Quando, nell'ormai lontano 1990, Paolo Cendon mi propose di collaborare alla collana ch'egli intendeva consacrare alle «figure attuali dell'autonomia privata» (il progetto confluì poi nella presente serie, di assai più ampio respiro) fui ben lieto di proporre un tema che mi avrebbe consentito di proseguire, nel campo della famiglia fondata sul matrimonio, quell'indagine sui rapporti tra legami affettivi e vincoli contrattuali che avevo allora appena terminato sul versante della famiglia di fatto. Mai avrei immaginato che le alterne vicende della mia vita professionale, l'attività in campo internazionale, gli impegni nella didattica e altri interessi scientifici mi avrebbero costretto ad impiegare quasi otto anni per portare a compimento l'opera.
Se devo essere sincero, avevo ormai perso ogni speranza di vederla un giorno conclusa, scoraggiato dal quotidiano profluvio di nuovo materiale sul tema (oltre che di fascicoli sulla mia scrivania...), allorquando si verificò l'occasione di approfondire per un convegno l'argomento dei trasferimenti mobiliari e immobiliari in occasione di separazione e divorzio; ciò conferì un nuovo stimolo a riprendere un'indagine che languiva ormai da troppo tempo, ma che richiese altri tre anni di fatica per essere ultimata. Con quest'opera vengo, tra l'altro, a liberarmi da un preciso impegno assunto verso i lettori del mio articolo del 1995 sugli atti traslativi nella crisi coniugale (materia che trova ora sistemazione nei capitoli XII e XIII, finalmente corredata di tutti i necessari richiami dottrinali e giurisprudenziali); in quello scritto avevo infatti incautamente preannunciato l'uscita del presente lavoro, in tal modo costringendomi a portarlo a termine. I debitori morosi, si sa, sono obbligati a corrispondere anche gli interessi e il maggior danno: così ho dovuto tenere costantemente aggiornato il mio studio alla luce di una produzione dottrinale e giurisprudenziale a dir poco imponente. Nel frattempo giungeva a compimento la ricerca in tema di promessa di matrimonio, che mi permetteva di completare anche su quel versante l'esame degli effetti d'ordine patrimoniale consenguenti alla rottura dei vincoli affettivi.
Questo non vuol essere solo un case book. Il lavoro ha l'ambizione di porsi, innanzi tutto, quale testo dottrinario in cui lo studio critico della letteratura giuridica e della giurisprudenza, la conoscenza della prassi e l'esperienza maturata in lunghi anni trascorsi on the bench si fondono per fornire al lettore un quadro il più possibile articolato e approfondito del dibattito attualmente in corso sull'autonomia dei coniugi nella crisi della loro unione. L'opera si rivolge dunque, in egual misura, al pratico che ricerchi nell'esposizione della law in action la soluzione di un problema concreto, così come al teorico, per lo meno a quello per il quale i libri vanno giudicati in base al loro contenuto, anzichè al colore della copertina (o a seconda del fatto che sia l'autore a pagare l'editore, piuttosto che il contrario).
Il dialogo con il lettore procede pertanto su piani distinti, ancorchè strettamente legati l'uno all'altro, corrispondenti ai due «corpi» del testo: seguendo il «corpo maggiore» (ed eliminando le parentesi contenenti i necessari richiami alla dottrina e alla giurisprudenza) si otterrà lo svolgimento della tesi dello scrivente; seguendo il testo in «corpo minore» si avranno invece le «pezze d'appoggio» che potranno essere, naturalmente, utilizzate dal lettore nel modo preferito, magari per giungere ad una ricostruzione diversa da quella qui proposta.
Per quanto attiene al piano dell'opera, questa si presenta divisa in due parti fondamentali: la prima (intitolata «ammissibilità e fattispecie»), dopo un excursus di carattere sociologico, teso a sottolineare l'attualità del tema e ad indicare le linee di tendenza che sul piano dei comportamenti paiono profilarsi, presenta (cap. I) un'analisi di tipo storico, volta a ricercare nel passato più o meno remoto le tracce del riconoscimento degli spazi concessi alla libertà contrattuale dei coniugi al momento dello scioglimento o della crisi dell'unione, ovvero anche soltanto in vista di tali eventi. L'indagine si spinge quindi ad abbracciare il tema dell'autonomia dei coniugi, così come oggi intesa, nelle disposizioni che governano il diritto di famiglia attualmente vigente, a cominciare dalla fase fisiologica del rapporto. Nel cap. II si illustra il ruolo che il principio del consenso riveste in seno alle procedure deputate a consacrare l'allentamento o lo scioglimento del vincolo coniugale, mentre nel cap. III si indaga il tema delle intese a latere, così come di quelle modificative di quelle raggiunte dinanzi al giudice.
Una volta esaurita la disamina di questi aspetti di carattere generale circa il ruolo attuale dell'autonomia negoziale nel campo matrimoniale in genere ed in quello della crisi coniugale in ispecie, si procede all'analisi dei singoli profili attinenti all'ammissibilità, alla rilevanza ed alla concreta disciplina dei contratti della crisi coniugale. Sotto il primo aspetto (che investe anche il tema del contenuto dei contratti della crisi coniugale, ma la cui trattazione viene anticipata nella parte I, per le ragioni che saranno a suo tempo illustrate) si affronta innanzi tutto la questione della possibilità di accordi sul diritto al mantenimento in caso di separazione e sull'assegno di divorzio, per passare poi a trattare dei prenuptial agreements in contemplation of divorce e, più in generale, delle intese di carattere preventivo. Sgombrato il campo dagli ostacoli che nelle cennate sedi vengono frapposti al pieno esplicarsi della libertà contrattuale dei coniugi, si passa, sul piano della fattispecie, all'individuazione della causa tipica dei contratti della crisi coniugale, così come delle molteplici altre cause che possono eventualmente contraddistinguere gli accordi conclusi dai coniugi in quella sede.
Nella seconda parte (intitolata «contenuti e disciplina») vengono invece presentati i possibili contenuti dei contratti della crisi coniugale, corredati delle necessarie informazioni concernenti la disciplina di ogni singolo aspetto. La trattazione procede per «grandi temi»: gli assegni, la casa, i regimi matrimoniali, la pensione di reversibilità, l'indennità di fine rapporto, i figli, gli accordi di carattere non patrimoniale, i contratti traslativi (in sede giudiziale e stragiudiziale), gli accordi sulle conseguenze della separazione di fatto e dell'annullamento del matrimonio. Come precisato nelle opportune sedi, non si propone qui un commento sistematico dei corrispondenti articoli del codice civile e della legge sullo scioglimento e sulla cessazione degli effetti civili del matrimonio: l'attenzione è invece concentrata - conformemente, del resto, al tema dell'indagine - sui soli profili della disciplina pattizia degli effetti della crisi coniugale, con particolare riguardo alla separazione (legale e di fatto) e al divorzio, nonché ai relativi accordi di modifica e alle conseguenze dell'annullamento del matrimonio.
Passando alle notazioni di tipo stilistico, vorrei osservare che l'impossibilità di fare ricorso alle note a pie' di pagina (vietate dalle norme redazionali della serie in cui l'opera viene ad inserirsi) mi ha costretto ad imprimere al periodare un andamento diverso da quello usuale. L'ipotassi ha sovente ceduto il passo alla paratassi, mentre l'impiego delle parentesi - pur ridotto al minimo indispensabile - si è reso necessario in misura più consistente di quella ordinaria. Ho tuttavia cercato, ove possibile, di non «ingabbiare» in espressioni parentetiche molti dei richiami alla dottrina e alla giurisprudenza, ma di inserirli in un discorso più fluido (per quanto fluido possa essere il linguaggio dei giuristi) di quello che è solitamente l'arido testo di una nota.
L'inserimento nel corpo del testo dei brani dottrinali e giurisprudenziali non poteva poi non influire sulla consistenza dei paragrafi, che sono stati conseguentemente articolati in maniera diversa dal solito. Il loro numero (così come quello delle sezioni) risulta così notevolmente ampliato rispetto a quello ordinario, e i relativi titoli presentano un tono più discorsivo, nel tentativo di offrire al lettore una «mappa» che gli consenta di districarsi nel complesso groviglio delle questioni affrontate e di compiere, ove necessario, una spedita ricerca «logica» (per quella «immediata» sovviene invece l'indice analitico) di ogni singolo argomento.
Per finire, alcune «istruzioni per l'uso». Il c.d. Harvard Style, introdotto in Italia e caldeggiato da Paolo Cendon per le citazioni dottrinarie, non ha bisogno di illustrazioni per la sua evidente chiarezza. Aggiungerò solo che l'iniziale del prenome dell'autore è inserita nelle citazioni solo laddove più autori aventi il medesimo cognome compaiono nell'indice bibliografico di quest'opera. In quest'ultimo, invece, sono riportate le iniziali dei prenomi di tutti gli autori citati. Nel corpo del testo le citazioni dottrinali seguono solitamente l'ordine cronologico, tranne che nei casi in cui un determinato autore s'avvicini più degli altri al concetto espresso nel periodo cui la citazione è riferita (o laddove sia riportata tra virgolette una frase dell'autore stesso): in tal caso il nome dello studioso in questione viene citato per primo, seguito dalle ulteriori citazioni in ordine cronologico, salve le possibili «sfumature» e articolazioni delle varie posizioni, messe in luce nel testo o, in alternativa, con brevi notazioni nel corpo della citazione stessa. Per ragioni di chiarezza ho altresì evitato il ricorso alle espressioni Idem e Eadem, ripetendo sempre di volta in volta il nome dell'autore o dell'autrice citati.
L'ordine seguito nelle «guide bibliografiche» poste all'inizio di ogni capitolo riflette invece quello di presentazione delle citazioni all'interno del relativo § (rectius: solo di una parte di esse, quella ritenuta più «in linea» con il titolo del § e non necessariamente quelle più importanti, che talora richiedono una spiegazione impossibile da effettuare in quella sede); esso non rispetta dunque necessariamente la cronologia. A proposito di tali «guide», confesso di averle redatte esclusivamente per la deferenza dovuta ai criteri redazionali, senza troppa convinzione, ed anzi con un senso di disagio, persuaso come sono che le citazioni dottrinali acquistino un senso solo se viste nel fluire degli argomenti proposti dall'autore che le raccoglie. Estrapolarle ed impacchettarle sotto alcune «grandi etichette» impedisce al lettore di cogliere quelle sfumature che solo il testo può rendere, rischiando di fare agli autori citati un grave torto, o, in alternativa (e nella migliore delle ipotesi), allestire un inutile doppione del contenuto del capitolo. Per chi vuole avere una corretta percezione del panorama dottrinale sugli argomenti trattati è quindi indispensabile la consultazione del testo.
Per ciò che attiene alla giurisprudenza di legittimità (e della Corte costituzionale) ho deciso di citare per esteso (data, numero e rivista) le varie pronunzie una sola volta all'interno di ogni capitolo, quanto meno in linea di massima; le successive citazioni della medesima sentenza, all'interno dello stesso capitolo, possono non recare più l'indicazione della rivista (o delle riviste, nè l'espressione «cit.», vietata dalle norme redazionali); quasi sempre compare però un rinvio al capitolo nel quale la decisione in questione viene citata e/o riportata. Le sentenze di legittimità inedite sono citate con la sola data ed il relativo numero e si intendono estratte dal massimario ufficiale della Corte. Le decisioni di merito sono sempre citate ogni volta per esteso, tranne che nella citazione che segue i brani riportati in corpo minore: in tal caso, infatti, la relativa pronunzia è sempre citata per esteso nel corpo del testo che precede il brano riportato. L'indice delle pronunzie, collocato alla fine dell'opera, rinvia al luogo in cui ogni singola decisione è citata per la prima volta per esteso.
Nel riportare i brani di dottrina e giurisprudenza in corpo minore ho evitato l'impiego del termine omissis (evocante, oltre tutto, sinistre affaires della nostra Repubblica), attesa la struttura del libro che, conformemente alle norme redazionali della serie, riporta per definizione brani di motivazione e non motivazioni per esteso: l'omissis è dunque implicito tanto all'inizio che alla fine di ogni citazione; peraltro, ove la continuità del testo viene meno, compaiono tre punti di sospensione racchiusi da una parentesi.
All'interno dei brani in «corpo minore» appaiono talora citazioni racchiuse da parentesi quadre. Ciò dipende dal fatto che, non potendo riportare, nelle parti in «corpo minore», le note a piè di pagina (nè quelle tra parentesi) dei brani trascritti, ho ritenuto opportuno sostituirle - in qualche caso - con le parentesi quadre predette, laddove le note in questione contenevano a loro volta richiami ad altri brani o a sentenze già riportati o citati nel mio testo ed il rinvio poteva risultare utile per il confronto delle varie opinioni. Le parentesi quadre sono poi state impiegate anche per inserire le parole necessarie al fine di completare il senso dei brani riportati in corpo minore, in quei rari casi in cui tale completamento si rendeva necessario.
Sono grato al prof. Georges Rouhette, dell'Università di Clermont-Ferrand, per le informazioni fornitemi sugli accordi preventivi di divorzio in Francia, al prof. Wolfgang Reimann, notaio in Passau, per l'invio di alcuni Eheverträge dallo stesso rogati, nonchè al mio ex allievo avv. Giandomenico Bonito per l'aiuto nella correzione del testo.
E' un peccato che, per ragioni editoriali, non si sia potuto imprimere al lavoro la forma ipertestuale: ciò avrebbe consentito una rapida navigazione tra il testo, le citazioni e i brani dottrinali e giurisprudenziali riportati, nonchè un più agevole spostamento - mercè gli innumerevoli rinvii incrociati - tra le varie parti dell'opera, tutte assai strettamente collegate tra di loro. Mi auguro si possa porre rimedio in futuro; nel frattempo gli internauti potranno consultare la versione ipertestuale dell'indice, che avrò cura di collocare (tempo permettendo) nel mio sito web, al seguente indirizzo:
<https://www.giacomooberto.com/>.
Adamas Milu, 25 luglio 1998
G.O.