, 4 e 5. Articolo
7 Competenza
residua 1.
Qualora nessun giudice di uno Stato membro sia competente ai sensi degli
articoli 3, 4 e 5, la competenza, in ciascuno Stato membro, è
determinata dalla legge di tale Stato. 2.
Il cittadino di uno Stato membro che ha la residenza abituale nel territorio
di un altro Stato membro può, al pari dei cittadini di
quest’ultimo, invocare le norme sulla competenza qui in vigore contro
un convenuto che non ha la residenza abituale nel territorio di uno Stato
membro né ha la cittadinanza di uno Stato membro o che, nel caso del
Regno Unito e dell’Irlanda, non ha il proprio "domicile" nel
territorio di uno di questi Stati membri. |
Art.
31. Separazione
personale e scioglimento del matrimonio. 1.
La separazione personale e lo scioglimento del matrimonio sono regolati dalla
legge nazionale comune dei coniugi al momento della domanda di separazione o
di scioglimento del matrimonio; in mancanza si applica la legge dello Stato
nel quale la vita matrimoniale risulta prevalentemente localizzata. 2.
La separazione personale e lo scioglimento del matrimonio, qualora non siano
previsti dalla legge straniera applicabile, sono regolati dalla legge
italiana. |
Article
3 Choice
of applicable law by the parties 1.
The spouses may choose by mutual agreement the law applicable to divorce and
legal separation,
provided that such law is in conformity with the fundamental rights defined
in the Treaties
and in the Charter of Fundamental Rights of the European Union and with the principle
of public policy, from among the following laws: (a)
the law of the State of the spouses’ habitual residence at the time of
conclusion of the agreement; (b)
the law of the State of the spouses’ last habitual residence if one of
them still lives there
at the time of conclusion of the agreement; (c)
the law of the State of nationality of one of the spouses at the time of
conclusion of the agreement; (d)
the lex fori. 2.
Without prejudice to paragraph 4, an agreement designating the applicable law
may be concluded
and modified at any time, but at the latest when the court is seised. 3.
The agreement referred to in paragraph 2 shall be expressed in writing, dated
and signed
by both spouses. Any communication by electronic means which provides a
durable record
of the agreement shall be deemed equivalent to writing. However,
if the law of the participating Member State in which the two spouses have
their habitual
residence at the time of conclusion of the agreement lays down additional
formal requirements
for this type of agreement, those requirements shall apply. If the spouses
are habitually
resident in different participating Member States and the laws of those
Member States
provide for different formal requirements, the agreement shall be formally
valid if it satisfies
the requirements of either of those laws. 4.
If the lex fori so provides, the spouses may also designate the law
applicable before the court
during the course of the proceeding. In that event, such designation shall be
recorded in court
in accordance with the lex fori. Article
4 Applicable
law in the absence of a choice by the parties In
the absence of a choice pursuant to Article 3, divorce and legal separation
shall be subject to
the law of the State: (a)
where the spouses are habitually resident at the time the court is seised;
or, failing that, (b)
where the spouses were last habitually resident, provided that the period of
residence did
not end more than one year before the court was seised, in so far as one of
the spouses still resides
in that State at the time the court is seised; or, failing that, (c)
of which both spouses are nationals at the time the court is seised; or,
failing that, (d)
where the court is seised. Article
5 Application
of the lex fori Where
the law applicable pursuant to Article 3 or Article 4 makes no provision for divorce
or does not grant one of the spouses equal access to divorce or legal
separation on grounds of their
sex, the lex fori shall apply. Article
6 Exclusion
of renvoi Where
this Regulation provides for the application of the law of a State, it refers
to the rules of
law in force in that State other than its rules of private international law. Article
7 Public
policy Application
of a provision of the law designated by virtue of this Regulation may be
refused only
if such application is manifestly incompatible with the public policy of the
forum. Article
8 States
with more than one legal system 1.
Where a State comprises several territorial units each of which has its own
rules of law in
respect of divorce and legal separation, each territorial unit shall be
considered a State for the
purpose of determining the law applicable under this Regulation. 2.
A participating Member State within which different territorial units have
their own rules
of law in respect of divorce and legal separation shall not be required to
apply this Regulation
to conflicts of law arising between such units only. |
Articolo
di Roberta Clerici sulla rivista Aiaf
|
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Sentenza
della Corte giustizia CEE 29 novembre 2007 (Sundelind c. Lopez):
22
Certamente, tale disposizione, che prevede che un convenuto che ha la residenza
abituale in uno Stato membro o che è cittadino di uno Stato membro
può essere citato dinanzi ai giudici di un altro Stato membro, tenuto
conto del carattere esclusivo delle competenze definite agli artt. 3‑5
del regolamento n. 2201/2003, solo in base a tali disposizioni – e, di
conseguenza, ad esclusione delle norme di competenza fissate dal diritto
nazionale – non vieta, al contrario, che un convenuto che non ha
né la sua residenza abituale in uno Stato membro né la cittadinanza
di uno Stato membro possa, a sua volta, essere citato dinanzi ad un giudice
di uno Stato membro in base alle norme di competenza previste dal diritto
nazionale di tale Stato. |
Trib.
Belluno su coniugi indiani.
TRIBUNALE DI BELLUNO, 6
marzo 2009, n. 106 Nel
caso di domanda di divorzio proposta da coniugi che non sono cittadini
italiani e che hanno contratto matrimonio
nel paese d’origine (nella specie, in India) va affermata la
giurisdizione del giudice italiano, in forza del
Regolamento CE n. 2201/2003 in materia matrimoniale che trova applicazione a
prescindere dalla cittadinanza europea
delle parti ed indipendentemente dalle norme sulla giurisdizione previste dal
diritto nazionale. Nella
fattispecie, la giurisdizione italiana (di carattere esclusivo, ai sensi
dell’art. 6 del Regolamento) va affermata a
norma dell’art. 3, 1 comma, lett. a), del citato Regolamento, il quale
fissa il criterio generale della residenza, e
in particolare, nella specifica ipotesi di domanda congiunta, il criterio
della “residenza abituale di uno dei coniugi” che sussiste nel caso in esame
poiché entrambe le parti risiedono nel territorio italiano. A
norma dell’art. 31, comma 1, l. n. 218 del 1995, lo scioglimento del
matrimonio è regolato dalla legge nazionale comune
dei coniugi al momento della domanda e non osta all’accoglimento della
domanda l’assenza di una
precedente sentenza di separazione, in quanto la norma straniera che non
prevede tale requisito ai fini del divorzio non è contraria all’ordine
pubblico italiano. |
·
Ci chiediamo se
questa ratio decidendi (questa
«valenza ecumenica» riconosciuta ai criteri del regolamento
Bruxelles II bis sulla determinazione
del giudice dotato di competenza giurisdizionale) sia estensibile (e la
risposta ritengo debba essere positiva) anche ad altri casi, ad es.:
§
alla proposta
regolamento su legge applicabile (c.d. Roma III), oppure
§
al Regolamento n.
4 del 2009 sulle prestazioni alimentari, anch’esso incentrato sul
concetto di residenza abituale:
Articolo
3 Disposizioni
generali Sono
competenti a pronunciarsi in materia di obbligazioni alimentari negli
Stati membri: a)
l’autorità giurisdizionale del luogo in cui il convenuto risiede abitualmente;
o b)
l’autorità giurisdizionale del luogo in cui il creditore risiede abitualmente;
o c)
l’autorità giurisdizionale competente secondo la legge del foro
a conoscere di un’azione relativa allo stato delle persone qualora
la domanda relativa a un’obbligazione alimentare sia accessoria
a detta azione, salvo che tale competenza sia fondata unicamente
sulla cittadinanza di una delle parti; o d)
l’autorità giurisdizionale competente secondo la legge del foro
a conoscere di un’azione relativa alla responsabilità
genitoriale qualora
la domanda relativa a un’obbligazione alimentare sia
accessoria a detta azione, salvo che tale competenza sia
fondata unicamente sulla cittadinanza di una delle parti. |
·
Da tenere
presente poi la regola seguita per la determinazione del diritto applicabile
nel caso deciso dal Trib. Belluno (applicazione del diritto indiano): art. 31,
l. d.i.p. e non contrarietà all’ordine pubblico internazionale
italiano della regola di diritto straniero che consente il divorzio immediato;
·
E’ da
tenere presente, per ciò che attiene al divorzio immediato, che la nostra giurisprudenza da un certo numero
di anni ha manifestato una sempre maggiore disponibilità ad applicare
disposizioni straniere che prevedono modalità di divorzio diverse da
quelle contemplate dalla disciplina materiale italiana: sono state, infatti,
ritenute compatibili con i principi essenziali del foro le norme marocchine ed
albanesi che prevedono il divorzio immediato per maltrattamenti (v.
rispettivamente, Trib. Pordenone, 14 settembre 2005, in Riv. dir, int. priv. proc., 2006, p. 181; Trib. Tivoli, 14 novembre
2002, in Riv. dir. int. priv. proc.,
2003, p. 402; cfr. anche Trib. Napoli, 26 aprile 2000, in Giur. napoletana, 2000, p. 460 relativa ad un’ipotesi di
applicazione della legge di Cabo Verde), ma anche le norme statunitensi sul
divorzio immediato per mutuo consenso
·
Su questo ultimo
specifico profilo cfr. da ultimo Cass., 25 luglio 2006, n. 16978: «In
tema di riconoscimento di sentenza straniera di divorzio, la circostanza che il
diritto straniero (nella specie, il diritto di uno Stato degli USA) preveda che
il divorzio possa essere pronunciato senza passare attraverso la separazione
personale dei coniugi ed il decorso di un periodo di tempo adeguato tale da
consentire ai coniugi medesimi di ritornare sulla loro decisione, non
costituisce ostacolo al riconoscimento in Italia della sentenza straniera che
abbia fatto applicazione di quel diritto, per quanto concerne il rispetto del
principio dell’ordine pubblico, richiesto dall’art. 64, comma 1,
lettera g), della legge 31 maggio 1995, n. 218, essendo a tal fine necessario,
ma anche sufficiente, che il divorzio segua all’accertamento
dell’irreparabile venir meno della comunione di vita tra i
coniugi».
·
Cfr. inoltre
Cass., 28 maggio 2004, n. 10378: «Non può essere ritenuta
contraria all’ordine pubblico, per il solo fatto che il matrimonio sia
stato sciolto con procedure e per ragioni e situazioni non identiche a quelle
contemplate dalla legge italiana, una sentenza di scioglimento del matrimonio
pronunciata, fra cittadini italiani, dal giudice straniero il quale abbia fatto
applicazione del diritto straniero. Ed infatti attiene in realtà
all’ordine pubblico solo la esigenza che lo scioglimento del matrimonio
venga pronunciato solo all’esito di un rigoroso accertamento - condotto
nel rispetto dei diritti di difesa delle parti, e sulla base di prove non
evidenzianti dolo o collusione delle parti stesse - dell’irrimediabile
disfacimento della comunione familiare, il quale ultimo costituisce
l’unico inderogabile presupposto delle varie ipotesi di divorzio previste
dall’art. 3 della legge n. 898/70».
·
Si v. poi anche
Cass., 10 novembre 1989, n. 4769: «A norma dell’art. 797 n. 7 cod.
proc. civ. - come interpretato a seguito dell’introduzione nella
legislazione vigente dell’art. 10 della convenzione dell’Aja
dell’1 giugno 1980, resa esecutiva con legge 10 giugno 1985 n. 301,
secondo cui ciascuno stato contraente può rifiutare il riconoscimento di
un divorzio (o di una separazione personale), se è “manifestamente
incompatibile con il suo ordine pubblico” - la sentenza straniera di
divorzio è contraria all’ordine pubblico italiano e non è
quindi delibabile in Italia solo quando sia lesiva dei principi fondamentali ed
irrinunciabili dell’ordinamento interno. Pertanto, con riguardo al principio
fondamentale ed irrinunciabile stabilito nel nostro ordinamento per lo
scioglimento del matrimonio della irreversibile dissoluzione del vincolo, non
può essere negata la delibazione della pronuncia del giudice straniero
(nella specie della Repubblica di Grecia) che abbia sciolto, per mutuo
consenso, il matrimonio fra cittadino italiano e cittadina straniera (greca)
atteso che la disciplina processuale che attribuisca esclusivo valore alla
volontà dei coniugi, quale prova esclusiva del venir meno della
comunione di vita e della impossibilità di ricostituirla, senza alcuna
possibilità per il giudice di contrastare tale richiesta, non è
contraria all’ordine pubblico italiano, tenendo anche presente
l’introduzione nel nostro ordinamento della domanda congiunta di divorzio
(art. 11 della legge 6 marzo 1987 n. 74, che ha sostituito l’art. 4 della
legge 1 dicembre 1970, n. 898) che valorizza proprio la concorde volontà
dei coniugi ai fini dello scioglimento del vincolo».
·
Quanto sopra
rappresenta un dato certamente significativo se solo si considera che, ancora
non molti anni fa, una decisione di merito ritenne incompatibile con
l’ordine pubblico la legge francese che ammetteva il divorzio per colpa
senza un preliminare periodo di separazione (v. Trib. Venezia, 14 novembre 1996,
in Riv. dir. int. priv. proc., 1997, p. 158).
·
Particolare, poi,
il caso del “divorcio express” spagnolo (Trib. Firenze, 18 maggio
2009).
Divorzio
senza separazione. Possibile anche con tre mesi di matrimonio. Il
Tribunale di Firenze con la sentenza n. 1723 del 18 maggio 2009, ha accolto
l’istanza di divorzio di una donna fiorentina che, dopo essersi sposata
in Italia con un cittadino spagnolo, era andata a vivere nella terra del
marito, dove però il rapporto, dopo solo tre mesi, era naufragato. Il
giudice ha applicato i seguenti principi: ai sensi dell’articolo 31
della l. 218/1995, alla procedura di divorzio va applicata la legge nazionale
comune (cioè la stessa) dei due coniugi al momento della domanda. Se
questa legge comune manca, si applica la legge dello Stato in cui il rapporto
coniugale è stato vissuto per più tempo. Così
facendo non ha “recepito” una pronunciata sentenza straniera ma
ha applicato direttamente la legge spagnola siccome ritenuta la sola idonea a
regolare il rapporto coniugale di quei coniugi, e questo dopo un percorso di
verifica della legge straniera di “non contrarietà ai principi
fondamentali della Costituzione e dell’ordinamento italiano”.
Legge che in tal caso consente lo scioglimento del matrimonio senza passare
obbligatoriamente per la separazione. |
Come
rilevato in dottrina (Queirolo):
4. I criteri di competenza in materia di crisi
coniugale «transfrontaliera»: individuazione.
I criteri di competenza in materia di crisi coniugale
«transfrontaliera» sono individuati dal Regolamento n. 2201/2003
all’art. 3 e sono:
Più
esattamente, la norma rilevante in materia stabilisce quanto segue:
CAPO
II COMPETENZA SEZIONE
1 Divorzio,
separazione personale e annullamento del matrimonio Articolo
3 Competenza
generale 1.
Sono competenti a decidere sulle questioni inerenti al divorzio, alla
separazione personale dei coniugi e all’annullamento del matrimonio le
autorità giurisdizionali dello Stato membro: a)
nel cui territorio si trova: -
la residenza abituale dei coniugi, o -
l’ultima residenza abituale dei coniugi se uno di essi vi risiede
ancora, o -
la residenza abituale del convenuto, o -
in caso di domanda congiunta, la residenza abituale di uno dei coniugi, o -
la residenza abituale dell’attore se questi vi ha risieduto almeno per
un anno immediatamente prima della domanda, o -
la residenza abituale dell’attore se questi vi ha risieduto almeno per
sei mesi immediatamente prima della domanda ed è cittadino dello Stato
membro stesso o, nel caso del Regno Unito e dell’Irlanda, ha ivi il
proprio "domicile"; b)
di cui i due coniugi sono cittadini o, nel caso del Regno Unito e
dell’Irlanda, del "domicile" di entrambi i coniugi. 2.
Ai fini del presente regolamento la nozione di "domicile" cui
è fatto riferimento è quella utilizzata negli ordinamenti
giuridici del Regno Unito e dell’Irlanda. |
5. La nozione autonoma del concetto di residenza
abituale.
La nozione
che occorre avere del concetto di residenza abituale è, secondo
l’opinione unanime degli interpreti, una nozione autonoma, del tutto
avulsa da quella che può essere stata elaborata in relazione al diritto
nazionale del giudice che è chiamato ad applicarla. Ciò risponde
del resto al fatto che siffatta nozione è stata elaborata in seno alla
Conferenza dell’Aja (cfr. Campiglio Mosconi e Baratta):
Tornando alle questioni specifiche
dell’individuazione della competenza giurisdizionale e del ruolo che in
relazione ad essa il criterio della residenza abituale può giocare
potranno esaminarsi alcuni casi pratici.
Il primo da prendere in considerazione è quello
risolto da una recentissima decisione di legittimità (cfr. Cass., Sez.
Un., 17 febbraio 2010, n. 3680):
Il
caso: |
Moglie
italiana anagraficamente residente da trent’anni in Belgio, ma di fatto
residente in Italia, per stare vicino al figlio, iscritto
all’università di Pisa. Marito tedesco residente in Belgio. La
moglie chiede al giudice italiano di pronunziare la separazione personale. Marito
eccepisce il difetto di giurisdizione del giudice italiano e propone
regolamento preventivo di giurisdizione articolato in tre motivi,
perché sia dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano
in favore di quello belga. Cass.
ritiene che la M. quale attrice residente in Pisa abitualmente da oltre un
anno prima del suo ricorso di separazione abbia correttamente individuato nel
Tribunale di Pisa il giudice della sua domanda, dovendosi rigettare il
presente regolamento che chiedeva di dichiarare sulla domanda la
giurisdizione del giudice belga |
La normativa di riferimento: |
CAPO
II COMPETENZA SEZIONE
1 Divorzio,
separazione personale e annullamento del matrimonio Articolo
3 Competenza
generale 1.
Sono competenti a decidere sulle questioni inerenti al divorzio, alla
separazione personale dei coniugi e all’annullamento del matrimonio le
autorità giurisdizionali dello Stato membro: a)
nel cui territorio si trova: -
la residenza abituale dei coniugi, o -
l’ultima residenza abituale dei coniugi se uno di essi vi risiede
ancora, o -
la residenza abituale del convenuto, o -
in caso di domanda congiunta, la residenza abituale di uno dei coniugi, o -
la residenza abituale dell’attore se questi vi ha risieduto almeno per
un anno immediatamente prima della domanda, o -
la residenza abituale dell’attore se questi vi ha risieduto almeno per
sei mesi immediatamente prima della domanda ed è cittadino dello Stato
membro stesso o, nel caso del Regno Unito e dell’Irlanda, ha ivi il
proprio "domicile"; b)
di cui i due coniugi sono cittadini o, nel caso del Regno Unito e
dell’Irlanda, del "domicile" di entrambi i coniugi. 2.
Ai fini del presente regolamento la nozione di "domicile" cui
è fatto riferimento è quella utilizzata negli ordinamenti
giuridici del Regno Unito e dell’Irlanda. |
CIVILE/cassazione Cassazione civile - Quotidiano del: 06/03/2010 (Sezioni unite civili, ordinanza n. 3680/10; depositata il 17 febbraio)
Separazione: residenza abituale "sostanziale" determinante per stabilire la giurisdizione tra più Stati membri
Cassazione - Sezioni unite civili - ordinanza 2 - 17 febbraio 2010, n. 3680 Presidente Carbone - Relatore Forte Fatto Con ricorso depositato il 27 ottobre 2008 e notificato il 6 novembre 2008 A. M. M., cittadina italiana residente a omissis, premesso di aver contratto in omissis il omissis matrimonio concordatario con il cittadino tedesco H. H. P. S. V. S., residente in omissis a omissis, ha chiesto al Tribunale di Pisa di pronunciare la separazione personale di lei dal marito. Dall’unione era nato il omissis il figlio A., dopo che le parti avevano già acquistato nel omissis un appartamento in comunione in omissis; dopo pochi mesi dalla nascita del figlio, la M., secondo quanto dedotto nel ricorso di separazione, ha ridotto a tempo limitato il suo lavoro per poter dedicarsi più completamente al bambino, pur continuando a svolgere attività di controllo nell’erogazione degli omissis per conto della omissis, alle cui dipendenze ella operava, funzioni che le imponevano spesso di viaggiare tra i vari Stati. Pertanto nel omissis si era deciso, sull’accordo dei coniugi, che la M. avrebbe lasciato il lavoro per dedicarsi alla famiglia e al figlio, mentre il V. S. avrebbe continuato il lavoro prestigioso e sempre meglio remunerato, che gli ha consentito di coltivare la sua passione per il volo, acquistando a tal fine un aereo la cui manutenzione è costosissima. Il lavoro dell’uomo sempre più impegnativo e assorbente, aveva comunque deteriorato i rapporti tra i coniugi, con la conseguenza che, nel omissis, il marito ha comunicato alla moglie la sua intenzione di lasciare il domicilio coniugale e la donna si è trasferita in omissis a omissis con il figlio A. che aveva espresso la volontà di intraprendere gli studi universitari a omissis; l’uomo ha corrisposto alla moglie dal omissis, Euro 2.500,00 mensili, elevate dal omissis a Euro 3000,00 fino a omissis, avendo i suoi emolumenti raggiunto nelle more una somma di Euro 16.500,00 al mese. Poiché lo S. V. S. aveva manifestato l’intenzione di sospendere il pagamento della somma indicata e di interrompere qualsiasi contributo al mantenimento della moglie e del figlio, la tensione tra i coniugi si era accentuata e aveva indotto la moglie a chiedere la separazione oggetto del processo principale in corso dinanzi al Tribunale di Pisa. Ai sensi della Direttiva CE n. 2201 del 2003, sono competenti a decidere sulla domanda di separazione, le autorità giurisdizionali dello Stato membro: a) nel cui territorio si trova: la residenza abituale dei coniugi o l’ultima residenza abituale dei coniugi, o, in caso di domanda congiunta, la residenza abituale di uno dei coniugi ovvero quella abituale dell’attore, se questi vi ha risieduto almeno per un anno immediatamente prima della domanda, ovvero la residenza abituale dell’attore, se questi vi ha risieduto almeno per sei mesi immediatamente prima della domanda ed è cittadino dello Stato membro stesso... Tale disciplina non è derogata dalla disciplina di diritto internazionale privato italiano, di cui alla legge n. 218 del 1995, che prevede la sussistenza della giurisdizione italiana oltre che nei citati casi dell’art. 3 anche “quando uno dei coniugi è cittadino italiano e il matrimonio è stato celebrato in territorio italiano”. In ordine poi alla ripartizione della competenza interna essa, ai sensi dell’art. 706 c.p.c., si riconosce “al tribunale del luogo in cui il coniuge ha la residenza o il domicilio”, ferma restando l’applicabilità dell’art. 18, 2° comma, c.p.c., per effetto del quale “se il convenuto non ha residenza né domicilio, né dimora nello Stato o se la dimora è sconosciuta, è competente il giudice del luogo in cui risiede l’attore”. Richiamate le norme di diritto internazionale privato e specificamente quelle che regolamentano la vita matrimoniale in rapporto alle fattispecie nelle quali in concreto il rapporto coniugale era tra soggetti cittadini di Stati diversi e in cui non facilmente è rinvenibile una localizzazione prevalente della vita comune, perché nel caso i coniugi, pur avendo risieduto a lungo insieme in omissis, successivamente avevano vissuto separati di fatto per la scelta della donna dell’omissis come luogo di residenza prima ancora che di dimora abituale, tanto che il figlio A. aveva voluto in tale paese affrontare i propri studi universitari, la M. chiedeva in ogni caso di applicare la legge italiana per disciplinare la separazione. Lo S. V. S., costituitosi, ha eccepito il difetto di giurisdizione del giudice italiano e chiesto il rigetto della domanda di separazione e con ricorso notificato il 2 7 febbraio - 3 marzo 2009, ha proposto regolamento preventivo di giurisdizione articolato in tre motivi, perché sia dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano in favore di quello belga. In primo luogo, si afferma che il criterio di cui all’art. 3, n. 1, lett. a, del Regolamento del Consiglio CE n. 2201 del 27 novembre 2003, che collega la competenza al luogo di residenza abituale dell’attore nell’ultimo anno precedente alla sua domanda di separazione su cui la M. ha fondato la pretesa giurisdizione del giudice italiano, in diritto ad avviso del ricorrente in questa sede, vale come parametro esclusivo che come parametro integrato da quello della cittadinanza, soltanto per il caso di domanda congiunta ai sensi dell’art. 158 c.c. che nella fattispecie non vi è stata. Comunque il ricorso per regolamento afferma in fatto che la M. non ha mai fissato la residenza in omissis, dove è stata sempre residente in via secondaria e per vacanza, come è possibile in base allo stesso Regolamento CE ed è accaduto in fatto, in base alla documentazione anagrafica e alla “Declaration sur l’Honneur” del omissis resa dalla M. quale funzionario in pensione della omissis, nella quale ella dà atto di continuare ad abitare nella abitazione coniugale a omissis rimasta nella sua disponibilità e dove in fatto ha vissuto per oltre trent’anni. La Corte Europea di giustizia ha definito la residenza come il luogo ove la persona ha effettivamente stabilito il centro dei propri interessi ed affari, anche se lo stesso non coincide con la nozione nazionale di residenza (il ricorrente cita la sentenza del tribunale della funzione pubblica - prima sezione - dell’8 aprile 2008, Bordini c. Commissione). La M. ha continuato a pagare la manutenzione della casa familiare a omissis e, in omissis, si è solo formalmente trasferita con l’iscrizione del figlio all’università di omissis, senza modificare il centro principale delle sue relazioni di vita e di lavoro rimasto sempre in omissis. Pertanto residenza abituale dei coniugi negli ultimi 30 anni prima del ricorso per separazione, è stata quella comune di omissis e unico giudice da adire per la separazione era quello belga, essendo stata la vita matrimoniale prevalentemente localizzata in tale città. In secondo luogo, il ricorrente in questa sede deduce la inapplicabilità nella fattispecie dell’art. 31 della legge 21 maggio 1995 n. 218, per il quale giudice sulla domanda di separazione dovrebbe essere quello del luogo ove è stata prevalentemente localizzata la vita matrimoniale che non è l’omissis, ma il omissis, dovendosi comunque ritenere che in quest’ultimo paese sia disciplinata una separazione in sostanza analoga a quella domandata in omissis, ai sensi del 2° comma dello stesso art. 31 citato, non potendosi applicare le norme interne che in via residuale fissano la giurisdizione nel luogo ove risiede l’attore (art. 18, 2° comma, c.p.c. e 706, 2° comma c.p.c.), cui non è soggetto lo straniero, essendo per lui irrilevante la celebrazione in omissis del matrimonio stesso. In riferimento al criterio di cui all’art. 32 della legge n. 218 del 1995, esso è comunque residuale e si applica solo in mancanza di ogni altro principio, che regoli diversamente la materia. Nel controricorso della M. nel presente procedimento incidentale si insiste per l’applicabilità del criterio della residenza abituale dell’attore, anche in assenza di una domanda congiunta di separazione e da identificare nella casa in cui la donna vive con il figlio dal omissis, nessun rilievo avendo la residenza anagrafica rispetto a quella di fatto per il diritto comunitario, né le dichiarazioni rese alla omissis valevoli solo per indicare recapiti o luoghi ove far pervenire comunicazioni agli ex dipendenti di tale organismo. Anche la M. esclude, come la controparte, l’applicabilità di criteri diversi da quelli di cui al citato Regolamento della CE, in base ai quali ha chiesto la separazione in omissis a omissis; la donna ha depositato memoria illustrativa del suo controricorso ai sensi dell’art. 378 c.p.c. Diritto Occorre premettere che i parametri di cui all’art. 3 del Regolamento CE del Consiglio n. 2201 del 27 novembre 2003 sono ritenuti in dottrina esclusivi e alternativi, per cui ognuno di essi determina la individuazione del giudice che può essere adito e solo se nessun giudice di uno degli Stati membri abbia giurisdizione in base ai criteri di cui alla norma regolamentare, si può procedere secondo quanto è stabilito dalla normativa interna dello Stato stesso, come sancisce l’art. 7 del citato regolamento (in tal senso da ultimo C. Giustizia Ce, sez. III, nel procedimento C - 523/07 del 2 aprile 2009, sulla richiesta di pronuncia pregiudiziale sul concetto di residenza abituale). Quanto detto esclude ogni rilievo alle affermazioni del ricorrente nella causa principale in ordine all’applicazione pretesa di norme del diritto internazionale privato di cui alla legge n. 218 del 1995, in realtà inapplicabile, non solo in base al citato art. 7, ma anche in quanto l’art. 31 non disciplina in alcun modo i poteri dei giudici dei vari Stati di decidere sulla domanda di separazione, ma solo le norme applicabili ai relativi giudizi, mentre l’art. 32 ha funzione residuale ed è quindi inapplicabile in ogni caso, stante la chiara individuazione della normativa da applicare nella concreta fattispecie di separazione di due cittadini di Stati membri della U.E., in ordine ai criteri determinativi della giurisdizione espressamente previsti negli artt. 3, 4 e 5 del Reg. n. 2201 del 2003. In dottrina, come emerge chiaro dalla lettera del citato art. 3 del Regolamento, si afferma in genere che la giurisdizione si aggancia alla residenza effettiva di uno dei coniugi solo “in caso di domanda congiunta”, perché esclusivamente nell’alinea relativo a tale tipo di procedimento, tale criterio di collegamento è specificamente richiamato, essendo ciascuna e tutte le altre ipotesi di criteri indicati nella norma regolamentare per individuare il giudice avente potere di decidere sulle domande di separazione e di annullamento del matrimonio, tenute distinte nella norma regolamentare con i diversi sette alinea inseriti nell’art. 1 lett. a, che chiarisce pure il carattere “alternativo” di ciascuno di tali criteri, con l’uso della particella “o”, che mantiene distinte l’una da ciascuna delle altre fattispecie, per individuare quale autorità giurisdizionale degli Stati membri debba conoscere della domanda proposta nelle cause matrimoniali di cui sopra. Dalla relazione di accompagnamento al Regolamento CE n. 1347 del 2000, sostituito da quello n. 2301 del 2003, risulta già esplicato il concetto di “residenza abituale”, come luogo in cui l’interessato ha fissato con carattere di stabilità il centro permanente o abituale dei propri interessi, con chiara natura sostanziale e non meramente formale o anagrafica del concetto di cui sopra in base al diritto comunitario, essendo rilevante a individuare tale residenza “effettiva”, ai sensi del regolamento stesso, il luogo del concreto e continuativo svolgimento della vita personale e eventualmente lavorativa, alla data di proposizione della domanda. La natura effettiva del concetto di residenza è abitualmente usata anche nel diritto interno in relazione alle cause relative ai minori, per determinare la competenza territoriale del giudice adito in rapporto alla vicinanza di esso al luogo ove il minore stesso “si trova” (così di recente S.U. ord. 9 dicembre 2008 n. 28875); ad essa, questa Corte ha fatto riferimento in più casi di sottrazione internazionale di minori, in rapporto al concetto di residenza abituale, ai sensi della Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 ratificata con la legge n. 64 del 1994 (Cass. 19 ottobre 2006 n. 22507, 2 febbraio 2005 n.2093, tra altre). Nella fattispecie, la sicura frequenza universitaria in omissis del figlio A., principale riferimento dei rapporti affettivi ed umani della M., ammesso anche dal ricorrente, evidenzia con certezza che il centro abituale delle relazioni della donna è in omissis, in omissis, comune in provincia di omissis, in cui ella convive ancora con tale figlio. Accertato che, in caso di ricorso per la separazione il ricorrente che debba chiedere la separazione dal coniuge appartenente ad altro Stato membro della CE, sia o meno cittadino di tale Stato, ha diritto ad adire il giudice del luogo ove ha posto la sua residenza abituale, può presumersi che da molto più di un anno la M. abiti stabilmente nel Comune di omissis per assistere, nella casa della sua famiglia di origine, il figlio A. che dal omissis è stato iscritto alla locale università e dopo la laurea lavora stabilmente in omissis. In tale contesto deve quindi ritenersi che la M. quale attrice residente in omissis abitualmente da oltre un anno prima del suo ricorso di separazione abbia correttamente individuato nel Tribunale di Pisa il giudice della sua domanda, dovendosi rigettare il presente regolamento che chiedeva di dichiarare sulla domanda la giurisdizione del giudice belga. In deroga al principio della soccombenza e in ragione del carattere personale della controversia e dell’assenza specifica di precedenti nella materia, appare equa la totale compensazione delle spese tra le parti. P.Q.M. La Corte dichiara la giurisdizione del giudice italiano nella causa principale tra A. M. M. ed H. H. P. S. V. S. e rimette le parti dinanzi al Tribunale di Pisa per l’ulteriore corso; compensa le spese del presente procedimento incidentale tra le parti. |
Come valutano nelle cause matrimoniali
transfrontaliere il concetto di résidence
habituelle i nostri cugini d’Oltralpe? Il leading case sul punto è dato dalla decisione seguente: Cour de Cassation (francese), 14
décembre 2005.
Per una presentazione del caso ed una spiegazione
critica del medesimo v. la pagina web
seguente:
La decisione francese è stata criticata dalla
dottrina transalpina.
Cfr. ad es. Thibault,
La notion de « résidence
habituelle » dans les affaires de divorce à l’épreuve
des interprétations anglaise et française : une harmonisation en
danger ?
L’interprétation de la
résidence habituelle donnée par la Cour de cassation a
été très critiquée en doctrine. Il a notamment
été suggéré que cette interprétation était
trop stricte au vu des objectifs du règlement « Bruxelles
II bis » (A.
Richez-Pons, précité, p.813). En effet, la résidence
habituelle semble exprimer, pour reprendre les termes de cet auteur,
« une proximité immédiate, géographique et
matérielle entre le for et le litige », et ce critère
« répond seulement à l’objectif de
prévoir un chef de compétence supplémentaire offert aux
parties ». Il importe donc de ne pas comprendre cette notion de
manière trop restrictive. La référence à
l’élément intentionnel de la résidence par la Cour
de cassation, et au caractère permanent du centre des
intérêts semble compromettre cet objectif du règlement. (…) La
Cour de cassation a préféré se référer
à une définition de la notion de résidence habituelle
donnée par la CJCE dans d’autres contextes que celui des litiges
en matière matrimoniale. Le juge français a
considéré que la résidence habituelle était une
notion autonome du droit communautaire. Par son approche, la Cour a
privilégié une cohérence de la notion, peu importe le
contexte dans lequel elle intervient. Elle ne s’est donc pas
attardée sur les objectifs poursuivis par le règlement
2201/2003 pour y adapter la définition de la résidence
habituelle. Il est possible que la Cour française ait également
repris la définition communautaire dans un souci d’application
uniforme de la notion de résidence habituelle dans les juridictions
des Etats membres. Il n’en reste pas moins que le juge français
n’a pas pris en compte les exigences propres au règlement
« Bruxelles II bis »
dans son appréciation de la question, et qu’il n’a pas
jugé bon de s’adresser à la CJCE par le biais d’une
question préjudicielle pour qu’une définition uniforme
adaptée au règlement soit dégagée. Cette approche
de la Cour a été critiquée par la doctrine
française, comme allant à l’encontre d’une
efficacité dudit règlement. |
Come
si è rilevato in dottrina (Salerno):
Si è
già detto che la Cassazione francese ha ritenuto di dover considerare,
alla stregua di un elemento determinante della residenza abituale,
l’intenzione del soggetto di mantenere il centro dei propri affari e
interessi in un certo luogo.
La dottrina
(Salerno) sottolinea il ruolo dell’intenzione dei soggetti, con riguardo
a casi diversi da quelli della crisi familiare, che a quest’ultima paiono
però estensibili:
Queste considerazioni sembrano dunque, almeno in
parte, contrastare con le critiche che la dottrina francese ha mosso alla
citata decisione del 2005 della Cour de
Cassation. Probabilmente ha ragione la Corte transalpina
nell’affermare che anche l’elemento soggettivo e volontaristico
è rilevante nella nozione europea di «residenza abituale»,
peraltro a condizione che gli atti in cui tale intento si estrinseca siano
inequivocabili e comunque «percepibili» anche dalla controparte.
10. Il rilievo, ai fini della competenza
giurisdizionale, della doppia cittadinanza dei coniugi.
Si è
già detto che, ai sensi dell’art. 3 del Regolamento Bruxelles II bis, il criterio della cittadinanza
riveste un ruolo formalmente «paritario» e alternativo rispetto a quello
della residenza, peraltro solo a condizione che si tratti di cittadinanza
comune di entrambe le parti, ovvero che, nel caso di azione proposta sulla base
della residenza dell’attore, essa concorra con la residenza, peraltro a
determinate condizioni:
Articolo
3 Competenza
generale 1.
Sono competenti a decidere sulle questioni inerenti al divorzio, alla
separazione personale dei coniugi e all’annullamento del matrimonio le
autorità giurisdizionali dello Stato membro: a)
nel cui territorio si trova: -
la residenza abituale dei coniugi, o -
l’ultima residenza abituale dei coniugi se uno di essi vi risiede
ancora, o -
la residenza abituale del convenuto, o -
in caso di domanda congiunta, la residenza abituale di uno dei coniugi, o -
la residenza abituale dell’attore se questi vi ha risieduto almeno per
un anno immediatamente prima della domanda, o -
la residenza abituale dell’attore se questi vi ha risieduto almeno per
sei mesi immediatamente prima della domanda ed è cittadino dello Stato
membro stesso o, nel caso del Regno Unito e dell’Irlanda, ha ivi il
proprio "domicile"; b)
di cui i due coniugi sono cittadini o, nel caso del Regno Unito e
dell’Irlanda, del "domicile" di entrambi i coniugi. 2.
Ai fini del presente regolamento la nozione di "domicile" cui
è fatto riferimento è quella utilizzata negli ordinamenti
giuridici del Regno Unito e dell’Irlanda. |
Il
Regolamento non prende però in considerazione l’ipotesi in cui i
coniugi abbiano doppia cittadinanza.
La Cour de Cassation francese ha affrontato
tale caso, una prima volta, con una decisione del 2006: cfr. Civ. 1ère
12 décembre 2006 (JCP 2007, II, 10048, 1ère espèce, n. A.
Devers). Si trattava di una coppia in cui il marito aveva la doppia
cittadinanza francese e della Costa d’Avorio, mentre la moglie era di
nazionalità francese. La Corte ha riconosciuto la competenza
giurisdizionale francese «en raison de la nationalité
française des parties». La Cassation
ha ritenuto dunque che la nationalità francese del marito prevalesse su
quella ivoriana dello stesso coniuge.
In un caso
successivo la medesima Corte ha ritenuto di sollevare questione pregiudiziale
dinanzi alla Corte CEE:
|
La decisione della Corte di Lussemburgo:
COMUNICATO STAMPA n. 66/09 16 luglio 2009 Sentenza della Corte di giustizia nella
causa C- 168/08 László Hadadi / Csilla
Márta Mesko I CONIUGI CHE POSSIEDONO LA DOPPIA
CITTADINANZA COMUNE NELL’UNIONE POSSONO CHIEDERE, A LORO SCELTA, LO
SCIOGLIMENTO DEL MATRIMONIO DINANZI AI TRIBUNALI DI UNO O DELL’ALTRO
DEI DUE STATI INTERESSATI La competenza giurisdizionale dei giudici di uno di tali Stati
membri non può essere esclusa per il fatto che il ricorrente non
presenti, oltre alla cittadinanza, altri elementi di collegamento con questo
Stato. |
Il comunicato si potrebbe «tradurre» come segue: va riconosciuta la sentenza ungherese, posto che entrambi i coniugi sono anche ungheresi e non rileva il fatto che non vi siano altri elementi di collegamento con l’Ungheria al di fuori della comune cittadinanza delle parti. La domanda di fronte al giudice francese è inammissibile, perché i due sono già divorziati, in forza della sentenza ungherese. |
In tal senso, al fine di applicare le norme
transitorie sul riconoscimento enunciate nel regolamento, i giudici
francesi devono tener conto del fatto che il sig. Hadadi e la sig.ra Mesko
possiedono anche la cittadinanza ungherese e che, pertanto, i giudici
ungheresi, in applicazione del regolamento, avrebbero potuto essere
competenti a conoscere di una domanda di divorzio tra le dette persone. La Corte, a tal riguardo, osserva che il
regolamento non mira ad escludere competenze giurisdizionali multiple in
materia di scioglimento del vincolo matrimoniale. È invece prevista
espressamente la coesistenza di più giudici competenti di pari rango. Inoltre, la Corte rileva che il
regolamento, facendo della cittadinanza un criterio di competenza, privilegia
un elemento di collegamento certo e facile da applicare. Esso non prevede
alcun altro criterio afferente alla cittadinanza, quale, in particolare, la
prevalenza di quest’ultima. Infatti, la necessità di un
controllo degli elementi di collegamento tra i coniugi e le loro rispettive
cittadinanze renderebbe più onerosa la verifica della competenza
giurisdizionale, risultando in tal modo contraria all’obiettivo di
facilitare l’applicazione del regolamento mediante l’utilizzo di
un criterio di collegamento semplice e univoco. Infine, la Corte ricorda che, in forza
del regolamento, una coppia che possieda unicamente la cittadinanza di uno
Stato membro sarebbe sempre in grado di adire i giudici di
quest’ultimo, sebbene la sua residenza abituale non sia più
situata in tale Stato da lungo tempo ed esistano solo scarsi elementi di
collegamento reale con quest’ultimo. Ciò considerato, la Corte
dichiara che, qualora entrambi i coniugi possiedano la medesima doppia
cittadinanza, il regolamento osta a che la competenza giurisdizionale dei
giudici di uno degli Stati membri interessati resti esclusa per il fatto che
il ricorrente non presenti altri elementi di collegamento con tale Stato. La Corte rileva, pertanto, che i giudici degli Stati membri
di cui entrambi i coniugi possiedano la cittadinanza sono competenti in forza
del regolamento, potendo questi ultimi adire, a loro scelta, i giudici di uno
o dell’altro di questi Stati. |
11. L’influenza del concetto di «residenza
abituale» sulla determinazione della legge applicabile.
Come già detto, in attesa di Roma III, oggi
deve trovare applicazione, da parte del giudice italiano, l’art. 31, l.
n. 218 del 1995:
Art.
31.
Separazione
personale e scioglimento del matrimonio.
1.
La separazione personale e lo scioglimento del matrimonio sono regolati dalla legge
nazionale comune dei coniugi al momento della domanda di separazione o di
scioglimento del matrimonio; in mancanza si applica la legge dello Stato nel
quale la vita matrimoniale risulta prevalentemente localizzata.
2.
La separazione personale e lo scioglimento del matrimonio, qualora non siano
previsti dalla legge straniera applicabile, sono regolati dalla legge italiana.
Il profilo
della «residenza abituale» può così di fatto venire
in considerazione se ed in quanto ritenuto coincidente con quello di
«luogo in cui la vita matrimoniale risulta prevalentemente
localizzata». In tal caso occorrerebbe pensare, naturalmente, alla
residenza abituale comune dei coniugi. Si potrà citare in proposito il
già ricordato caso risolto nel 2009 dal Tribunale di Firenze (caso
già ricordato del c.d. divorcio
express), cui può aggiungersi la fattispecie affrontata nella
decisione del 2008 della Corte di cassazione:
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza, 07-07-2008, n. 18613 La separazione personale dei coniugi
è regolata dalla legge italiana, se questa è quella nazionale
comune dei coniugi al momento dell’introduzione del giudizio, essendo
residuale l’ulteriore criterio relativo all’applicazione della
legge dello Stato nel quale la vita matrimoniale risulta prevalentemente
localizzata (nella specie, la Suprema corte ha confermato la sentenza di
merito che ha ritenuto applicabile la legge italiana ad un giudizio di
separazione tra un marito di nazionalità italiana e una moglie
argentina, ma che aveva acquisito la nazionalità italiana, ritenendo
pertanto irrilevante — ai fini della determinazione in parola —
la circostanza che la vita matrimoniale si era svolta in prevalenza a Buenos
Aires). |
12. La litispendenza internazionale nel contenzioso
sulla crisi coniugale.
Ai sensi dell’art.
17 del Regolamento Bruxelles II-bis
il giudice di uno Stato membro, investito di una controversia per la quale non
ha competenza in base al presente regolamento e per la quale, sempre in base al
presente regolamento, è invece competente un giudice di un altro Stato
membro, dichiara d’ufficio la propria incompetenza.
Qualora vengano adite le giurisdizioni competenti di
diversi Stati membri per una procedura relativa alle stesse parti, si pronuncia
sulla competenza circa la domanda di divorzio (o d’annullamento o di
separazione) quella che è stata adita per prima. In altri termini, se un
tribunale viene adito, è competente a decidere sulla sua competenza
giurisdizionale, anche se successivamente ne viene adito un altro. Questo
naturalmente non significa che il giudice adito per primo sia per ciò
solo competente in merito alla causa da decidere, ma semplicemente che il
giudice adito per primo è competente a decidere sulla competenza. Ai
sensi dell’art.
19, il giudice successivamente adito sospende d’ufficio il
procedimento finché non sia stata accertata la competenza del giudice
preventivamente adito (accertamento che va effettuato da parte di
quest’ultimo giudice). Quando la competenza del giudice previamente adito
è stata accertata (dallo stesso giudice preventivamente adito), il
giudice successivamente adito dichiara la propria incompetenza a favore del
giudice preventivamente adito. Evidentemente, se il giudice preventivamente
adito si dichiarerà invece incompetente, il procedimento dinanzi al
secondo giudice potrà proseguire.
Ai fini del citato articolo il giudice si considera
adito (cfr. art. 16):
a)
nei procedimenti
che si instaurano con il deposito di una domanda presso il giudice (si pensi
alle procedure italiane di separazione o divorzio), alla data in cui la domanda
giudiziale o un atto equivalente è depositato presso il giudice,
purché successivamente l’attore non abbia omesso di prendere tutte
le misure cui era tenuto affinché fosse effettuata la notificazione al
convenuto, o
b)
se l’atto
deve essere notificato prima di essere depositato presso il giudice (si pensi
alle procedure italiane per l’annullamento del matrimonio), alla data in
cui l’autorità competente ai fini della notificazione lo riceve,
purché successivamente l’attore non abbia omesso di prendere tutte
le misure cui era tenuto affinché l’atto fosse depositato presso
il giudice.
Un precedente di estremo interesse in relazione
all’applicazione del criterio della prevenzione e delle norme appena
illustrate è il caso Chorley v.
Chorley della House of Lords.
Per una presentazione critica di tale precedente
britannico (e per un’illustrazione di possibili conseguenze in relazione
a conflitti coinvolgenti il giudice italiano) v. la pagina web seguente:
http://giacomooberto.com/casipratici/1_litispendenza_chorley/casochorley.htm.
13. I provvedimenti provvisori e cautelari in casi
d’urgenza.
Il
Regolamento Bruxelles II-bis prevede,
in materia di provvedimenti provvisori e cautelari, quanto segue:
Articolo
20 Provvedimenti
provvisori e cautelari 1.
In casi d’urgenza, le disposizioni del presente regolamento non ostano
a che le autorità giurisdizionali di uno Stato membro adottino i
provvedimenti provvisori o cautelari previsti dalla legge interna,
relativamente alle persone presenti in quello Stato o ai beni in esso
situati, anche se, a norma del presente regolamento, è competente a
conoscere nel merito l’autorità giurisdizionale di un altro
Stato membro. 2.
I provvedimenti adottati in esecuzione del paragrafo 1 cessano di essere
applicabili quando l’autorità giurisdizionale dello Stato membro
competente in virtù del presente regolamento a conoscere del merito
abbia adottato i provvedimenti ritenuti appropriati. |
Attesa la
natura delle materie disciplinate dal Regolamento, è evidente che la
disposizione in oggetto ha tratto esclusivamente alle controversie attinenti
alla responsabilità genitoriale.
Sul punto
si osserva in dottrina (Salerno) quanto segue:
|
|
|
Potrà
essere di un qualche interesse sul punto il raffronto tra le varie norme
disciplinanti la materia degli interventi cautelari nel regolamento n. 44/2001,
nonché in quello n. 4/2009 (in materia di obbligazioni alimentari):
Bruxelles II bis: |
Regolamento n. 44/2001 (Bruxelles I, applicabile
alle obbligazioni alimentari ancora oggi): |
Regolamento n. 4/2009 (regolamento sulle
obbligazioni alimentari): |
Articolo 20 Provvedimenti provvisori e cautelari 1. In casi d’urgenza, le disposizioni del presente regolamento non ostano a che le autorità giurisdizionali di uno Stato membro adottino i provvedimenti provvisori o cautelari previsti dalla legge interna, relativamente alle persone presenti in quello Stato o ai beni in esso situati, anche se, a norma del presente regolamento, è competente a conoscere nel merito l’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro. 2. I provvedimenti adottati in esecuzione del paragrafo 1 cessano di essere applicabili quando l’autorità giurisdizionale dello Stato membro competente in virtù del presente regolamento a conoscere del merito abbia adottato i provvedimenti ritenuti appropriati. |
Articolo 31 Provvedimenti provvisori e cautelari I provvedimenti provvisori o cautelari previsti dalla legge di uno Stato membro possono essere richiesti al giudice di detto Stato anche se, in forza del presente regolamento, la competenza a conoscere nel merito è riconosciuta al giudice di un altro Stato membro. |
Articolo 14 Provvedimenti provvisori e cautelari I provvedimenti provvisori o cautelari previsti dalla legge di uno Stato membro possono essere richiesti alle autorità giudiziarie di tale Stato anche se, in forza del presente regolamento, la competenza a conoscere nel merito è riconosciuta all’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro. |
La Corte
CEE si è pronunziata su tale disposizione, in relazione a profili attinenti
alla responsabilità genitoriale:
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE
COMUNITÀ EUROPEE, sez. III, 23 dicembre 2009, C-403/09 PPU - Detiček c. Sgueglia L’art. 20 del regolamento (CE) del Consiglio
27 novembre 2003, n. 2201, relativo alla competenza, al riconoscimento e
all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di
responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n.
1347/2000, deve essere interpretato nel senso che, in una situazione quale
quella oggetto della causa principale, esso non consente ad un giudice di uno
Stato membro di adottare un provvedimento provvisorio in materia di
responsabilità genitoriale inteso a concedere l’affidamento di
un minore che si trova nel territorio di tale Stato ad uno dei suoi genitori,
nel caso in cui un giudice di un altro Stato membro, competente in forza del
detto regolamento a conoscere del merito della controversia relativa
all’affidamento, abbia già emesso una decisione che affida
provvisoriamente il minore all’altro genitore, e tale decisione sia
stata dichiarata esecutiva nel territorio del primo Stato membro. |
Questo il
caso:
Il 25 luglio 2007 il
Tribunale di Tivoli, nell’ambito di un giudizio di
separazione fra i coniugi signori Sgueglia e Detiček
(quest’ultima, cittadina slovena), affida provvisoriamente
la figlia dodicenne al padre italiano. Il
medesimo giorno, la madre lascia l’Italia e si
trasferisce in Slovenia con la figlia. Con due successivi provvedimenti
dei giudici locali, la pronuncia viene
dichiarata esecutiva in Slovenia, in data 2 ottobre 2008.
Mentre è in corso il procedimento esecutivo in Slovenia per
la consegna della minore al padre, la madre
si rivolge al Tribunale regionale di Maribor (che
già si era occupato dell’esecutorietà), chiedendo un
provvedimento d’urgenza, volto a consentirle di
trattenere con sé la figlia (a motivo del mutamento
delle circostanze e dell’interesse della minore, già
positivamente inserita nel nuovo
ambiente). Con ordinanza 9 dicembre 2008, la misura provvisoria
è accordata. Il padre italiano ricorre e la Corte
d’appello di Maribor si rivolge alla Corte di giustizia
chiedendo di precisare, in sede di pronuncia preliminare
d’urgenza, se il giudice di uno Stato membro (la
Slovenia) sia competente, ai sensi dell’art. 20 del
regolamento CE n. 2201/03, a emettere provvedimenti
cautelari nel caso in cui un giudice di un altro Stato
membro (l’Italia), competente a conoscere del merito,
abbia già emesso un provvedimento cautelare,
dichiarato esecutivo nel primo Stato. La Corte di giustizia
accetta di trattare il procedimento pregiudiziale in via
d’urgenza e, con la sentenza in esame (1), precisa che
l’art. 20 del regolamento deve essere interpretato nel
senso che, in una situazione quale quella
oggetto della causa principale, esso non consente ad un
giudice di uno Stato membro di adottare un
provvedimento provvisorio in materia di
responsabilità genitoriale inteso a concedere l’affidamento di un
minore che si trova nel territorio di tale Stato
ad uno dei suoi genitori, nel caso in cui un giudice di
un altro Stato membro, competente in forza di
detto regolamento a conoscere del merito della
controversia relativa all’affidamento, abbia già emesso
una decisione che affida provvisoriamente il
minore all’altro genitore, e tale decisione sia stata
dichiarata esecutiva nel territorio del primo Stato membro. La sentenza presenta
numerosi aspetti di interesse. In questo commento,
limiterò la mia attenzione a tre di essi:
l’applicazione del procedimento pregiudiziale d’urgenza; il modo
di affrontare il conflitto fra giurisdizioni; infine, il
profilo specifico della posizione del minore nel processo. |
Un’ulteriore
decisione sul punto della Corte CEE è la seguente:
SENTENZA N. 0 DEL 02/04/2009
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